martedì 23 maggio 2023

VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLI 20-21




[Annotazioni Paolo Cugini]

 

Iniziamo il capitolo 20 dove la protagonista è una donna: Maria di Magdala. In Luca nello stesso episodio ci sono le tre le donne, più un numero imprecisato di altre donne; in Marco ci sono tre donne; in Matteo due donne, ma l’unica cosa in comune di questi racconti è che in tutte le quattro narrazioni è sempre presente la figura di Maria di Magdala. Giovanni esclude le altre donne e ci presenta Maria di Magdala.

Per comprendere la narrazione potremmo individuare tre settori: al centro c’è la resurrezione di Cristo che va letta - così l’evangelista la colloca – sia alla luce del libro Cantico dei cantici (è un inno all’amore tra lo sposo e la sposa) e sia alla luce della resurrezione di Lazzaro, che non è altro che un anticipo della resurrezione di Gesù. Precedentemente l’evangelista aveva presentato tre personaggi femminili, che sono le spose di Dio: I) Maria, la madre di Gesù che rappresenta la sposa fedele dell’Antico Testamento, da cui Gesù proviene;

 II) la samaritana, la sposa adultera che lo sposo riconquista con un’offerta d’amore ancora più grande;

III) Maria di Magdala che rappresenta la sposa della nuova comunità.

 L’evangelista situa tutto questo alla luce del Cantico dei cantici ed è pieno di riferimenti. Andiamo al testo poi piano, piano spiegheremo i vari significati. 1 Nel primo dopo il sabato, Maria di Magdala viene di buon mattino, essendo ancora le tenebre, al sepolcro, e guarda la pietra tolta dal sepolcro. Anzitutto il dato cronologico che è anche teologico, il primo dopo il sabato, l’evangelista ci parla di un giorno primo dopo la settimana, il sabato che concludeva la settimana. Il primo dopo la settimana è il numero otto.

Maria di Magdala nei vangeli è la donna leader della comunità e l’evangelista le attribuisce il ruolo di pastore della comunità. Maria di Magdala che abbiamo trovato presso la croce di Gesù, viene di buon mattino ed ecco la prima contraddizione, essendo ancora buio, essendo ancora le tenebre, Giovanni mettiti d’accordo! di buon mattino o è ancora scuro? Abbiamo già visto che l’evangelista non ci dà indicazioni cronologiche, ma teologiche. Le tenebre nel suo vangelo significano la difficoltà di comprendere la novità portata da Gesù; di Gesù dice: che lui è la luce che splende nelle tenebre, quindi quando parla di buio, di tenebre, l’evangelista non sta indicando un momento atmosferico o un’ora del giorno, ma la difficoltà. Le tenebre significano che la comunità è ancora condizionata dall’idea giudaica della morte.

2 Corre allora e viene da Simon Pietro e dall’altro discepolo, l’evangelista ci dice che i discepoli non stanno più insieme. Gesù l’aveva detto: viene l’ora in cui vi disperderete, ciascuno per conto suo. La morte di Gesù ha portato la dispersione del suo gruppo; anziché stare insieme ognuno sta per conto suo. Maria di Magdala è qui … I vangeli hanno valorizzato la figura della donna e quando finalmente la Chiesa lo comprenderà, ci sarà un cambiamento radicale, perché la donna fin ora è stata tenuta in una condizione di inferiorità, in una condizione di sottomissione. L’evangelista rappresenta Maria di Magdala nel ruolo del pastore, di colui che raduna le pecore disperse. In questa comunità non è Pietro che fa il ruolo del pastore, ma è Maria di Magdala e ci farà capire le tensioni che nasceranno nella comunità primitiva, tra gli uomini e le donne. Gli uomini capitanati da Pietro e le donne capitanate da questa donna straordinaria e tra di loro sono scintille.

