VI DOMENICA/A
(Sir 15,16-21; Sal.118; 1Cor 2,6-10;
Mt 5,17-37)
Paolo Cugini
È significativa l’attenzione che
Gesù dedica al tema della legge, che è cruciale nella religione ebraica. La
Salvezza è, infatti, strettamente legata all’osservanza dei precetti del
Signore e la ricerca di Dio passa necessariamente attraverso. Il Salmo 119 che
abbiamo recitato oggi e che, come sappiamo, è una profonda e articolata
meditazione sulla legge del Signore ci ricorda che: “Beato chi è integro
nella sua via e cammina nella legge del Signore. Beato chi custodisce i suoi
insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore”. Il problema si pone esattamente
a questo livello: cercare di obbedire alla Legge con il cuore. Il rischio,
infatti, è scaderne nel formalismo, nella ripetizione di riti che non servono
altro che a tranquillizzare la coscienza per mettersi a posto con Dio e
continuare a vivere la vita come si vuole.
Davanti
agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato
ciò che a lui piacerà (Sir 15, 17). Anche il libro del
Siracide offre una riflessione positiva sul significato della Legge di Dio come
possibilità per l’uomo e la donna di vivere in modo autentico. Possibilità
significa che la Legge di Dio non s’impone, ma si può solo scegliere. È questa
un’idea che viene espressa anche nel Deuteronomio al capitolo 30. La legge
viene presentata sotto forma di benedizione di Dio e la sua trasgressione come
maledizione. Dalla parte della Legge c’è il cammino della vita, mentre il
cammino della trasgressione porta alla morte. L’uomo è invitato a scegliere tra
le due possibilità, anche se il Deuteronomio consiglia il cammino della vita: Prendo
oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la
vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché
viva tu e la tua discendenza (Dt 30,19). C’è dunque una riflessione
positiva sul tema della Legge di Dio la cui osservanza garantisce all’uomo e
alla donna la possibilità di una vita autentica, protetta da Dio.
Gesù disse
ai suoi discepoli: Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i
Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento (Mt 5, 17).
Leggendo i Vangeli e le polemiche di Gesù con i capi religiosi, si percepisce che
è avvenuta una trasformazione nei confronti dell’osservanza della Legge. A
partire dal secondo Tempio la classe sacerdotale ha preso il sopravvento a
scapito del pensiero profetico e l’impostazione religiosa ha accentuato le
pratiche esteriori, perdendo con tempo il significato profondo della Legge. Le
parole di Gesù ascoltate oggi intendono richiamare il senso autentico della
Legge. L’affermazione di Gesù dice, comunque, di un malessere dei capi
religiosi nei suoi confronti, perché percepivano una sorta di rivoluzione nei
confronti dell’obbedienza alla Legge mosaica. Ecco perché Gesù ci tiene a
precisare che non è venuto ad abolirla, ma a darle compimento, vale a dire, a
spiegare il significato profondo che ha la Legge, che non può essere ridotta ad
una mera osservanza esterna, ma deve arrivare al cuore delle persone. In altri
contesti (cfr. Mc 7) Gesù mostra il sovvertimento delle leggi operato da parte
dei capi religiosi che hanno sostituito la parola di Dio con le tradizioni da
loro inventate, portando il popolo non verso Dio ma verso di loro. Il
compimento della Legge che Gesù è venuto a mostrare intende riportare il
discorso com’era stato pensato all’origine, cioè come un cammino di salvezza
del popolo, cammino che comporta la disponibilità al cambiamento della cuore,
della coscienza, per uno stile di vita più autentico. Si tratta, allora di mettersi
in cammino per uscire dalla religione che si preoccupa dell’apparenza, verso
uno stile di vita che cerca la profondità delle scelte.
Io vi dico
infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei,
non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi… ma
io vi dico (Mt 5, 20-22). La giustizia degli scribi e dei farisei
ha come obiettivo l’osservanza esterna della Legge, la soddisfazione del
precetto: questa mentalità dev’essere superata. In che modo? Nella pagina che
oggi ci viene proposta vengono portati alcuni esempi che mostrano il passaggio
che dobbiamo compiere nell’osservanza della Legge. Prendiamo il primo. Gesù non
mette in discussione il comandamento di Mosè che dice: non uccidere, ma lo
radicalizza. C’è, infatti un modo di uccidere le persone, che facciamo ogni
giorno quando le offendiamo o le diffamiamo. Non ha senso, allora, sostiene
Gesù, presentarsi alla celebrazione per ricevere la comunione ed avere delle
relazioni rovinate nella comunità. Prima sistemiamo le situazioni in sospeso e
poi ci avviciniamo all’altare per ricevere il corpo di Cristo, che ci aiuta a
vivere in comunione. Ancora una volta: occorre passare dalla mentalità
legalista, che ci porta a soddisfare il precetto, verso l’assimilazione di uno
stile di vita nuovo, che richiede la disponibilità al cambiamento, al lasciarsi
mettere in discussione dal Vangelo.
Parliamo
invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che
Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria (1 Cor 2,7).
La sapienza che Gesù offre all’umanità esce dal cuore di Dio. È dunque cristallina,
trasparente e parla alla nostra coscienza in modo tale che tutti ne possono cogliere
l’autenticità. Dinanzi a questa sapienza abbiamo due possibilità: o rifiutarla e
andare per la nostra strada; oppure accoglierla, facendogli spazio nel nostro
cuore, permettendogli di modificare le nostre abitudini per passare da una vita
centrata sull’egoismo che ci chiude in noi stessi, ad una vita nel segno dell’amore
gratuito e disinteressato. A noi la scelta.
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