I DOMENICA AVVENTO B
Is 63,16b-17.19b; 64,2-7; Sal 79; 1 Cor
1,3-9; Mc 13,33-37
Paolo Cugini
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano
dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi! (Is 63, 17).
In
questo versetto del profeta Isaia è racchiuso il significato dell’Avvento. Il
punto di partenza è la percezione esistenziale di un vuoto, un non senso che
caratterizza la vita presente. Se ci guardiamo bene intorno sembra proprio che
Isaia abbia ragione. Guerre da ogni parte del pianeta, che esprimono l’incapacità
umana di convivere in modo pacifico e, allo stesso tempo, il volere di imporre
con arroganza la propria forza sugli altri. Per no parlare poi dei femminicidi
che sconvolgono la vita di tante donne, di tante famiglie, dinanzi ai quali
rimaniamo esterrefatti, senza parole. Vaghiamo sulle strade della vita
circondati da fenomeni che ci sconvolgono, perché ci trovano impreparati. In
realtà, proprio questi eventi rivelano qualcosa di noi, della nostra cultura,
del nostro modo di essere e di relazionarci con gli altri. Le tragiche
situazioni che stanno affollando la nostra vita quotidiana riguardano le
relazioni interpersonali e indicano, allo stesso tempo, il cammino che dobbiamo
compiere. Le guerre rivelano l’incapacità di convivere con il diverso e, allo
stesso tempo, la riduzione semplicistica della soluzione dei problemi al mero
uso della forza. I femminicidi rivelano tantissime cose della nostra cultura,
di come siamo fatti, dell’immaturità umana di tanti uomini incapaci di gestire
i propri sentimenti e, soprattutto, le proprie frustrazioni.
La
percezione che stiamo camminando su strade che non sembrano avere una meta,
parafrasando Isaia, non deve provocare un sentimento di scoraggiamento, ma una
riflessione personale e comunitaria. La domanda potrebbe essere questa: siamo
condannati a vivere in questo modo conflittuale, in un mondo che non riesce a
qualificare le proprie relazioni? Le letture che ascoltiamo in questa prima
domenica di Avvento ci mostrano un cammino, e un atteggiamento. Il cristiano e
la comunità cristiana sono invitati alla speranza, non perché ci sarà una
soluzione dopo la morte, ma perché c’è un principio di vita nuova già inserito
dentro la storia da Gesù Cristo. È a questa novità che siamo invitati a
guardare. È a questo tipo di speranza che siamo orientati a guardare. C’è
speranza nel mondo e c’è speranza per noi, perché Gesù ha inaugurato un modo
nuovo di vivere. È Lui, infatti, che ha fatto dei popoli in conflitto un
cammino di pace, non usando la forza, ma attirando l’odio su di sé. Gesù ci ha
insegnato a vivere i conflitti non aumentando le tensioni, ma riducendole al
minimo con l’amore, la dolcezza, l’ascolto. Gesù ci ha insegnato che è possibile
uscire dalla cultura patriarcale e dalle sue nefaste influenze, non con
discorsi, ma con nuovi atteggiamenti che riproducono nella storia l’uguaglianza
di donne e uomini voluta da Dio.
C’è
speranza per tutti e tutte perché l’amore di Dio manifestato dal Figlio Gesù è
stato riversato nei nostri cuori e continua ad essere riversato grazie allo
Spirito Santo. Accogliamo, allora, lo Spirito di Cristo per vivere di Lui e
come Lui.
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