Nei vangeli apocrifi, che sono meno condizionati dalla teologia, dall’ortodossia, ci son dei quadretti esilaranti che ci fanno capire meglio la tensione che si avverte nei vangeli tra le donne e gli uomini perché Gesù ha dato alle donne una dignità che non conoscevano. Addirittura ha messo le donne ad un livello superiore a quello dei maschi e questo era intollerabile. Negli apocrifi troviamo Pietro che si lamenta con Gesù e dice: Maria di Magdala parla sempre, fa che stia zitta un attimo!

e dice loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e poi all’improvviso parla al plurale, e non sappiamo dove l’hanno posto!” Vedendo la pietra che è stata tolta dal sepolcro, Maria non l’interpreta come doveva essere, un segno di vita più forte della morte, la vita che Gesù ha, non poteva essere chiusa nel regno della morte, ecco perché la pietra è stata tolta. Maria non riesce a vederlo come segno di vita e pensa che qualcuno ha portato via il corpo di Gesù. È interessante che parli al plurale: hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto. È lo sconcerto della comunità che è rimasta sconvolta dalla morte di Gesù e ancora più sconvolta dal fatto della resurrezione. L’evangelista in questo quadro ci presenta Maria di Magdala nel ruolo del pastore che raduna i discepoli e prende come immagine i due discepoli presentati sempre in contrasto tra loro.

Chi ha l’esperienza dell’amore di Gesù - avere l’esperienza dell’amore di Gesù significa essere disposti a farsi pane alimento di vita per gli altri, essere disposti a mettersi al servizio degli altri affrontando anche la croce - chi ha questo, arriva prima degli altri e percepisce la presenza del Signore nella sua vita.

che era giunto primo al sepolcro e vide e credette. Già un’altra differenza, l’evangelista ci presenta i due discepoli sempre in opposizione tra loro: in opposizione alla cena dove uno era intimo di Gesù e l’altro rifiuta di farsi lavare i piedi; in opposizione alla cattura dove uno segue Gesù e l’altro lo tradisce e anche alla resurrezione sono in opposizione, entrambi vedono, ma uno solo, il discepolo anonimo e vide e credette. Se entrambi i discepoli scorgono i teli di lino che sono il segno della vita, solo del discepolo che è giunto per primo si dice che credette. Quel discepolo intimo nella cena, vicino alla croce, comprende per primo i segni della vittoria della vita sulla morte.

10 I discepoli ritornarono dunque di nuovo da loro. Stranamente i discepoli non vanno ad annunziare agli altri quanto hanno sperimentato. L’evangelista ci vuole fare capire e introdurrà la scena seguente, che per testimoniare la resurrezione di Gesù, non basta vedere un sepolcro vuoto e sapere che Gesù è vivo, bisogna sperimentarlo presente, come avverrà per Maria, nella scena che adesso vedremo. L’evangelista la cura in maniera particolare ed è importantissimo perché l’evangelista non è interessato soltanto alla resurrezione di Gesù, ma è interessato alla nostra resurrezione e a quella dei nostri cari.

13 Ed essi le dicono: “Donna - si rivolgono a Maria esattamente come Gesù l’aveva chiamata. Donna significa moglie, sposata, donna perché piangi?” Non è una richiesta volta a sapere perché piange, è una indicazione sull’inutilità del pianto. Dice loro: “Hanno preso il mio Signore e non so dove l’hanno posto.” Maria è talmente condizionata dall’idea della morte che continua ancora a pensare ad una scomparsa da parte di Gesù e il suo pianto non è tanto legato alla morte, ma alla sparizione del cadavere di Gesù.

14 E detto questo, ecco l’indicazione preziosa, catechetica per la comunità. Maria piange e guarda verso il sepolcro. Nonostante veda gli angeli che le dicono l’inutilità del pianto: perché piangi? Maria continua a piangere, ma incomincia la conversione. E detto questo si voltò indietro. Maria comincia a non guardare più verso il luogo della morte, comincia a guardare indietro e vide Gesù che stava in piedi, ma non sapeva che era Gesù. Vede Gesù, ma non sa che è Gesù. Com’è possibile? L’evangelista vuole dirci che questo è importante per noi, per entrare in comunione con un mondo che ci circonda, che però noi non riusciamo a vedere. L’altra volta l’evangelista ci invitava ad avere non soltanto la vista fisica, ma la vista della fede. Maria vede Gesù che è vivo, ma non sapeva che era Gesù. Era talmente forte l’idea della morte come fine di tutto che, pur vedendo Gesù, non lo vede. Questo per noi è molto importante e più volte lo abbiamo detto in questi incontri, la morte non interrompe la vita delle persone, ma permette loro di continuare in una forma nuova, piena, definitiva.

