Domenica. V di Quaresima, C
(Is 43, 16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Jo 8,1-11)
Paolo Cugini
1. Ci stiamo
avvicinando alla celebrazione della Pasqua del Signore, del mistero della sua
morte e Risurrezione, e la liturgia dell Parola ci spinge verso un ultimo
passo del cammino di quaresima. Dopo essersi soffermata a mostrarci la realtà della nostra umanità e della possibilità che in Cristo abbiamo di riscoprire la
nostra dignità di figli, oggi abbiamo ascoltato che cosa l’incontro con Cristo dovrebbe produrre in noi. Discepolo e
discepola è colui e colei che incontra Cristo e accetta di seguirlo sino alla
morte, scoprendo che, oltre la morte spirituale dei nostri peccati, c’è una possibilità nuova di vita, un superavit di significato, che richiede alcune
condizioni.
2. Che cosa significa che storia ascoltata nel Vangelo? Tante cose. Senza dubbio ci rimette
dinnanzi alla nostra condizione di peccatori: fa sempre bene alla salute
spirituale ricordarci chi siamo e da dove veniamo. C’è, comunque, in questo testo
che narra l’incontro di Gesù con la donna sorpresa in adulterio, qualcosa di
nuovo che diventa estremamente importante nel nostro cammino di fede. Questo
qualcosa di nuovo è l’atteggiamento di Gesù dinanzi alla donna adultera. Gesù, infatti, non esprime nessun giudizio morale che possa in un certo modo umiliare
la donna, metterla a disagio, farla sentire in colpa. Al contrario, nella scena
narrata, Gesù diventa l’ancora di salvezza per questa donna, dinanzi ad
un’umanità inferocita per il suo peccato. E questo è, allo stesso tempo, un
quadretto abbastanza ridicolo, ironico. Non è Gesù che si scandalizza e fa
della morale per il peccato commesso dalla donna, ma sono gli uomini che
condividono la stessa condizione di peccato a giudicare, condannare la donna,
esprimendo, in questo modo, un clamoroso autogol, come poi si rivela nel resto
del racconto. Gesù non condanna, non giudica, ma fa silenzio. É questo senza
dubbio un grandissimo insegnamento evangelico, del quale dovremmo fare tesoro
in questo cammino di quaresima. Se abbiamo interiorizzato un pò le letture di
queste domeniche, allora avremmo dovuto capire che solo Dio é santo e noi siamo
tutti peccatori. La verità di questa presa di coscienza spirituale, la dovremmo
esprimere con il nostro silenzio sul peccato degli altri, la sospensione del
nostro giudizio che si trasforma in condanna, allontanamento, discriminazione.
Infatti, tutti noi sappiamo molto bene quanto sia difficile liberarci dal
peccato, vincere la tentazione,camminare nella fedeltà. La consapevolezza della difficoltà di vivere coerentemente il nostro rapporto con il Signore, dovrebbe
aiutarci a diventare maestri di umanità, per avere verso gli altri la stessa
compassione che il Signore ha avuto e continua ad avere con noi. E allora, perché Gesù tace? Perché dinnanzi alla stupidità manifestata dai giudizi sul peccato
altrui, è meglio tacere. Silenzio come
mezzo per aiutare tutti quanti a compiere una sana riflessione introspettiva e
capire che, la differenza tra la donna e noi, non è poi così grande. E siccome
c’è somiglianza nella condizione di peccato, é meglio chinare la testa e
filarsela alla svelta. Gesù non giudica né la donna né la gente che voleva
ucciderla: offre a tutti la possibilità di guardarsi dentro e, in questo modo,
prendere una decisione più serena e obiettiva. Gesù è la pace che aiuta
l’umanità a tornare in se stessa, a prendere tempo, a guardarsi dentro, a
conoscersi meglio per maturare decisioni più libere e consapevoli, non dettate
da passioni immediate o accecate da leggi fatte da uomini. Gesù è il Figlio che
ci ama come fratelli e sorelle, tutti quanti allo stesso modo, e siccome ci
vuole bene ci accoglie in questa relazione fraterna per condurci a guardare
nell’altro, nell’altra non un nemico da uccidere, ma un fratello, una sorella
da amare, abbracciare, accogliere. Sono questi atteggiamenti che manifestano la
natura divina di Gesù. È questa umanità sovraccarica di amore,che riesce a intravedere una possibilità di vita là dove l’umanità vede solo morte, che ci
conduce ad affermare la divinità di Cristo.
3. Essere
Cristiani significa seguire il Signore e, mentre lo seguiamo veniamo
trasformati dal suo Spirito per conformarci a Lui. É una riflessione che
abbiamo già fatto nella seconda domenica di quaresima, quando tentavamo di
penetrare il mistero della trasfigurazione del Signore. Che cosa significa ciò? Quando è che avviene
in noi quella capacità di vedere negli altri dei fratelli e delle sorelle? Che cosa ci succede quando cominciamo ad avere lo stesso sguardo di Cristo sulla realtà?
Ci sbarazziamo del
passato. Ce lo ricorda san Paolo nella seconda lettura e anche Isaia nella
prima. “Per causa Sua ho perso tutto.
Considero tutto come spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere incontrato
unito a Lui” (Fil 3,8).
É quando attribuiamo la
nostra forza, la nostra identità alle cose che ci sentiamo in diritto di
giudicare gli altri . Quando Cristo, la nostra pace, entra nella nostra vita,
produce in noi questo sentimento di libertà, di apertura totale agli altri,
desiderio che si realizza nella collaborazione alla costruzione del Regno dei
cieli. Quando il Signore entra davvero nella nostra vita –ed è questo che
dovrebbe succedere a Pasqua- allora tutto quello che eravamo non serve più, lo
possiamo gettare via, perché appartiene all’uomo vecchio, alla donna vecchia,
appartiene a quel passato egoista che ci conduceva a sentirci superiori agli
altri e, di conseguenza, a giudicarli.
Solo che, in Cristo siamo divenuti creature nuove ( cfr. 2 Cor 5,17) e
le creature nuove camminano guardando avanti, al futuro,senza rancori e
invidie, ma con l’anima ripiena di compassione e misericordia.
“Non ricordate le cose passate, non guardate per i fatti antichi. Ecco che
io faccio nuove tutte le cose e già stanno sorgendo: per caso non le riconoscete?” (Is 43,18-19).
Nel Battesimo siamo
divenuti creature nuove e come tali siamo stati resi capaci di cogliere la novità del Signore presente nella storia. Una storia che Gesù ha scritto con la
propria sofferenza e con il proprio sangue: una storia che continua in questo
stesso modo. Vediamo le cose nuove che Dio sta realizzando, quando siamo
disposti ad amare sino alle estreme conseguenze, quando siamo disposti a morire
al nostro egoismo, che si trasforma nell’umana tentazione di eliminare l’altro,
affinché, al contrario, possa incontrare spazio, amore, accoglienza. Riusciamo
a vedere le cose nuove del Signore quando apprendiamo ad offrire ai fratelli e
alle sorelle che il Signore pone sul nostro cammino, non un giudizio negativo
di condanna, ma una nuova possibilità di vita. É di cristiani così aperti e nuovi che il mondo ha bisogno: di bacchettoni, possiamo anche farne a meno.
4. “Meraviglie ha fatto con noi il Signore, esultiamo di allegria!”.
Questa esplosione di gioia che abbiamo
manifestato con il salmo, possa essere espressa durante tutta la settimana
attraverso quegli atti nuovi, quegli sguardi nuovi dei quali Dio Padre ci ha
resi capaci attraverso il suo Figlio Gesù.
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