mercoledì 11 gennaio 2023

VII DOMENICA-Anno B

 



(Is 43,18-19.21-22.24b-25; Sal 40; 2 Cor 1,18-22; Mc 2,1-12)

 

Paolo Cugini

 

Non è facile ascoltare il Vangelo di oggi e cogliere l’originalità e, allo stesso tempo, la profondità del suo messaggio. Abbiamo l’anima e la mente intasate di secoli di predicazione che ha insistito più sul peccato che la misericordia, più sulla punizione eterna che l’amore misericordioso. Predicazione che ha condotto le comunità a sentire Dio come una minaccia, soggiogando le persone ad una ritualità basato sul controllo delle coscienze, più che a proporre cammini di liberazione, sullo stile del metodo proposto da Gesù nel Vangelo. C’è un cammino di conversione da compiere se vogliamo ascoltare la bellezza del Vangelo, mettendo tra parentesi le pseudo conoscenze bibliche che non fanno altro che portarci lontano da Gesù, dal suo messaggio radicalmente nuovo.

«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43, 18s).

Bellissimo versetto che apre il senso del cammino che siamo chiamati a realizzare. Parole dal grande realismo esistenziale, perché smaschera il classico atteggiamento di ripiegamento su di sé, che nasce dalla paura di esporsi, più che da motivazioni chiare. Tentativo costante di chiudersi nei ricordi del passato che, dinanzi al realismo del presente, vengono sempre amplificati, edulcorati. È questo il meccanismo esistenziale che non permette non solo di guardare avanti ma, soprattutto, di vedere la realtà presente per coglierne le novità. Il Mistero si manifesta nel presente della storia: è questo che ci ha insegnato non solo la fenomenologia della religione, ma anche il cammino storico del popolo di Israele. Esempio di ciò è la percezione della presenza del Mistero nel rovento ardente, che Mosè percepisce e che diventa punto di partenza di un cammino che segnerà la storia del popolo d’Israele.

Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?» (Mc 2, 6). La chiusura nelle proprie sicurezze, nelle proprie certezze dottrinali, non permette agli scribi di ascoltare la novità che la realtà di Gesù manifestava in quel tempo. La realtà delle azioni di Gesù non viene da loro colta perché bloccata dall’interpretazione dovuta alle ideologie dottrinali di cui erano servitori. Sono ciechi e, la loro cecità, ha un’origine religiosa. C’è una religione che rende ciechi, ottusi, incapaci di vedere la realtà, perché viene costantemente anticipata dalla rete di principi dottrinari assimilati e, probabilmente, mai personalmente verificati. Gesù è venuto anche per liberarci da questa religione malefica, per introdurci nel cammino del Mistero che conduce alla libertà.

 Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati, prendi la tua barella e cammina". È l’annuncio del Mistero della misericordia infinita che spaventa gli uomini religiosi, abituati a legare gli uomini e le donne nei percorsi religiosi dei sensi di colpa, che schiavizzano e rendono le persone dipendenti agli uomini del culto. Gesù manifesta nelle sue azioni che il Mistero non può che essere infinita misericordia, perché solo la misericordia è capace di ridare speranza a chi vive nell’afflizione. C’è abbondanza di vita nella proposta di Gesù, vita piena, senza restrizioni e preclusioni. È questo che disturba il potere religioso abituato a fare distinzioni, a controllare la distribuzione del condono, a ritenersi i portatori del giudizio definitivo di Dio, abusando, in questo modo, del proprio servizio al cammino religioso delle persone. Gesù mostra che tutti e tutte in qualsiasi momento siamo idonei ad accogliere la misericordia di Dio, senza alcuna preclusione e distinzione perché, come comprende Pietro: “sto rendendomi conto che Dio non fa distinzione di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia” (At 10. 34s).

Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti, tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria (2 Cor 1,18). Dello stesso parere è Paolo, che ricorda alla comunità di Corinto che Gesù Cristo non è venuto sulla terra portando un discorso ambiguo, insicuro, ma il suo annuncio è stato totalmente positivo, un sì pieno alla vita. Il sì di Gesù si è manifestato pienamente nella sua morte in croce, che è stato il sì definitivo e totale al Mistero del Padre, manifestando una fedeltà senza limiti e di grande coerenza con tutto ciò che in vita predicava. Gesù ha amato i suoi che erano nel mondo sino alla fine (cfr. Gv 13,1) e, in questo modo, ha trasmesso forza e coraggio a tutti coloro che rimanevano. In altre parole, è attraverso il suo sì definitivo sulla croce che Gesù ha donato il suo Spirito di vita affinché tutti coloro che credono in Lui e lo accolgono, possano continuare il progetto d’amore e di giustizia da Lui inaugurato. In questo modo, la comunità cristiana divine l’Amen, la risposta trasparente affinché il mondo vedendo, abbia la possibilità di convertirsi e credere in Lui.

 

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