15 Le dice Gesù: “Donna – esattamente come l’avevano chiamata gli angeli perché piangi? Non è una domanda volta a sapere per quale motivo piangi, sottolinea l’inutilità di piangere: ma che stai a piangere,

poi le chiede Chi cerchi?” È importante. Cerchi un cadavere? Non è lì. Cerca il vivo, cerca Gesù, è la stessa domanda che Gesù ha fatto ai primi discepoli che lo hanno seguito: Chi cercate? ed è la domanda che Gesù ha fatto a coloro che volevano arrestarlo. Essa, pensando che fosse il giardiniere (Giovanni, cosa c’entra adesso il giardiniere?) l’evangelista descrive la scena della nuova creazione, un contesto d’amore che abbiamo visto nel Cantico dei cantici, che parla del giardiniere. Dio aveva creato Adamo nel giardino dell’Eden e lo aveva posto come giardiniere. L’evangelista presenta una nuova creazione con una nuova coppia Gesù e Maria di Magdala,

essa pensando che fosse il giardiniere gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le chiede chi sta cercando, se sta cercando un cadavere o un vivente. Se sta cercando un vivente non può certamente trovare nel luogo dei morti ed ecco il clou del racconto. 16 Gesù le disse: “Maria!” la chiama per nome. Tenete presente la cultura dell’epoca in cui gli uomini erano separati dal mondo femminile gli uomini non rivolgono la parola ad una donna. C’è una netta separazione perché la donna è considerata un essere inferiore. Dice il Talmud: È meglio che tutte le parole della bibbia brucino nel fuoco piuttosto che essere salvate da una donna. Nella tradizione ebraica si diceva che Dio non ha mai parlato con nessuna donna; lo ha fatto una volta, poi si è pentito e da quella volta non ha parlato più.... Se andate a vedere la bibbia è così.

Essa voltatasi – si era già voltata, adesso non è più soltanto un voltarsi fisico, finalmente si orienta verso Gesù, gli disse in ebraico: “Rabbuni!” che significa Maestro! Finalmente Maria quando smette di piangere e quando smette di guardare verso il sepolcro, non solo si volta - qui si volta per due volte, non si deve solo voltare le spalle alla tomba - ma deve orientare se stessa, orientare la sua vita verso il mondo dei vivi, si trova di fronte a Gesù. E lo riconosce chiamandolo rabbunì che non significava soltanto maestro, ma era un termine ossequioso con il quale i rabbini si rivolgevano a Dio stesso. Maria capisce finalmente che in Gesù c’è la pienezza della condizione divina. La prima tra tutti i discepoli. La prima in assoluto a fare questa esperienza della resurrezione.

17 Gesù le dice: “Non trattenermi, perché non sono ancora salito dal Padre, ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo dal Padre mio e Padre vostro, Dio mio, Dio vostro.” Vediamo quello che si può capire. Maria finalmente riconosce Gesù vivo e lo vuole trattenere. Gesù rifiuta perché non è alla fine della missione che deve ancora continuare. Rifiuta questo atteggiamento di intimità con Maria perché dice non sono ancora salito dal Padre, ma va dai miei fratelli, per la prima volta Gesù parla dei discepoli come suoi fratelli e dì loro: Io salgo dal Padre mio e Padre vostro, poi dopo Dio mio e Dio vostro. Vediamo di non complicare ancora le cose. Gesù invita i discepoli a non chiamare Padre quello che conoscono come Dio, ma al contrario di chiamare Dio quello che già hanno sperimentato come Padre. È importante, non sono cronache, ma catechismo. Gesù dice: Io salgo dal Padre mio e Padre vostro, quindi viene prima il Padre e soltanto dopo parla di Dio.

