mercoledì 23 novembre 2022

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO A

 



 

Paolo Cugini

 

Inizia un nuovo anno liturgico e la Chiesa ci invita a tornare daccapo, a ricominciare, ci offre, dunque, la possibilità di sistemare quelle situazioni che nel nostro cammino di fede ancora mancano di qualcosa. C’è speranza per noi e non tutto è perduto: è questo il messaggio che il tempo di avvento cela e, allo stesso tempo, ci offre. C’è speranza per tutte e tutti di essere persone nuove, più autentiche, persone capaci di amare, di perdonare, di porre in atto il vangelo di Gesù. Vediamo, allora, la proposta di questa prima domenica di avvento.

E non si accorsero di nulla. È il compito della spiritualità del tempo di avvento: aiutare le persone ad accorgersi di qualcosa, a percepire una presenza che non si coglie con i semplici dati sensibili, ma occorre altro. Nel versetto pronunziato da Gesù c’è un’affermazione importante, vale a dire, che dicendo che non si accorsero di nulla, significa che c’è qualcosa ed è proprio questo che dobbiamo imparare a scoprire. C’è una presenza misteriosa dentro la storia che s’insinua nel tessuto normale della vita quotidiana - mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito – e che dobbiamo imparare a cogliere perché ci rivela il senso della storia, il significato dei nostri gesti, motiva le nostre scelte. Come fare?

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Tempo di avvento è il tempo in cui i cristiani sono invitati ad esercitarsi nella veglia per imparare a vedere dentro la storia ciò che gli occhi della carne non riescono a percepire. Vegliare significa togliere tempo al sonno, rimanere attenti, vigilare sulle cose, essere presenti. Ciò richiede uno stile sobrio, affinché i nostri sensi non siano appesantiti. Come i monaci insegnano da secoli, la preghiera esige la sobrietà degli alimenti per non correre il rischio di dormire e, così, distrarsi, perdere l’attenzione sul presente. Vegliamo quando facciamo spazio al Vangelo, alla parola di Gesù, quando la leggiamo, la meditiamo e cerchiamo di assimilarla per fare in modo che poi entri in gioco nelle scelte che facciamo, nel nostro modo di essere e agire. Vegliare, dunque, affinché la nostra vita non sia quella di sempre, ma che sia davvero condizionata positivamente dallo Spirito del Vangelo. Che cosa ci permette di vedere il vegliare? Che realtà permette d’intravedere nel tempo presente, nei meandri della vita quotidiana?

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione, non impareranno più l'arte della guerra. Ce lo rivela il profeta Isaia nella prima lettura. Chi veglia diventa capace di penetrare la storia presente, che sembra in apparenza dominata da dinamismi di odio che conducono alla guerra, agli antagonismi tra persone e nazioni, per vedere quello che Dio da sempre sta preparando, vale a dire un mondo di pace. Mentre l’uomo e la donna divengono ogni giorno protagonisti di uno spettacolo indecoroso intriso di litigi e conflitti, Dio, dal suo canto, opera dentro la storia con il Figlio dell’uomo, per trasformare gli strumenti di odio in strumenti di pace. C’è un principio di trasformazione che agisce dentro la storia attraverso lo Spirito del Signore Gesù, Spirito che i cristiani hanno ricevuto. In questa prospettiva, la Chiesa dovrebbe essere quello spazio di umanità che realizza il processo di trasformazione di pace sognato da Dio e vissuto dal suo Figlio.

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione. I cristiani dovrebbero essere coloro che sono capaci di visioni, di vedere al di là delle apparenze, per cogliere in profondità il senso della storia, la direzione chi Dio sta dando attraverso suo Figlio e all’azione dello Spirito: un mondo di pace. I cristiani dovrebbero essere differenti dalla massa, avvolta nell’anonimato e ne vuoto della materia, perché capaci di guardare oltre, al di là del nulla che il consumismo offre, capaci di accogliere le visioni.

 

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