martedì 6 settembre 2022

IN CERCA DI QUELLA PERDUTA

 



XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO/C

Lc 15,1-10

 

Paolo Cugini

 

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano.

Per comprendere la proposta di Gesù, la novità del suo pensiero, il vino nuovo che è venuto a portare, è fondamentale il tipo di atteggiamento che si ha nei suoi confronti. Il Vangelo di oggi apre proprio sottolineando questo aspetto, ci mette infatti dianzi a due modi diversi, anzi opposti, di relazionarsi con Lui. Da una parte, i peccatori che si avvicinano a Gesù per ascoltarlo; dall’altra i farisei, che non gli lasciano nemmeno aprire la bocca e, infatti, mormorano. I farisei sono il simbolo negativo di porsi dianzi a Gesù, perché sono così pieni della loro religione, che non hanno nulla da imparare, nemmeno da Dio. Al contrario, i peccatori sono aperti alla comprensione di una parola che li possa aiutare ad uscire dai cammini negativi nei quali si sono infilati. Detta così, può sembrare un incentivo al peccato, perché sembra essere la situazione ideale per fare spazio al Signore. In realtà, la verità delle cose è che davanti al Signore tutti siamo peccatori e, i farisei, che si sentono a posto, sono in una situazione di peccato peggiore degli altri. Infatti, in loro Gesù non trova spazio, perché sono gonfi nel loro orgoglio, pieni di se stessi, sicuri della loro religione. Avere la percezione della propria debolezza, stimola la ricerca personale di un aiuto, di qualcuno che possa offrire la soluzione al problema. 

«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?

Come si manifesta la novità che il Signore è venuto a portare? Con delle sproporzioni spaventose; con delle relazioni impreviste e impensabili: la proporzione da uno a cento. Chi è abituato alla moderazione, al calcolo controllato, dianzi ai numeri di Gesù, alle proporzioni che Lui descrive, rimane sbigottito: è impossibile tenergli dietro se non si ha il cuore aperto, disponibile all’ascolto, alla voglia di capire, al desiderio di vivere una vita nuova, autentica. Soprattutto, però, per accompagnare la proposta di Gesù occorre svuotarsi dalla propria religione, dalle proprie sicurezze religiose per permettere a Gesù, il Salvatore del mondo di entrare nella nostra anima e farci male. Perché non può essere altrimenti, le proporzioni sono troppo assurde, impreviste, incalcolabili. È impossibile che esista qualcuno sulla terra preparato per accogliere una novità come quella appena pronunciata dalla parabola. Non è possibile diventare discepoli del Signore se non si è disposti a mettersi in discussione, a lasciarsi rovesciare come dei calzini. Tutto l’accento della presenza di Gesù in mezzo a noi è per coloro che si sono perduti, che non ce la fanno a trovare la strada e sono sempre per terra. Questo è sconvolgente e lascia tutti perplessi, tutti coloro che sono abituati a meritarsi i favori di Dio, facendosi in quattro per piacergli con sacrifici, offerte, fioretti. Gesù, invece ci dice che il Padre non guarda queste cose, perché nessuno può meritarsi la salvezza, ma la può solo accogliere. 

Il Figlio è alla ricerca continua della pecorella smarrita e, per questo non ha paura di rischiare le altre 99 pur di ritrovare quella perduta. Sono questi dati che impressionano, questa misericordia infinita che fa male a chi calcola la propria salvezza, questo rapporto tra le 99 pecore lasciate nell’ovile e quella ricerca per quell’unica che si è perduta. Proprio il contrario di noi, mi viene da dire, il contrario di noi pastori di un gregge che pettiniamo tutta la vita e che, anche se ci accorgiamo che manca qualche pecorella, rimaniamo nell’ovile a continuare a lisciare, a pettinare quelle che rimangono, facendo finta di nulla, oppure affermando che è tutta colpa loro se sono uscite e si sono perse. Il ragionamento non fa una grinza, senza dubbio ha una sua logica, la logica di tutti, ma non quella del pastore che è Gesù, che vive su un altro piano, sul piano del Padre, che non ci pensa neanche a lasciare le 99 per cercare quell’unica pecorella smarrita, la più strana, la più testarda, che se l’è cercata. Ma il Padre non ragiona con la logica, non fa della filosofia, ma ragiona con il cuore e non bada a spese, si spende tutto per quell’unica pecorella che si è persa, la più cattiva, potremmo dire, la più scarsa, quella che dice di una minoranza infinita. 

C'è in questa parabola, l'idea di un Dio che è Padre e che non vuole che nessuno si perda. Gesù ha espresso questa idea sia con le parole che con i fatti. Con le parole lo ha dichiarato nella così detta preghiera sacerdotale (Gv 17). Lo ha dimostrato con i fatti vivendo in mezzo a peccatori, cercando coloro che si sentivano perduti. Se trasportiamo questa parabola sul piano ecclesiale l'insegnamento che riceviamo è quello di smettere di curarci esclusivamente di coloro che sono sempre tra le mura della chiesa e di iniziare a preoccuparci di coloro che non vengono più. Una pastorale in uscita segno di una chiesa preoccupata di coloro che non conoscono la proposta di Gesù o l'hanno rifiutata. E' di questo che dovremmo parlare nei consigli pastorali. E' una chiesa in uscita che si pone nella situazioni di esclusione, che diviene segno del buon pastore. 

Accogliere la novità del Vangelo significa anche noi mettersi alla ricerca di chi è perduto, vincendo i nostri pregiudizi e provare a seguire il cuore più che la testa, perché sappiamo che quando ascoltiamo il cuore il cervello funziona molto meglio e l’anima si riempie di gioia. Infatti, è Gesù che conclude la parabola dicendo: vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.

Che bello è sapere che abbiamo un Dio così! Un Dio che non ci calcola per le volte che abbiamo rispettato la dottrina, ma che non esita a venirci a cercare. Quando tutti ci davano per spacciati; quando anche gli amici, i parenti ormai ci davano per persi, Lui no, il pastore buono, il Signore molla tutto per venirci a stanare, e non si dà pace sino a quando non ci trova. E poi che cosa fa? Ci carica sulle spalle, ci accarezza con tenerezza, ci avvolge con il suo amore. 

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