18 Viene Maria di Magdala annunziando ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e anche ciò che le aveva fatto. Anche questo va inserito nella cultura ebraica in cui Dio era lontanissimo e stava nell’alto dei cieli, inavvicinabile, era il più lontano dagli uomini. Era circondato da sette angeli che lo lodavano e glorificavano di continuo. Chi erano gli esseri più vicini a Dio? gli angeli, poi c’era tutta una scala: il sommo sacerdote, i sacerdoti, gli uomini e sotto questa scala, escluse, c’erano le donne che erano perciò gli esseri umani più lontani da Dio.

19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, il primo dopo il sabato è il giorno ottavo e il numero otto da sempre nella tradizione cristiana, è la cifra che rappresenta la resurrezione di Gesù. Tornando alle beatitudini in Matteo sono otto, e praticandole si ha dentro di sé una vita che è capace di superare la morte. Quindi il numero otto indica la resurrezione. E mentre erano chiuse le porte dove erano i discepoli per paura dei giudei, facciamo un passo indietro, l’ordine di cattura non era solo per Gesù, ma per tutto il gruppo. Quando consegnano Gesù al sommo sacerdote Anania, questo non si cura per niente di Gesù, non gli interessa la sua persona, è stato catturato, adesso vedono di farlo ammazzare in qualche maniera, ma le due domande del sommo sacerdote preoccupato sono sui suoi discepoli e sulla sua dottrina.

venne Gesù, stette in mezzo, siamo alle battute finali del vangelo. Ogni indicazione dell’evangelista è preziosa. Qui l’evangelista costruisce la narrazione sullo schema della liturgia eucaristica. Gesù si presenta, è interessante che in tutta la narrazione l’evangelista eviti il termine “apparizione” o il verbo apparire. Non sono apparizioni, sono “incontri”, non sono situazioni di privilegio che Gesù ha concesso, ma la normale situazione che c’è nella comunità cristiana. Venne Gesù e stette in mezzo, Gesù è al centro della comunità, è importantissimo questo. Gesù quando viene, in tutti i vangeli, si mette al centro perché il rapporto dei componenti con Gesù è identico, non c’è uno al di sopra degli altri.

a loro e disse: “Pace a voi!”. Non è un augurio, Gesù non dice: la pace sia con voi, augurio di pace, ma è un dono. La prima volta che si fa presente ai suoi discepoli, le prime parole che pronuncia, sono parole che vengono accompagnate da un gesto d’amore di un dono: pace a voi! Il termine “pace” nel mondo biblico è molto più ricco del nostro, non significa solo assenza di conflitto, significa tutto quello che concorre alla felicità dell’individuo. Il desiderio di Gesù, le parole che pronuncia alla resurrezione, nell’incontro con i suoi, è un dono di pace e di felicità delle persone, è importante. Anche se dopo tanti anni di pratica del vangelo certe cose le abbiamo imparate, ma abbiamo nel DNA certe tradizioni religiose di una spiritualità listata a lutto, e specialmente in quaresima si sentono parole di tutti i tipi come penitenza, sacrificio, mortificazioni.... Gesù desidera la felicità degli uomini e quando si incontra con i suoi non fa un augurio, ma un dono: siate felici. Non basta la formula verbale!, come si fa ad essere felici? Gesù lo dimostra ed ecco il motivo per cui potete essere felici.

 20 Detto questo, collega quello che aveva detto: pace a voi, è un dono, vi do la piena felicità, la piena pace, detto questo mostrò loro le mani e il costato e i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Perché Gesù mostra le mani e il costato e perché i discepoli gioirono nel vedere il Signore? L’amore con il quale Gesù ha dato la sua vita per salvare i suoi discepoli, mentre poteva fare il contrario, (Pietro nell’ultima cena aveva detto: sono pronto a morire per te) non è svanito, ma continua. Gesù resuscitato porta le tracce della sua passione e della sua morte affrontata per amore. Quando Gesù dice ai discepoli pace a voi, non è un augurio, ma è un dono e poi lo dimostra: guardate, vedete l’amore che mi ha spinto a dare la mia vita per voi, rimane, continua.

