(Is 43,18-19.21-22.24b-25; Sal
40; 2 Cor 1,18-22; Mc 2,1-12)
Paolo Cugini
Non è facile ascoltare il
Vangelo di oggi e cogliere l’originalità e, allo stesso tempo, la profondità
del suo messaggio. Abbiamo l’anima e la mente intasate di secoli di
predicazione che ha insistito più sul peccato che la misericordia, più sulla
punizione eterna che l’amore misericordioso. Predicazione che ha condotto le
comunità a sentire Dio come una minaccia, soggiogando le persone ad una
ritualità basato sul controllo delle coscienze, più che a proporre cammini di
liberazione, sullo stile del metodo proposto da Gesù nel Vangelo. C’è un
cammino di conversione da compiere se vogliamo ascoltare la bellezza del
Vangelo, mettendo tra parentesi le pseudo conoscenze bibliche che non fanno
altro che portarci lontano da Gesù, dal suo messaggio radicalmente nuovo.
«Non ricordate più le
cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43, 18s).
Bellissimo versetto che
apre il senso del cammino che siamo chiamati a realizzare. Parole dal grande
realismo esistenziale, perché smaschera il classico atteggiamento di ripiegamento
su di sé, che nasce dalla paura di esporsi, più che da motivazioni chiare.
Tentativo costante di chiudersi nei ricordi del passato che, dinanzi al
realismo del presente, vengono sempre amplificati, edulcorati. È questo il
meccanismo esistenziale che non permette non solo di guardare avanti ma,
soprattutto, di vedere la realtà presente per coglierne le novità. Il Mistero
si manifesta nel presente della storia: è questo che ci ha insegnato non solo
la fenomenologia della religione, ma anche il cammino storico del popolo di
Israele. Esempio di ciò è la percezione della presenza del Mistero nel rovento
ardente, che Mosè percepisce e che diventa punto di partenza di un cammino che
segnerà la storia del popolo d’Israele.
Erano seduti là alcuni
scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può
perdonare i peccati, se non Dio solo?» (Mc 2, 6). La chiusura nelle proprie
sicurezze, nelle proprie certezze dottrinali, non permette agli scribi di
ascoltare la novità che la realtà di Gesù manifestava in quel tempo. La realtà
delle azioni di Gesù non viene da loro colta perché bloccata dall’interpretazione
dovuta alle ideologie dottrinali di cui erano servitori. Sono ciechi e, la loro
cecità, ha un’origine religiosa. C’è una religione che rende ciechi, ottusi,
incapaci di vedere la realtà, perché viene costantemente anticipata dalla rete
di principi dottrinari assimilati e, probabilmente, mai personalmente
verificati. Gesù è venuto anche per liberarci da questa religione malefica, per
introdurci nel cammino del Mistero che conduce alla libertà.
Che cosa è più
facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire
"Alzati, prendi la tua barella e cammina". È l’annuncio del Mistero della misericordia
infinita che spaventa gli uomini religiosi, abituati a legare gli uomini e le
donne nei percorsi religiosi dei sensi di colpa, che schiavizzano e rendono le
persone dipendenti agli uomini del culto. Gesù manifesta nelle sue azioni che
il Mistero non può che essere infinita misericordia, perché solo la misericordia
è capace di ridare speranza a chi vive nell’afflizione. C’è abbondanza di vita
nella proposta di Gesù, vita piena, senza restrizioni e preclusioni. È questo
che disturba il potere religioso abituato a fare distinzioni, a controllare la
distribuzione del condono, a ritenersi i portatori del giudizio definitivo di
Dio, abusando, in questo modo, del proprio servizio al cammino religioso delle
persone. Gesù mostra che tutti e tutte in qualsiasi momento siamo idonei ad accogliere
la misericordia di Dio, senza alcuna preclusione e distinzione perché, come comprende
Pietro: “sto rendendomi conto che Dio non fa distinzione di persone, ma accoglie
chi lo teme e pratica la giustizia” (At 10. 34s).
Il Figlio di Dio, Gesù
Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu «sì» e
«no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti, tutte le promesse di Dio in lui sono
«sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua
gloria (2
Cor 1,18). Dello stesso parere è Paolo, che ricorda alla comunità di Corinto
che Gesù Cristo non è venuto sulla terra portando un discorso ambiguo,
insicuro, ma il suo annuncio è stato totalmente positivo, un sì pieno alla
vita. Il sì di Gesù si è manifestato pienamente nella sua morte in croce, che è
stato il sì definitivo e totale al Mistero del Padre, manifestando una fedeltà
senza limiti e di grande coerenza con tutto ciò che in vita predicava. Gesù ha amato
i suoi che erano nel mondo sino alla fine (cfr. Gv 13,1) e, in questo modo, ha
trasmesso forza e coraggio a tutti coloro che rimanevano. In altre parole, è
attraverso il suo sì definitivo sulla croce che Gesù ha donato il suo Spirito
di vita affinché tutti coloro che credono in Lui e lo accolgono, possano
continuare il progetto d’amore e di giustizia da Lui inaugurato. In questo
modo, la comunità cristiana divine l’Amen, la risposta trasparente affinché il
mondo vedendo, abbia la possibilità di convertirsi e credere in Lui.
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