lunedì 31 gennaio 2022

QUINTA DOMENICA TEMPO COMUNE/ C

 



(Is 6, 1-8; Sal 137; 21 Cor 15, 1-11Lc 5,1-11)

Paolo Cugini

 

Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Il Vangelo continua a presentarci le caratteristiche dell’identità di Gesù e, nel caso del Vangelo di oggi, c’invita a riflettere sul senso della sua presenza nella storia e della reazione che le persone hanno nei suoi confronti. Il problema è che anche al tempo di Gesù non tutti coglievano la sua presenza, la sua novità. Il brano di oggi ci presenta un percorso spirituale per imparare a cogliere la presenza del Signore nella nostra storia, e accettare il suo invito alla conversione. Proviamo, dunque, a seguirlo.

mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio. Il Vangelo si apre con l’atteggiamento principale di Gesù, vale a dire l’insegnamento della parola. Gesù è venuta in mezzo a noi prima di tutto per aiutarci a comprendere il senso della sua Parola, il suo significato. Per entrare nella sua prospettiva dobbiamo prendere in mano la sua parola e ascoltare i suoi insegnamenti.

Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così… Riusciamo a vedere il Signore, a coglierne la sua presenza quando facciamo quello che ascoltiamo: è questo il miracolo! Solo coloro che vivono quello che ascoltano nel Vangelo hanno la possibilità di vedere il Signore, di conoscerlo. La parola di Dio non è qualcosa che dev’essere appena studiata, ma soprattutto vissuta. Certamente è importante lo studio e poi la riflessione, ma chi si ferma a questo stadio, non riuscirà mai a vedere il Signore. Questo è uno degli inganni nei quali possiamo imbatterci, vale a dire a pensare di conoscere Dio per il fatto che studiamo la Bibbia. Ciò che leggiamo e che studiando comprendiamo ha valore nella misura in cui ci sforziamo di viverlo, di metterlo in pratica. L’esempio di ciò che stiamo dicendo ci viene proprio dal brano di oggi in cui Pietro, ascoltando l’indicazione di Gesù, nonostante tutta la sua esperienza di pescatore, fa esattamente quello che gli dice Gesù: si fida della sua parola. È perché Pietro fa quello che gli dice il Signore che il miracolo avviene e, in questo modo, si manifesta la gloria di Dio, permettendo ai presenti di vedere il prodigio e di credere in Lui.

Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore. Chi è Gesù? È il santo di Dio, la sua presenza fa emergere il malessere che proviene da una errata relazione con Dio: questo malessere ha un nome, il senso di colpa. Quello di Pietro, ad una prima reazione immediata, può sembrare un gesto di umiltà, bello intenso. In parte è così. In realtà quello che emerge dalla sua risposta, confrontata anche con la proposta di Gesù è ben altro. Pietro davanti a Gesù, alla sua presenza, si sente peccatore. Il peccato dice della nostra relazione con Dio, prima di tutto. La santità di Dio manifestata nel miracolo della pesca, smuove in Pietro i suoi sensi di colpa, il suo modo di percepire e vivere la religione come obbedienza a precetti che non sempre riesce a rispettare. Percependo la presenza di Dio Pietro si sente, per così dire, sporco, in colpa e, per questo, s’inginocchia in segno di sottomissione.

Non temere… Dio non vuole delle persone sottomesse, ma libere. A Gesù non interessa il passato, gli errori, i nostri sensi di colpa che è venuto a togliere per sempre e a gettarli negli abissi: Gesù vuole conoscere la nostra disponibilità ad entrare nel nuovo progetto di vita e cioè, essere pescatori di uomini. Qui c’è il contrasto tra la mentalità chiusa, che caratterizza l’uomo e la donna attanagliati dal loro egoismo, che non riescono a liberarsi del peso degli errori passati e si lasciano divorare dai sensi di colpa e, dall’altra, l’azione di Gesù, uomo libero venuto per liberare proponendo cammini di umanizzazione.

D’ora in poi sarai pescatore di uomini. Gesù propone uno spostamento d’attenzione: dalla relazione con Dio alle relazioni con gli uomini e le donne. Spostamento che, allo stesso tempo rivela un significato: l’autentica relazione con Dio non provoca il senso di colpa, perché non chiede obbedienza a precetti o la partecipazione a culti, ma la verità della relazione con Dio si verifica nell’attenzione che diamo alla relazione con uomini e con le donne. Gesù propone di passare dalla religione in cui ci giochiamo tutto il rapporto con Dio nell’ambito cultuale, nella partecipazione ai riti, verso la vera religione che riconosce la presenza di Dio nei fratelli e nelle sorelle e, di conseguenza, cura queste relazioni. 

martedì 25 gennaio 2022

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 16

 



 [Annotazioni]

 

2. Viene presentato Timoteo, personaggio di rilievo della prima comunità, probabilmente convertito durante il primo viaggio missionario, e battezzato da paolo stesso (cfr. 1 Cor 4,17). Figlio di matrimonio misto – madre giudea e padre pagano- famiglia non molto praticante. Timoteo godeva buona reputazione tra i cristiani di Iconio.

4. Il redattore attribuisce valore universale al decreto emanato dall’Assemblea dio Gerusalemme.

6-10: verso l’Europa. Ancora una volta Lc mostra il protagonismo dello Spirito Santo. Significato dei sogni di Paolo: sono a servizio del Vangelo. Il sogno come mezzo letterario per avvisare il lettore sull’importanza di quanto sta avvenendo.

6. Le informazioni geografiche di Lc sono molto incerte.

7. Gesù attribuisce a Gesù quello Spirito che nell’AT era attribuito esclusivamente a JHWH.

9. Visione di notte: nell’antichità il sogno era visto come mezzo di comunicazione e divina. La visione sottolinea l’importanza della tappa verso l’Europa.

11-40: Filippi.

11-15: la conversione di Lidia. È un segno della simpatia di Lc verso le donne della prima comunità.

12. Sembra che Luca voglia precisare che Filippi è una regione romana per permettere al lettore di capire il seguito.

14. È Cristo che apre il cuore e predispone l’intimo di una persona alla fede. La conversione è sempre una grazia.  

15. Lc attribuisce alle grandi famiglie un ruolo importante per la diffusione del Vangelo. C’è lo schema classico delle narrazioni del battesimo, che sono precedute dall’ascolto della Parola.

16-18: storia di esorcismo. Come con l’approdo dell’evangelizzazione a Cipro, Lc inserisce anche qui una storia di confronto con l’avversario all’arrivo della parola in Europa: lo scontro vittorioso dello Spirito Santo con lo spirito del male in ambiente tipicamente pagano.

Rudolph Pesch: la missione cristiana porta nel nome di Gesù la salvezza al mondo pagano demonizzato.

C’è una nota significativa sulle difficoltà che i missionari devono incontrare nel mondo pagano dell’impero riguardo alle varie pratiche religiose.

Motivo teologico: superiorità della fede cristiana sull’arte divinatoria greca.

16. la verità che ha origine demoniaca dev’essere fatta tacere.

19-40: incarcerazione a Filippi.

19. l’avidità non consente ai padroni della ragazza di riconoscere il segno, ma di vedervi semplicemente una perdita.

Agorà: piazza centrale dove si svolge l’attività pubblica.

20-21; duplice accusa:

a.       Creano disordini;

b.      Predicano usanza vietate ai romani.

C’è velata una polemica di Lc con coloro che parlano del cristianesimo senza conoscerlo.

23-24: liberazione miracolosa.

25: mezzanotte è il tempo degli spiriti, ma anche momenti degli interventi divini liberatori. C’è un atteggiamento di serenità nei protagonisti, che è opposto alla drammatica situazione senza scampo. Gli apostoli cantano lodi e non levano suppliche per la loro liberazione.

Sono, comunque, tratti leggendari e non realistici.

28. viene salvato il custode.

29. Il capocarceriere si comporta di forte agli apostoli come fece Cornelio: si getta ai loro piedi.

32. Catechesi battesimale.

33-34: effetti dell’incontro e dell’accoglienza della parola:

-          Mettersi al servizio degli altri

-          Pasto, segno di comunione fraterna

35-36. Lc lascia intendere che i magistrati i sono resi conto di essere nel torto.

Paolo menziona il suo status di cittadino romano, nel quale include anche Sila. I littori gli credono, senza chiedere prove.

38-39: le indicazioni di Paolo colpiscono nel segno.

 

lunedì 24 gennaio 2022

QUARTA DOMENICA TEMPO COMUNE C

 




(Ger 1,4-5.17-19: Sal 70; 1Cor 12,31 - 13,13 Lc 4,21-30)

Paolo Cugini

Lc 4,21-30
 

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Zarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

 

      Continuiamo la lettura del Vangelo di Luca che ci propone la reazione del popolo d’Israele a quella che potremmo chiamare la prima omelia pubblica di Gesù. Senza tani giri di parole possiamo tranquillamente affermare che è stata un fallimento, nel senso che non è piaciuta per niente, al punto che cercano di ucciderlo. Durante la sua difesa alla reazione negativa del popolo, Gesù cita due brani che appartengono alla memoria negativa di Israele, nel senso che il popolo non ama ricordare. Si tratta, infatti, di quegli episodi in cui Dio aiuta i pagani a scapito degli israeliti. Sono episodi che avrebbero dovuto provocare una riflessione all’interno del popolo, per una crescita sui dinamismi della fede provocati da JHWH. Al contrario, la scelta di Dio provoca insofferenza e disappunto: il popolo non coglie e non vuole ascoltare la portata spirituale e storica di questi eventi e li mette nel dimenticatoio. Citando questi esempi Gesù ne rivela il senso, attualizzandoli riferendoli alla sua persona. Gesù, infatti, è venuto a mostrare il cammino tracciato da Dio sin dall’eternità, cammino che è aperto a tutti coloro sono attenti ai fratelli e alle sorelle più povere e bisognose, vivendo, in questo modo, il comandamento centrale cdi Dio: l’amore al prossimo. I capi d’Israele non riescono ad accettare queste aperture proprio perché hanno vissuto il rapporto con Dio confinandolo nella dimensione cultuale, rituale, nei sacrifici, nei canti di lode. In fin dei conti, per Israele, vivere in Dio significava partecipare alle liturgie del tempio, alle feste liturgiche, ai culti. Soprattutto dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia e la costruzione del secondo tempio, in Israele sparisce il profetismo e s’instaura una religione che fa dei riti liturgici un sistema così particolareggiato da identificare la religione con il culto, andando lentamente fuori dalla proposta di JHWH. È questo spostamento che Gesù è venuto a criticare e a modificare ed è naturale la reazione negativi dei capi religiosi.

      In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Gesù si pone sulla linea dei profeti, di coloro che nella storia d’Israele hanno provocato il popolo proponendo prospettive nuove, cercando di scrollare il popolo dal costume di sedersi sul passato e, in questo modo, non permettere alla parola di Dio di orientare il presente intasato dai detriti del passato. È questo il motivo della dura reazione del popolo che lo cacciano fuori dalla città per ucciderlo. Coloro che cercano di aiutare il popolo a comprendere il senso della realtà, a comprenderla alla luce del Vangelo, della novità di Gesù illuminata dall’azione dello Spirito Santo, vengono respinti, rifiutati. Probabilmente è questo il senso profondo e la vocazione della comunità cristiana: essere segno di contraddizione, stimolo verso la novità del Regno.

Si alzarono e lo cacciarono fuori della città. Nella vita di Gesù il pericolo non viene dall’esterno, ma dall’interno, vale a dire, dalla religione, da coloro che gestiscono il tempio, il culto. Gesù non correrà mai pericolo con i peccatori, le prostitute, i pubblicani, i poveri: questo è un dato di fatto. Per Gesù i luoghi e le persone più pericolose saranno luoghi e persone religiose. Saranno questi che cercheranno di eliminarlo, lapidarlo, ammazzarlo. Come mai avviene questo? Perché Gesù è venuto a mostrare con parole e opere il senso autentico del rapporto con il Padre che conduce all’amore fraterno, alla sororità, all’attenzione verso tutte e tutti. I capi religiosi del popolo, invece hanno trasformato questo annuncio di amore, in una sterile osservanza di leggi volute da loro per controllare la vita del popolo. Per questo motivo, le parole e le azioni di Gesù li irritano al punto da volerlo morto.

    Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. C’è in questo versetto, un’anticipazione della resurrezione. La morte non si è impadronita di Gesù, ma Gesù continua il suo cammino. Gesù è il Signore della storia, degli eventi: ci passa in mezzo. Chi proviene dal silenzio ed è abituato ad ascoltarsi, a confrontarsi con la voce della propria coscienza non si lascia schiacciare dagli eventi, non permette a ciò che è immediato di confondere ciò che viene dal profondo. Chi ha lo sguardo rivolto al Padre e vive il presente con questo sguardo di amore negli occhi, fa di tutto per trascinare il presente in quella direzione, trasformando, se è necessario, quello che incontra. Questa è la differenza tra un maestro e un principiante, tra un padre o una madre, e il figlio, la figlia. Chi è testimone del perdono e dell’amore di Dio non si ferma mai neanche quando è in gioco la propria vita. 

lunedì 17 gennaio 2022

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 15





L’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME

[annotazioni]

Il capitolo 15 è il centro del libro, per le questioni che tratta. Viene legittimata la missione ai pagani sull’affermazione centrale che, non la Legge, ma la grazia di Cristo è ciò che salva. Con l’assemblea di Gerusalemme termia il tempo apostolico. Gli apostoli vengono menzionati un’ultima volta nel capitolo 16,4. Pietro scompare del tutto. Dopo Atti 15 Gerusalemme passa in secondo piano. Gerusalemme passerà soprattutto alla storia per la sua chiusura al cristianesimo.

Atti 15 apre al futuro della Chiesa, nella nuova prospettiva di un annuncio ormai libero dall’obbligo della Legge.

Lc è attento a mostrare che tra il periodo apostolico e post-apostolico non vi sia rottura. Significativo è la scena che mette in atto per mostrare l’Assemblea di Gerusalemme, dove sono convocati gli anziani, i missionari e gli apostoli. Sono poi pronunciati discorsi dai rappresentanti più significativi.

Sembra che Lc basi la sua composizione per Atti 15 su tradizioni che si riflettono nella lettera di Paolo ai Galati 2,1-10.11-14, anche se in modo indipendente.

Lc fa parlare Pietro e Giacomo, e non Paolo, per cui il ruolo dei due missionari nel dibattito dell’assemblea di Gerusalemme sembra marginale. Questo dato contrasto con quanto lo stesso Paolo afferma in Gal 2,1-10, in cui prende attivamente parte al dibattito.

Problema: leggendo 1 Cor 8 sembra che Paolo non conosca il decreto frutto dell’Assemblea di Gerusalemme, anche perché risulta che lui fosse partito subito dopo l’Assemblea senza aspettare la redazione del testo finale.

Sila fa da ponte tra Gerusalemme e il secondo viaggio di Paolo.

Problema di fondo del capitolo 15: è la soluzione dei problemi dovuti all’entrata dei pagani nella comunità, vale a dire, la necessità o meno di imporre loro la circoncisione e leggi di Mosè. Fondamentale nella vita del giudeo è la questione del puro e dell’impuro, che diventa di difficile soluzione con l’entrata dei pagani nelle comunità giudeo-cristiane. Nel capitolo 15 viene riportata la soluzione di un problema che aveva lacerato la comunità. La Legge mosaica non esprime più le condizioni per essere ammessi a costituire il Popolo di Dio ed essere salvati.

1-5: introduzione. Vien posto il problema: la circoncisione è necessaria per salvarsi? Lc presenta i radicali giudei come una minoranza anonima. Il tema della circoncisione pone una questione centrale: da chi viene la salvezza: da Cristo o dalla Legge? Di per sé il testo aveva già dato alcune risposte: 4,12; 10,43s; 13,39.

2. A Gerusalemme, oltre al collegio degli apostoli, esiste anche un collegio degli anziani, conforme le abitudini dei giudei.

3. i giudaizzanti appaiono sempre più come minoranza isolata.

6-11: discorso di Pietro

Lc sembra riprendere Paolo ai Galati sul tema della salvezza per grazia. In realtà i paolinismi del discorso di Pietro sono ripresi da Atti 10-11,18 e non direttamente da una lettera di Paolo.

7. Pietro non fa riferimento all’esperienza di Paolo e Barnaba, ma alla sua propria a causa dell’importanza che nella comunità ha assunto l’esperienza di Pietro, il quale insiste sul fatto che l’entrata dei pagani nella comunità è parte dl progetto di Dio.

9. Comunicando lo Spirito Santo, Dio ha dimostrato di aver purificato il cuore dell’uomo, di aver concesso il perdono dei peccati (2,38) e questo mediante il dono della fede e non della Legge. Luca dichiara superata la purificazione rituale, così importante per il giudeo: adesso s tratta di una purificazione intima, il perdono dei peccati, ottenuta per fede. La comunione con Dio che deriva dalla purificazione del cuore implica il superamento delle divisioni tra giudei e pagani create dalla Legge.

11. C’è un capovolgimento di prospettiva: non i pagani sono salvati come i giudei, ma i giudei sono salvati allo stesso modo dei gentili. Dio si serve del modo di salvare i gentili per far prendere coscienza ai giudeo-cristiani di ciò che veramente sta alla base della loro salvezza: la gratuità e non l’osservanza della Legge.

12-21: il discorso di Giacomo. Al centro del discorso c’è la citazione di Am 9,11-12, rielaborata ed adattata. Nella promessa fatta a Davide sembra esserci anche l’entrata delle nazioni. Siccome solo il testo dei LXX permette un’interpretazione universalista, Lc sembra che abbia utilizzato quella versione.

Giacomo chiede agli etnico- cristiani di astenersi:

1.      Dalle contaminazioni

2.      Dalla porneia

3.      Dal soffocato

4.      Dal sangue

Le quattro regole si basano sulle esigenze del codice di santità (Lv 17-18), richieste sia per l’ebreo che per lo straniero che abita nel Paese. Paolo sembra aver ignorato questo decreto e non lo ha applicato (cfr 1 Cor 8).

Il decreto, in ogni modo, ha reso possibile la convivenza e ha risolto il problema della missione verso i pagani. L’importanza di questo decreto per Lc si percepisce dal fatto che lo riporta tre volte ( 15,20.29; 21,25).

12. c’è un silenzio dell’assemblea che sembra un consenso.

13. L’ultima parola spetta a Giacomo, il fratello del Signore e responsabile della comunità di Gerusalemme.

14. Giacomo si rifà all’esperienza di Pietro ma non cita l’esperienza di paolo e Barnaba.

15. Lc ci tiene a sottolineare la sintonia tra l’evento e la parola divina che l’annuncia.

20. C’è un invito a non partecipare ai banchetti pagani dove s’incontra carne sacrificata nei templi

Porneia: matrimoni incestuosi

Carni non macellate ritualmente. Invito a comprare carne nelle rivendite gestite dai giudei.

Astenersi dal sangue: proibizione di mangiare carne dove è rimasto del sangue.

Nella prospettiva del giudeo le clausole sono necessarie perché dappertutto vi sono delle sinagoghe e quindi giudei da non scandalizzare.

22-29: delegati con lettera.

22. la decisione di inviare delegati con una lettera ufficiale è presa assieme a tutta l’assemblea. Giuda è citato solo in questo contesto, mentre Sila è spesso citato nelle lettere di Paolo (1 Ts 1,1; 2 Cor 1,19; 2 Ts 1,1).  Giuda e Sila rappresentano la Chiesa di Gerusalemme

30-35: finale. Con Paolo la Chiesa si apre decisamente su base teologica (espressa nel concilio da Pietro e Giacomo) alla sua vocazione universale.

31. la lettura pubblica della lettera provoca gioia: tema caro a Luca. La reazione positiva da parte della comunità di Antiochia conferma la comprensione positiva del decreto come liberazione da un’esistenza alla “giudea” per i gentili convertiti, pur rimanendo cristiani a pieno titolo.

32. Giuda e Sila confortano la comunità

33. Con la consegna del decreto di Antiochia, Luca considera compita la missione dei delegati Sila e Giuda.

 

OMELIA DOMENICA 23 GENNAIO 2022 -TERZA DEL TEMPO COMUNE/C

 



(Nee 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18 (19); 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21)

 

Paolo Cugini

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,1-4; 4,14-21
 

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

Commento

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito. Gesù ritorna in Galilea dopo essere stato battezzato e dopo aver trascorso 40 giorni nel deserto. È la potenza dello Spirito che agisce in Lui, cioè la potenza dell’amore di Dio che si è dimostrato più forte della violenza del male. È questa forza dell’amore che entra nella storia con l’azione e la parola di Gesù e che si manifesta nelle relazioni che Lui instaura. Gesù è uomo come noi, ma la sua umanità non si è lasciata dominare dai condizionamenti umani, sociali, culturali e religiosi, come avviene con noi ma, al contrario, è lui che domina la scena e la guida nella direzione del Padre.

     Nelle quattro volte che Luca presenta Gesù che entra nella sinagoga, lo vediamo sempre nell’atteggiamento di colui che insegna un messaggio contrario a quello insegnato dagli scribi e dai farisei. Gesù non legge il brano previsto dalla sinagoga, ma ne sceglie un altro ben conosciuto perché carico di promesse e lo interpreta.

«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione.

      Unzione significa il Cristo. Significativo il fatto che l’unto del Signore non è chiamato a svolgere delle funzioni cultuali, dei sacrifici e l’azione religiosa che compie non è vero Dio, ma verso gli uomini. Il segno della presenza del messia nella storia non è visibile dai riti che si celebrano, ma da un dato annunciato spesso dai profeti, vale a dire, la fine della povertà e della sofferenza dei poveri. È in questo modo che Gesù manifesta di essere il messia atteso, fasciando le piaghe dei cuori spezzati, e realizzando la libertà degli schiavi, a promulgare un anno di grazia del Signore, così com’era previsto dalla Legge (cfr. Lv 25,10s.). La comunità è segno della presenza del Risorto nel mondo non solo quando dà l’elemosina ai poveri, ma quando diventa operativa per eliminare le cause della povertà e divenire, in questo modo, annuncio della liberazione dei miseri. Non a caso, nella vita delle prime comunità cristiane, così come viene narrata negli Atti degli Apostoli, la condivisone dei beni affinché nessuno abbia necessità, è un segno caratteristico.

      a proclamare l’anno di grazia del Signore». Gesù, in un certo senso censura il profeta Isaia, disattendendo alle aspettative degli ascoltatori, che si aspettavano di ascoltare i versetti successivi, che invece Isaia non legge. Perché Gesù interrompe la lettura? Perché i versetti successivi contengono un messaggio di vendetta che non appartengono più all’azione di amore e misericordia che Gesù è venuto a portare. Gesù, infatti, ha manifestato con le parole e le opere, che il Padre è solo amore, solo bontà, e che tutto ciò che parla di guerra e odio non appartiene a Dio.

Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. Gesù non solo spiega l parola, ma la compie, nel senso che è la sua vita che diviene la chiave d’interpretazione di tutta la Scrittura. Gesù è il compimento della Parola, nel senso che tutti gli eventi e le parole narrate nell’Antico Testamento prendo significato e luce dall’azione del Figlio di Dio, Gesù Cristo. È proprio questo che il Concilio Vaticano II ci ricorda nel documento sulla Parola di Dio, chiamato Dei Verbum, quando dice che Gesù: “compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna” (DV, 4). Gesù compie la Parola in quel modo specifico lì, cioè, cambiando la relazione con Dio, mostrando il volto misericordioso del Padre, aiutandoci ad entrare in una relazione di bontà, indirizzandoci ad orientare i nostri sforzi nel cammino dell’uguaglianza, per collaborare positivamente la progetto di Dio, che non ha mai pensato e voluto un mondo diviso tra poveri e ricchi, ma un’umanità in cui tutti hanno la possibilità di vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10).

noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito (1 Cor 12, 13). Gesù compie la Parola anche nella prospettiva della comunità. Accogliere il suo Spirito, significa collaborare nella strutturazione di comunità unità, dove l’unità non s’identifica con l’uniformità, ma con la diversità di dono e di carismi, vale a dire, nella capacità di fare spazio all’altro affinché ognuno realizzi il dono ricevuto da Dio. Quando questo avviene, il Signore diviene visibile nella storia degli uomini e delle donne e il mondo ha la possibilità di vedere e di credere.

 

 

mercoledì 12 gennaio 2022

SABATO SANTO

 



 

Paolo Cugini

 

Che notte triste devono aver trascorso i tuoi discepoli, Signore, saperti morto. Pensarti nel sepolcro. Com’è possibile accettare un simile vuoto? Com’è possibile resistere all’angoscia di questo nulla? Senza di Te il mondo vive nelle tenebre.

 

È strano pensare che alla sepoltura ci abbia pensato Giuseppe d’Arimatea. In tutti e quattro i vangeli è l’unico personaggio costante tra quelli menzionati in questa circostanza. Giuseppe d’Arimatea salta fuori dalla narrazione evangelica come dal nulla, come se il suo compito dell’eternità fosse stato quello di seppellire il corpo di Gesù. Così come l’altro Giuseppe, il falegname menzionato all’inizio del Vangelo per costituire le piccole famiglie di Betlemme.

 

E così nel mistero dell’incarnazione c’è un Giuseppe all’inizio e un Giuseppe alla fine. C’è un Giuseppe, un’umile figura, che non fa rumore “persona buona e giusta”, “membro del sinedrio” “che era diventato discepolo di Gesù”.

 

Giuseppe d’Arimatea, quel buon uomo che ha deposto con cura Gesù nel sepolcro.

Giuseppe d’Arimatea rimane, per me un mistero incomprensibile.

 

Gesù nasce povero e muore in una tomba da ricchi.

Gesù nasce in una mangiatoia e muore in una tomba da re.

Era o non era il re dei Giudei?

Era o non era re? Di un regno che non era di questo mondo, ma pur sempre un Regno!

 

Giuseppe d’Arimatea depone il corpo del Signore in una tomba (la sua?) nuova scavata nella roccia. Un sepolcro nuovo in mezzo ad un giardino. Un sepolcro nuovo dove nessuno vi era mai stato.

 

Gesù nasce povero, muore come un brigante e assassino e viene deposto in una tomba nuova in mezzo al Giardino da un uomo del Sinedrio persona buona e giusta, che era diventato discepolo di Gesù.

 

Chi può deporre nella tomba il corpo del Giusto, dell’unico vero Giusto, se non una persona buona e giusta? Giuseppe il buono – giusto che depone il Giusto. Giuseppe il buono – giusto depone il Giusto punito proprio per la sua bontà.

 

Giuseppe d’Arimatea predestinato dall’eternità a non lasciare che il corpo del Santo rimanesse appeso alla croce per essere poi gettato insieme agli altri.

 

Giuseppe d’Arimatea, persona buona e giusta stacca dal legno della croce le mani e i piedi del Giusto. È Giuseppe che libera le mani di Gesù dai chiodi. Chissà quali domande hanno riempito la mente del buon Giuseppe d’Arimatea quando ha accolto tra le sue mani il corpo nudo di Gesù morto.

Gesù perché hai affidato il tuo corpo morto ad uno sconosciuto? SI, è vero che era una persona giusta e buona, ma era pur sempre uno sconosciuto. Perché non hai voluto che fosse Andrea o Simone Giacomo di Zebedeo o suo fratello Giovanni, Filippo o Bartolomeo, Tommaso o Matteo, Giacomo di Alfeo o Taddeo, o Simone il Cananeo? Questi li avevi scelti perché stessere con te e imparassero le parole che il Padre ti aveva detto di dire loro.

 Perché non hai concesso a loro di vederti nell’alto estremo della tua umanità? Forse temevi che vedendoti inerme e senza vita sarebbero rimasti talmente turbati da non credere più nemmeno alla Tua Resurrezione? Pietro ormai ti aveva rinnegato per ben tre volte; Giuda l’iscariota ti aveva tradito per pochi denari. Gli altri erano tutti fuggiti Tranne Giovanni il discepolo che Tu amavi. Forse lui avrebbe potuto togliere i chiodi dal legno della tua croce. Forse Lui avrebbe potuto abbracciare il tuo corpo senza vita. Però, dopo la tua morte, accompagnò a casa tua Madre che divenne da quel momento la sua.

E tu eri lì, solo, morto sulla croce. Che silenzio sul Calvario. Che tenebre dentro e fuori Gerusalemme! Ore interminabili. Minuti pesanti come il piombo. Chi poteva sopportare il peso della Tua assenza? Il mondo per Tre giorni è vissuto nella tua assenza. Quale mistero il Dio che è spirato, che ha reso lo spirito. Grande desolazione per l’umanità rimasta orfana del suo Dio!

 Per alcune ore qualcuno può aver pensato che le tenebre sarebbero scese per sempre; che per sempre il nulla avrebbe aleggiato sul mondo.

Poiché lo spirito era stato spirato, reso al Padre, a colui che glielo aveva dato. Qualcuno ha potuto pensare che quell’istante poteva durare per sempre. Che per sempre lo spirito era spirato e non sarebbe mai più tornato. Pensieri cupi. Pieni di angoscia. Abbandono totale. Smarrimento.

Qualcuno ha potuto domandarsi che cosa avrebbe dovuto fare se le tenebre sarebbero rimaste sulla terra. Per sempre. E qualcuno ha pensato che non era bene, non stava bene che colui che era la Via, la Verità, la Vita rimanesse là, in cima al monte, appeso alla Croce, nudo.

Qualcuno, questo buono e giusto Giuseppe ha pensato bene di togliere davanti agli occhi di tutti lo scandalo, la vergona inquietante, il Dio Crocifisso! E lo ha preso fra le sue mani dopo avergli tolto con cura i chiodi, lo ha profumato con gli aromi e lo ha avvolto in un lenzuolo. Poi lo ha sistemato in un sepolcro nuovo e lo ha avvolto in un lenzuolo. Poi lo ha sistemato in un sepolcro nuovo scavato nella roccia, mai usato prima. Lo ha preso tra le mani. Quel corpo morto. Il cadavere di Gesù. Il corpo senza vita del Figlio di Dio. Forse lo ha guardato negli occhi. Ha cercato il suo sguardo. Ma non lo ha trovato. Aveva le palpebre chiuse. Come un morto. Come tutti i morti. Perché Gesù era morto. E uno sconosciuto lo stava deponendo dalla croce. