lunedì 6 febbraio 2023

X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B

 




(Gn 3,9-15; Sal 129; 2 Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35)

 

 

L’esperienza della vergogna non nasce esclusivamente dal senso di colpa, come spesso si pensa. C’è qualcosa di più profondo, che viene dalla nostra coscienza. Ogni persona, infatti, percepisce che cosa sia giusto o sbagliato. È come una voce interiore che ci allerta su alcuni elementi fondamentali dell’esistenza la cui trasgressione provoca un malessere interiore più o meno forte. Sfogliando le pagine dei mistici e anche dei filosofi troviamo questo dato importate sul quale le letture di oggi cercano di farci riflettere. La Chiesa insegna che c’è una voce dentro di noi che ci allerta sulla verità delle cose. È nella coscienza che Dio manifesta la sua volontà (Gaudium et Spes, 16). Anche se con sfumature diverse, lo stesso Immanuel Kant ribadiva questa stessa idea quando diceva: “il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”.

Dopo che Adamo ebbe mangiato dell'albero, il Signore Dio lo chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? (Gen 3, 9s). Il libro della Genesi descrive questa realtà primordiale ed universale, con una narrazione che rivela la sensibilità dell’autore biblico sui temi legati all’esperienza umana. Quando agiamo contro un comando che ci è stato dato, facciamo l’esperienza del limite e della trasgressione. La disobbedienza al comando è un atto che non rimane nascosto, perché manifesta immediatamente la sua negatività e, allo stesso tempo, il riconoscimento implicito della bontà del comando. Mentre il comando che percepiamo interiormente agisce come forma di protezione umana e sociale, la disobbedienza ci pone in pericolo. Dopo la disobbedienza Adamo ha paura e si nasconde perché è nudo, vale a dire, percepisce la sua vulnerabilità. Il problema, a questo punto, diventa capire come resistere alla tentazione irresistibile della trasgressione del comando. Il tema è delicato perché la trasgressione non pone in gioco solamente la vita del trasgressore, ma anche delle persone vicine, della comunità. Una trasgressione, può, infatti, innescare una catena negativa di dissimulazione della verità.

Come può satana scacciare satana? (Mc 3,21). La situazione di mistificazione della verità, il livello di trasgressione è divenuto così radicato da confondere il portatore della verità, cioè Gesù, con il menzognero. È il tema del Vangelo di Oggi. Gesù viene accusato di essere posseduto da un demonio per quello che dice e fa. Ciò significa che non viene riconosciuto per quello che è Il contesto, comunque è drammatico perché all’inizio del brano si dice che i suoi lo vogliono prelevare perché si diceva che fosse “fuori di sé”. Alla fine della scena arrivano anche sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle, anche loro per portarlo via. È la descrizione di un dramma, del per orso della Parola di Dio manifestata nel cuore dell’uomo e della donna che non la riconoscono più come vera, autentica, mettendo in questo modo in discussione la stessa autenticità di Gesù come Figlio di Dio. C’è una menzogna così forte e profonda, che ha scardinato la verità al punto che non è più riconoscibile come tale.

Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre. Il discorso torna all’inizio. È possibile riconoscere la verità che viene da Dio solamente facendo quello che c’è scritto. La verità, dunque, prima di essere un precetto da imparare in modo razionale, è un’esperienza personale. C’è un nuovo percorso che l’umanità deve compiere, un nuovo cammino che Gesù è venuto a tracciare. D’ora innanzi il problema non consiste più nell’obbedienza a precetti e norme esterne, ma imparare ad ascoltare il cuore, la propria coscienza perché è proprio nella coscienza che Dio ha riversato il suo amore. È proprio questo il contenuto della profezia di Geremia 31,34 ripreso al capitolo 8 della lettera agli ebrei. Anche Sant’Agostino nel quinto secolo ripeteva lo stesso tema: “non uscire da te stesso, ma ritorna in te, perché è nell’interiore dell’uomo che abita la verità”.

Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.  Infatti, il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili (2 Cor 4,14s). Anche Paolo è dello stesso parere. Si tratta di rafforzare l’uomo interiore, vale a dire la nostra coscienza, dedicando tempo al silenzio e alla meditazione. Solo così sarà possibile comprendere la verità che Dio ha impresso nel nostro cuore, riconoscerla e viverla di conseguenza.

 

 

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