Paolo Cugini
“Questo
è il suo comandamento: che rediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci
amiamo gli uni glia altri” (1 Gv 3,23). Credere nel nome significa credere
nella persona di Gesù, nella usa proposta di vita, perché il nome significa
identità. Credere nel nome non è solo un atto formale, una questione di
versetti appresi a memoria, ma significa vivere ciò che Lui dice, che si
riassume nel comandamento dell’amore. “Da questo tutti sapranno che siete
miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
“Ogni
spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne è da Dio” (1 Gv 4,2). È
il problema centrale della comunità di Giovanni: credere che Gesù sia Dio.
Credere che Dio sia presente nella carne di Gesù significa abbandonare il Dio dei
filosofi, della letteratura, il Dio che è nei cieli, lontano dagli uomini e
dalle donne. Credere che Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a
noi, significa fargli spazio, ascoltarlo, lasciarsi coinvolgere dalla sua
novità e, quindi, disponibilità al cambiamento.
“Da
allora Gesù cominciò a predicare e dire: convertiteti perché il regno dei cieli
è vicino” (Mt 4,17). Accogliere la novità di Gesù significa fargli spazio,
non rimanere legati a schemi del passato. Conversione significa disponibilità
al cambiamento, significa puntare lo sguardo su di Lui, ascoltando la sua
Parola, interiorizzandola per provare a viverla. La comunità che segue lo stile di Gesù è la comunità che si fa missionaria, che esce sulle strade, che bussa alle porte delle case per comunicare la novità sperimentata e accolta.
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