Paolo Cugini
Inizia
un nuovo anno liturgico e la Chiesa ci invita a tornare daccapo, a ricominciare,
ci offre, dunque, la possibilità di sistemare quelle situazioni che nel nostro cammino
di fede ancora mancano di qualcosa. C’è speranza per noi e non tutto è perduto:
è questo il messaggio che il tempo di avvento cela e, allo stesso tempo, ci
offre. C’è speranza per tutte e tutti di essere persone nuove, più autentiche,
persone capaci di amare, di perdonare, di porre in atto il vangelo di Gesù.
Vediamo, allora, la proposta di questa prima domenica di avvento.
E
non si accorsero di nulla. È il compito della spiritualità del
tempo di avvento: aiutare le persone ad accorgersi di qualcosa, a percepire una
presenza che non si coglie con i semplici dati sensibili, ma occorre altro. Nel
versetto pronunziato da Gesù c’è un’affermazione importante, vale a dire, che
dicendo che non si accorsero di nulla, significa che c’è qualcosa ed è proprio
questo che dobbiamo imparare a scoprire. C’è una presenza misteriosa dentro la
storia che s’insinua nel tessuto normale della vita quotidiana - mangiavano
e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito – e che dobbiamo imparare
a cogliere perché ci rivela il senso della storia, il significato dei nostri
gesti, motiva le nostre scelte. Come fare?
Vegliate
dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Tempo
di avvento è il tempo in cui i cristiani sono invitati ad esercitarsi nella
veglia per imparare a vedere dentro la storia ciò che gli occhi della carne non
riescono a percepire. Vegliare significa togliere tempo al sonno, rimanere
attenti, vigilare sulle cose, essere presenti. Ciò richiede uno stile sobrio,
affinché i nostri sensi non siano appesantiti. Come i monaci insegnano da
secoli, la preghiera esige la sobrietà degli alimenti per non correre il
rischio di dormire e, così, distrarsi, perdere l’attenzione sul presente. Vegliamo
quando facciamo spazio al Vangelo, alla parola di Gesù, quando la leggiamo, la
meditiamo e cerchiamo di assimilarla per fare in modo che poi entri in gioco
nelle scelte che facciamo, nel nostro modo di essere e agire. Vegliare, dunque,
affinché la nostra vita non sia quella di sempre, ma che sia davvero condizionata
positivamente dallo Spirito del Vangelo. Che cosa ci permette di vedere il
vegliare? Che realtà permette d’intravedere nel tempo presente, nei meandri
della vita quotidiana?
Spezzeranno le loro spade e ne
faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la
spada contro un'altra nazione, non impareranno più l'arte della guerra. Ce lo rivela il
profeta Isaia nella prima lettura. Chi veglia diventa capace di penetrare la
storia presente, che sembra in apparenza dominata da dinamismi di odio che
conducono alla guerra, agli antagonismi tra persone e nazioni, per vedere
quello che Dio da sempre sta preparando, vale a dire un mondo di pace. Mentre
l’uomo e la donna divengono ogni giorno protagonisti di uno spettacolo
indecoroso intriso di litigi e conflitti, Dio, dal suo canto, opera dentro la
storia con il Figlio dell’uomo, per trasformare gli strumenti di odio in
strumenti di pace. C’è un principio di trasformazione che agisce dentro la
storia attraverso lo Spirito del Signore Gesù, Spirito che i cristiani hanno
ricevuto. In questa prospettiva, la Chiesa dovrebbe essere quello spazio di
umanità che realizza il processo di trasformazione di pace sognato da Dio e
vissuto dal suo Figlio.
Messaggio che Isaia, figlio di Amoz,
ricevette in visione. I cristiani dovrebbero essere coloro che sono capaci di
visioni, di vedere al di là delle apparenze, per cogliere in profondità il
senso della storia, la direzione chi Dio sta dando attraverso suo Figlio e
all’azione dello Spirito: un mondo di pace. I cristiani dovrebbero essere
differenti dalla massa, avvolta nell’anonimato e ne vuoto della materia, perché
capaci di guardare oltre, al di là del nulla che il consumismo offre, capaci di
accogliere le visioni.
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