Paolo Cugini
Un uomo diede una grande
cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli
invitati: “Venite, è pronto (Lc 14, 15).
C’è
una voce che attraversa i secoli e che oggi riecheggia più viva che mai: la
vita non è un sentiero di angoscia, ma una tavola imbandita, pronta ad
accogliere chiunque desideri sedersi e condividere il pane della gioia. Così
annuncia la parabola di Gesù, il Profeta della libertà, che vede la storia
degli uomini e delle donne intessuta di risate, incontri e abbracci, non di
condanne e paure.
Non
lasciamoci ingannare da chi ha voluto dipingere il cristianesimo come una via
oscura, popolata di colpe e minacce. Nella visione di Gesù, la festa si fa
stile di vita e il suo Vangelo è un canto di liberazione. Cosa può mai celarsi
dietro la scelta di sostituire la danza con la penitenza, l’abbraccio con il
giudizio? Forse, il desiderio di controllare, di insinuare il dubbio, di
imprigionare nel senso di colpa. Ma il Maestro di Nazareth ci insegna che, chi
vive nella gioia, vive nella verità; chi si lascia guidare dal banchetto, si
apre alla vita nella sua pienezza, senza catene né timori.
Sta
a noi scegliere la strada: accettare la maschera della paura e della schiavitù,
oppure spalancare le porte dell’anima alla bellezza inattesa, quella che sa di
pane caldo e vino versato nella sera. La vera preoccupazione di Gesù è donare
agli uomini e alle donne la possibilità di vivere liberi, di riconoscere che la
vita è un dono da celebrare, non una colpa da scontare. Il Vangelo, in fondo, è
un invito ad alzarsi, a mettersi in viaggio verso la festa che non conosce
fine, dove ogni lacrima viene asciugata e ogni cuore trova la pace.
In questo banchetto profetico, non ci sono esclusi: ogni uomo e ogni donna è chiamato ad abbandonare le catene del senso di colpa e a sedersi alla mensa della libertà. Dio, oggi come ieri, ci aspetta a braccia aperte, pronto a ballare con noi la danza della vita.
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