Paolo Cugini
“Non
sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12, 46).
C’è una volontà di salvezza totale. Non c’è condanna, ma misericordia. È un
versetto in linea con lo stile di Gesù: si riconoscono i tratti del suo
Vangelo, della sua proposta. Volontà di salvare il mondo dal vuoto, dal nulla;
volontà che sgorga dall’amore del Padre, che Gesù rende visibile con le sue
parole e le sue scelte. Questa volontà è luce per chi l’accoglie, perché lo
toglie dalle tenebre della volontà di condannare e distruggere. C’è, dunque,
nell’azione di Gesù, un principio di vita che viene, per così dire, conficcato
dentro la storia, per rigenerarla dall’interno, modificando le tendenze negative
messe in atto dall’istinto di sopravvivenza.
“Io
sono venuto nel mondo come luce” (Gv 12,45). È un tema esoterico, tipico
delle filosofie gnostiche e anche manichee, che presentano la realtà come dominata
da due dimensioni: luce e tenebre. Questa visione cela la percezione originaria
della vita dominata da forze che si contrappongono e, allo stesso tempo, rivela
un modo specifico di concepire l’uomo e la donna, come teatro in cui questa lotta
si scatena. La lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre è un modo
primitivo d’intendere il cammino della vita che sembra attratto da opposti
inconciliabili e in cui l’uomo e la donna sembrano, a volte, in balia di forze
oscure difficili da gestire e controllare. In questo contesto, Gesù si presenta
come luce: si tratta di ascoltarlo, seguirlo e, in questa sequela, la luce si
manifesta.
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