24 Ma Tommaso, uno dei Dodici chiamato Gemello (Didimo), perché l’evangelista torna ad insistere su questo soprannome di Tommaso? Tommaso di chi è il gemello? Aiutandoci con altri testi non evangelici, ma apocrifi, si deduce che la somiglianza di Tommaso (essere gemello) era con Gesù. In altri testi si parla di Tommaso, il gemello di Gesù. Non gemello in quanto nati da stessa madre, gemello nel senso di assomigliante nel comportamento.

28 Rispose Tommaso e disse: “Mio Signore e mio Dio!”. Non è stato facile per la comunità e per Tommaso. Il crocifisso era considerato un maledetto da Dio. Ebbene Tommaso, nell’uomo che la religione considera maledetto da Dio, vede il suo Dio. Nell’uomo condannato come un malfattore, Tommaso vede il suo Signore. Tommaso non ha bisogno di mettere la mano, il dito, nelle ferite del Signore, ma riconosce in Gesù quel Dio che nessuno aveva mai visto. Qui Giovanni chiude la sua narrazione collegandosi con il versetto finale del Prologo 1,18 quando aveva scritto: Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio ce lo ha rivelato.

29 Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che senza aver visto credono!”. È il punto centrale di tutto questo episodio. L’evangelista sta dicendo qualcosa di importante. Non solo la situazione dei credenti di ogni tempo non è inferiore a quella dei discepoli di Gesù che lo hanno visto resuscitato, ma è superiore, perché quanti saranno capaci di credere senza vedere sono proclamati beati, immensamente felici, a differenza di quelli che hanno creduto perché hanno veduto.

CAPITOLO 21

1 Dopo questo, l’evangelista si riferisce all’incontro che Gesù ha fatto prima con i discepoli e poi con Tommaso, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. Lo ripeto: gli evangelisti sono grandi letterati e grandi teologi e non sprecano una virgola nella loro narrazione. Ogni parola che adoperano ha sempre un valore, un richiamo teologico. Qui per la terza volta, - e il numero tre che qui appare, ha sempre il significato di quello che è definitivo, completo - appare il termine Tiberiade.

2 E si manifestò così:, in una maniera particolare, erano insieme Simone Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, quelli di Zebedeo e altri due discepoli. C’è qualcosa che ci sembra strano. Nel brano che precede, Gesù si era manifestato ai discepoli e aveva detto: “Come il Padre ha mandato me così io mando voi”. Gesù li aveva incaricati di andare per il mondo a manifestare il volto del Padre. Un volto di amore dal quale nessuno si sente escluso e questi non hanno nessuna intenzione di farlo. Vedete che sono tornati in Galilea e hanno ripreso le loro occupazioni. L’evangelista fa comprendere la resistenza da parte della primitiva comunità cristiana di andare verso i pagani. Loro pensavano, e questa idea è dura a morire, che Gesù fosse venuto per stabilire il regno di Israele, non hanno ancora capito che Gesù non è venuto a restaurare il defunto regno d’Israele, ma ad inaugurare il Regno di Dio e per il Regno di Dio bisogna andare verso i pagani. Questi non ne hanno nessuna intenzione. L’elenco è di sette discepoli, non compaiono più i dodici; mentre i dodici rappresentavano il popolo d’Israele adesso la nuova comunità, quella della resurrezione è raffigurata dal numero sette che sappiamo indicare la pienezza, la completezza, quindi l’universalità.

3 Disse loro Simon/Pietro: io vado a pescare. Quello che distingue Pietro è la caratteristica di voler essere sempre il leader e di prendere sempre lui le decisioni, trascinando con se tutto il gruppo: io vado a pescare. Gli dissero: veniamo anche noi con te. Quindi Pietro ha questa immagine di leader, di colui che è alla guida del gruppo e tutto il gruppo va con lui. Allora uscirono e salirono sulla barca, ma quella notte non presero nulla. Quando l’evangelista da delle indicazioni, ripeto l’evangelista non sta raccontando un fatto di cronaca, ma sta dando indicazioni teologiche alla comunità, e quando in una comunità l’azione non è comunitaria, non è insieme, ma ha il protagonismo di una persona, è destinata al fallimento.

6 Egli disse loro: gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. L’attenzione dell’evangelista non è tanto sul lato, si sapeva che il lato destro era la parte fortunata, ma l’evangelista non vuole accentrare l’attenzione su questo, ma tanto sulla parola di Gesù; una volta che la comunità accoglie la parola di Gesù e la mette in pratica, la pesca è abbondante. Ma qual è la parte destra? E questo è importante per noi oggi, La gettarono e non potevano più tirarla su per la grande, e qui c’è un termine strano che normalmente non si usa per le cose o in questo caso di pesci, ma soltanto per le persone, l’evangelista dice: non potevano più tirarla su per la grande moltitudine di pesci. Allora l’evangelista ci sta dando delle indicazioni preziose, quando la comunità accoglie la parola di Gesù e in base a questa parola orienta il suo lavoro, la pesca è abbondante e c’è una raccolta di una moltitudine di pesci.

10 Disse loro Gesù: portate un po’ del pesce che avete preso ora Gesù ha già preparato pane e pesce, ma desidera che anche i suoi discepoli portino ancora del pesce. Il pesce che i discepoli portano è il frutto e del loro lavoro e dell’amore di Gesù. L’evangelista sta qui indicando la dinamica dell’Eucarestia. L’Eucarestia è il momento prezioso, importante vissuto dalla comunità, quindi l’amore ricevuto da Dio viene accolto e si trasforma in amore comunicato agli altri.

11 Allora Simon/Pietro salì e trasse a terra la rete piena di 153 grossi pesci e benché fossero tanti la rete non si lacerò. Il verbo ”lacerare” anche questo l’evangelista lo ha adoperato al momento della crocefissione di Gesù quando i soldati si sono spartiti le sua vesti; il mantello indumento esterno era stato diviso in quattro parti, e indicava che il messaggio di Gesù doveva arrivare ai quattro punti cardinali, ma la tunica, scriveva l’evangelista, era tessuta tutta d’un pezzo e i soldati hanno detto: non laceriamola, ma tiriamola a sorte.

12 Disse loro Gesù: venite a mangiare quindi Gesù non dice portatemi da mangiare, ma venite a mangiare. E nessuno dei discepoli osava domandargli: chi sei? perché sapevano che era il Signore. Ormai nell’amore che si fa dono si percepisce la presenza del Signore. Fin dall’inizio l’evangelista ci sta dando delle indicazioni come riconoscere la presenza del Signore. Dove l’amore si fa dono e comunica vita lì c’è la presenza del Signore.

14 Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, risuscitato dai morti. I conti non tornano: la prima volta a Maria di Magdala; la seconda volta ai discepoli che stavano a porte chiuse; la terza volta di nuovo ai discepoli che stavano a porte chiuse con Tommaso, allora i conti non tornano non è la terza, ma in realtà è la quarta volta, perché? abbiamo detto tante volte: nei vangeli i numeri non hanno mai valore matematico, ma sempre figurato, il numero “3” significa quello che è completo, quello che è definitivo, allora l’evangelista vuol dire: questa è la volta definitiva della presentazione di Gesù.

Gesù dice a Simon Pietro: Simone di Giovanni, e lo chiama esattamente come lo aveva definito all’inizio: tu sei il figlio di Giovanni. Gesù lo chiama Simone di Giovanni. perché questo? Perché Simone era il discepolo di Giovanni Battista, ma non era presente quando Giovanni ha indicato Gesù come l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Allora lui è rimasto ancora con l’immagine tradizionale del messia vincitore, trionfatore, non quello che dava la sua vita e il suo spirito per il male estirpare, la tenebra che c’è tra gli uomini e Dio.

E gli chiede Simone di Giovanni, mi ami? Il verbo amare adoperato dall’evangelista è il verbo greco agapao da cui deriva la parola che conosciamo “agape”. Agapao è un amore che si dà senza attendere nulla in cambio, è l’amore generoso, è l’amore altruista. Ma Gesù non solo gli chiede se lo ama, ma gli dice: mi ami tu più di tutti questi? Gesù all’unico che lo ha tradito, rinnegato, e che lo vuol seguire, vuol essere un buon leader del gruppo, gli chiede se ha un amore più grande di tutti gli altri. Può rispondere Simone? Lo ha rinnegato, ma non lo ha rinnegato di fronte al sommo sacerdote, lo ha rinnegato di fronte a una servetta nella sera. Nella sera della passione, ricordate, Gesù che è legato come un salame è libero, Pietro che è libero è legato dalla sua paura. Allora Gesù gli chiede: Simone di Giovanni, mi ami tu più di tutti questi? Cosa può rispondere Simone? Gli rispose, Sì, Signore (attenti a quelli che vi rispondono sì signore perché poi vi fregano….) Dice Sì Signore, quindi Gesù gli ha chiesto: mi ami tu più di tutti questi? E lui dice: Sì Signore, quindi significa che lo ama più di tutti questi, ma non può dirlo! Allora dice: tu lo sai che ti voglio bene e l’evangelista adopera il verbo greco “voler bene” che in greco è “fileo” da cui la parola filosofia, filantropia, che significa un bene reciproco: io ti voglio bene perché tu mi vuoi bene. Quindi Pietro non può rispondere né che lo ama, e tantomeno che lo ama più di tutti gli altri, però .. Sì Signore, ti voglio bene, tu lo sai che ti voglio bene! Ebbene Gesù, accetta la risposta di Simone.

Allora gli dice Gesù: nutri i miei agnelli. Qui l’evangelista adopera il verbo che viene tradotto normalmente pascere, ma nutrire si adopera normalmente sia per gli animali che anche per le persone. Nutri i miei agnelli… gli agnelli sono gli elementi più deboli gli elementi più fragili della comunità. Gesù accetta la risposta di Pietro. Mi vuoi bene? Ebbene, il bene che mi vuoi non lo devi dimostrare a me, trasformalo in nutrimento, cioè comunicazione di vita agli elementi più fragili della comunità.

18 In verità, in verità (quando c’è questa affermazione solenne significa qualcosa di molto importante sulla quale Gesù richiama l’attenzione) io ti dico: quando eri più giovane ti mettevi una cintura e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, un altro ti metterà la cintura e ti porterà dove tu non vuoi. Le indicazioni che ci dà l’evangelista con questa frase di Gesù possono alludere al supplizio della croce, proprio quello che Pietro aveva cercato di evitare per il suo maestro. Perché? Perché non era semplicemente una condanna a morte, ma era una tortura terribile riservata secondo la bibbia ai maledetti da Dio.

19 Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. L’evangelista contrappone due cose che ci possono sembrare contrastanti: la morte e glorificare Dio. A Simone che si era dichiarato disposto a morire per Gesù (ricordate: sono pronto a sacrificare la mia vita per te) il Cristo risuscitato non lo invita a dare la vita per lui, ma a morire come lui. E perché l’evangelista.

22 Gesù gli dice: se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? E di nuovo con forte incisività: Tu segui me. Non è stato facile per Gesù. Pur avendo finalmente invitato a seguirlo, questo si volta ancora indietro e addirittura adesso che Gesù lo invita a seguirlo cerca di sgomitare, di farsi spazio, vuole un rapporto particolare. Ma con Gesù, e lo abbiamo visto nei racconti precedenti degli incontri di Gesù con la sua comunità, la particolarità di Gesù nella comunità è che Gesù ogni volta che si manifesta ai suoi viene definito che sta in mezzo oppure al centro. E’ importante questo, se Gesù si colloca in una determinata posizione questo crea una gerarchia. Se Gesù si colloca in alto crea una gerarchia che nella misura che sono in rapporto con lui sono diversificate, è chiaro che il numero uno è quello più vicino a Gesù.

1 commento:

  1. Grazie davvero don Paolo per questo studio del Vangelo di Giovanni,ho potuto seguirlo solo in piccola parte,ma hai dato sintesi chiare che possiamo rileggere e meditare quando vogliamo

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