PENTECOSTE
2023
At 2,1-11; Sal 103; 1 Cor
12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23
Paolo Cugini
Il
mistero dell’Ascensione ci ha condotto a riflettere sulla nuova forma della
presenza del Signore. Gesù non sparisce, non abbandona i suoi, ma li invita a
seguirlo in un modo diverso, a riconoscerlo, quindi, negli indizi che ha
lasciato nella storia. Incontrare il Signore durante la vita
è fondamentale per dare una direzione significativa alla nostra esistenza.
Senza questo incontro la vita rimane priva del suo significato più profondo. Le
letture del giorno di Pentecoste ci aiutano a riflettere sui benefici che lo
Spirito Santo, che è lo Spirito del Signore, provoca nella vita di tutti coloro
che l’accolgono. Vediamo.
E
come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?
(At 2,8). Quello che avviene nel giorno di Pentecoste nella narrazione di Luca
negli Atti degli Apostoli è un dato strano, che può essere interpretato in
tanti modi: ne abbozzo uno. Chi accoglie lo Spirito Santo, impara ad entrare in
dialogo con gli altri preoccupato non d’imporre la propria idea, ma di
ascoltare in modo empatico. È il linguaggio dell’amore che diviene
comprensibile a tutte le persone di ogni lingua e nazione. Un linguaggio che non
viene spontaneo, ma che esige uno sforzo quotidiano di traduzione di ciò che accogliamo
dallo Spirito Santo. Occorre aggiungere un aspetto che, a mio avviso, è molto
importante. Quello che ci presenta il testo ascoltato, prima di essere una prassi,
è un obiettivo che, per raggiungere il quale, dobbiamo lottare ogni giorno. Parlare
il linguaggio dell’amore esige un lavoro costante di relazione con il Signore e
di impegno quotidiano da mettere in atto nelle relazioni. Possiamo farcela, con
l’aiuto dello Spirito Santo.
Vi
sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma
uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera
tutto in tutti (1 Cor 12,4). Lo Spirito Santo produce
nella storia il dinamismo opposto di ciò che produce lo spirito del mondo. Se,
infatti, quest’ultimo, spinge l’umanità in cammini di uniformità, per cui
qualsiasi forma differente diventa un problema che può condurre alla violenza e
alla costrizione, ben differente è lazione dello Spirito che, invece di
stimolare l’uniformità produce la differenza. L’azione dello Spirito Santo
permette ad ogni persona di realizzarsi come figlia e figlio di Dio, in cui il
proprio specifico non viene vissuto in competizione con le diversità degli
altri, ma elemento fondamentale per esprimere l’unità. Si coglie molto bene,
ascoltando Paolo, la logica differente sottesa ai modelli di umanità che lo
spirito del mondo e lo Spirito Santo producono. Mentre il primo non riesce a
tollerare la diversità, perché la interpreta come minaccia al proprio potere di
comando, che esige una sottomissione uniformata e silenziosa, al contrario lo
Spirito Santo che lavora per l’Uno e l’unità, la diversità non solo non è un
problema, ma una ricchezza e, per questo, la stimola. Lo Spirito Santo lavora
dentro di noi per farci scoprire il senso della nostra esistenza, ne stimola le
potenzialità che vengono attività non per andare in conflitto con gli altri, ma
per contribuire in modo significativo alla comunione. La comunità, allora, in
questa prospettiva è il luogo in cui si manifesta l’azione dello Spirito Santo.
“Venne
Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le
mani e il fianco (Gv 20,20). Lo Spirito Santo mentre
produce nel mondo il cammino dell’unità nella diversità, crea la pace. È la
prima parola che i Signore risorto pronuncia La pace è il dono che Gesù risorta
porta all’umanità. Dove c’è lo Spirito del Signore regna la pace, perché stimola
cammini di amore, di comprensione, di accoglienza e condivisione. Quando accogliamo
il suo Spirito non dobbiamo più temere nulla, perché gli altri non sono più una
minaccia, ma diventano fratelli e sorelle. Le comunità cristiane che nascono
dalla presenza del Signore sono spazi in cui ci esercitiamo alla pace. Non a
caso Gesù subito dopo l’annuncio di pace mostra le mani e il fianco: perché?
Sono il segno del prezzo pagato per portare la pace in un mondo pieno di
tensioni e di odio. Essere operatore di pace significa essere disponibile ad
affrontare l’arroganza e la violenza del mondo, che non accetta la diversità e
fa di tutto per sopprimerla. Le mani e il fianco sono il segno tangibile dell’impegno
di Gesù per realizzare il progetto di amore e di giustizia di Dio. La comunità
cristiana mentre accoglie lo Spirito del Signore, invoca allo stesso tempo la
forza per riuscire a stare in mezzo al mondo con lo stile di Gesù, senza
lasciarsi travolgere dall’odio del mondo che provoca violenza. La pace del Signore
Gesù sia sempre con noi.
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