domenica 25 ottobre 2015

E PRESE A SEGUIRLO LUNGO LA STRADA






Domenica -XXX /B
(Ger 31, 7-9, Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10, 46-52)

Paolo Cugini

1. Apprendere ad accostarsi alla Parola di Dio in modo quotidiano, come un gesto naturale, significa scoprire la continuità e l’estrema coerenza contenuta in essa. Tra la prima lettura e il Vangelo che ascoltiamo alla domenica, esiste una continuità di temi e contenuti, che ci aiutano a calarci nella grande pazienza di Dio che ha creato il mondo con Saggezza e con la sua Sapienza accompagna la storia degli uomini e delle donne. Apprendere a riposarsi nel Signore, nella Sua Parola, vuole dire uscire dal vuoto delle parole leggere che ascoltiamo tutti i giorni, alle quali facciamo affidamento, ma che lentamente spengono la nostra speranza, il nostro entusiasmo di vivere e di amare. Infatti, mentre le parole del mondo sollecitano i nostri sensi e, con essi, il nostro desiderio di risposte immediate, la Parola di Dio, che è eterna, cerca di stimolare la profondità dell’anima, la coscienza e, per questo, ha bisogno di tempo.  I grandi monaci del deserto dicevano che il frutto dell’ascolto della Parola è la quiete, la calma, non nel senso negativo di inerzia, ma nel senso positivo di capacità di aspettare nella storia il passaggio del Signore. Solo chi si abitua a meditare quotidianamente la Parola di Dio, apprende ad avere fiducia nel Signore, a non cercare risposte immediate e nevrotiche ai propri problemi, ma a guardare lontano, ad aspettare sugli eventi il giudizio del Signore, che viene dal Silenzio, da molto lontano, dall’eterno.
E’ con queste riflessioni nel cuore che ci addentriamo nel mistero della Parola ascoltata, non per cercare risposte ai nostri problemi, ma per essere attenti a ciò che il Signore oggi ci vuole dire.

2. Il brano do Vangelo che abbiamo appena ascoltato si presta ad una lettura spirituale ed essere interpretato come le tappe del cammino spirituale di colui che incontra il Signore. Gesù passa nella nostra vita e ci incontra ciechi, seduti, mendicanti. Il cieco di Gerico rappresenta molto bene la condizione umana: senza Dio l’uomo vive prostrato a terra, perduto nei suo pensieri, schiacciato dal peso dei suoi peccati. E allora che fare?

“Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò gridare e a dire: ‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!’” (Mc 10, 47).

Questo versetto ci insegna che per uscire dall’inerzia e dal peccato è necessario gridare al Signore. E’ il grido della fede. Nella tradizione della Chiesa ortodossa l’invocazione del None è una delle preghiere più importanti. In virtù del testo che dice “Chi invocherà il Nome del Signore sarà salvo”, nacque in Oriente tutta una serie di esperienze che facevano della ripetizione del Nome Santo di Gesù o di alcune frasi del Vangelo come quella che abbiamo appena ascoltato – ‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!’ – la base per un cammino di conversione. La fede si esprime invocando il Nome del Signore, perché è in questo modo che manifesto la mia totale fiducia in Lui e nella sua Parola. Ripetendo continuamente l’invocazione del Nome, l’uomo si svuota dei falsi nomi di cui si è riempito e che lo hanno accecato, per fare spazio alla luce vera, che lo condurrà sul cammino della Vita.


3.Allora Gesù gli disse; ‘che vuoi che io ti faccia?’” (Mc 1, 51).

Come mai Gesù pone al cieco questa domanda?E’ impossibile che non si fosse accorto della cecità dell’interlocutore. E allora, perché lo incalza con questa domanda?
Se da un lato è vero che la salvezza è un dono che viene dall’alto ed è gratuita, nel senso che non dipende dalle nostre opere, come ci ricorda ripetutamente San Paolo, dall’altro è anche vero che la dobbiamo desiderare. Dio non ci getta la salvezza addosso, non ci costringe a salvarci, ma rispetta la nostra libertà. La domanda che Gesù rivolge al cieco è, allora, su questa linea, cerca cioè di sondare il terreno della sua libertà, del suo desiderio di cambiare vita. Con Gesù non c’è spazio per coloro che si piangono addosso, che si lamentano sempre, ma che non fanno mai un passo per uscire dalla situazione di miseria in cui si trovano. La salvezza ce la dobbiamo anche un po’ sudare, la dobbiamo volere, desiderare. Possono sembrare osservazioni banali, ma in realtà rivelano qualcosa di profondo e, allo stesso tempo, sconosciuto e misterioso. Chi, infatti, ha un po’ di dimestichezza con la condizione umana, sa che l’uomo, la donna, quando vive situazioni di peccato, di oscurità se da un lato capisce e sente il vuoto, il peso che questa situazione sta provocando, dall’altra avverte una certa paura a cambiare vita. Il nuovo fa paura e, allora spesso si finisce per rimanere immersi nelle tenebre del proprio egoismo, tanto si sa in che condizioni ci si trova, piuttosto che gettare via il mantello dei peccati e alzarsi per paura del nuovo cammino. La libertà nella prospettiva del Regno di Dio inaugurata da Gesù, non s’identifica con lo spontaneismo, con l’istintuale e superficiale: “faccio ciò che mi pare”, ma indica una presa di posizione in virtù di qualcosa che interiormente si percepisce come positivo per la propria vita. La libertà, allora, come diceva santo Agostino, va a braccetto con la volontà, perché esige coraggio, decisione, forza per dirigere la propria vita verso il valore intuito come positivo, anche se non si possiedono totali garanzie . E questo è anche uno dei significati più profondi della fede, la quale se da un lato esige il cammino intuitivo della ragione, dall’altro richiede il coraggio della libertà personale,  di affidarsi e gettarsi nelle braccia del Padre.

4. Mi  sembra, allora, che sia questo il significato della risposta finale di Gesù:

“Và, la tua fede ti ha salvato” (Mc 10,52).

E’ la fede che ci salva. E la fede è fiducia nel Signore, fiducia che si manifesta nell’invocazione del suo Nome, nel cercarlo, nel pensarlo come l’unica possibilità di uscita dalla nostra condizione di miseria. Come possiamo verificare se veramente c’è fede nel Signore in noi? Dall’insistenza con cui lo cerchiamo, dal fatto che arriva il momento in cui   nessuna situazione umana riesce a farci desistere dalla ricerca di Lui. Se ci pensiamo bene in questo cammino si manifesta l’amore. Che cos’è, infatti, l’amore se non la fiducia totale nell’altro! Che cos’è l’amore se non il pensare, il cercare continuamente l’amata, l’amato! La fede s’identifica con l’amore, la fede esige l’amore. Per questo le nostre preghiere estemporanee, che desistono non appena sentiamo un dolorino nello stomaco, o che terminano quando troviamo qualcosa che ci fa stare meglio non rappresentano la fede, ma un suo surrogato, che possiamo chiamare egoismo camuffato di pietà religiosa.
Il Cantico dei cantici ci ricorda che:

 “Le grandi acque non possono spegnere l’amore” (Ct 8,7).

Se l’amore è indistruttibile, allora chi vive di amore e chi è animato dall’amore non desiste mai. Le infedeltà, di qualsiasi tipo esse siano,e le desistenze sono il sintomo di un egoismo umano che soffoca la radice profonda della nostra vita e ci costringe a cercare altrove, fuori di noi, disperdendoci dietro alle illusioni del mondo.


5. “ E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada” (Mc 10, 52b).

Seguire il Signore non è un problema di regole da obbedire o di decreti da osservare. Chi vive la fede in questo modo diviene una persona rigida e intransigente, incapace di andare al cuore dei problemi. Per seguire il Signore ci vuole fede e, per tutto quello che abbiamo analizzato sino ad ora, ci vuole un cuore pieno di amore. L’amore vero non vive di illusioni ma di concretezza. Seguire il Signore vuole dire amarlo, fidarsi di Lui, conoscerlo.
Chiediamo, allora, al Signore di sperimentare in questa Eucaristia una più profonda conoscenza di Lui, che stimoli la nostra libertà a seguirlo sulla difficile strada della croce, che è la strada della vita vera, dell’amore.


1 commento:

  1. Molto bella questa indicazione di un cammino da percorrerex arrivare alla conversione . l'accostarsi quotidiano alla Parola ci facilita questo cammino ... Perché con essa ci viene dato ogni gg l'aiuto che basta per affrontare le difficolta che incontriamo .Anche quando il cammino si presenta in salita ... può essere meglio affrontato un passo alla volta .Grazie

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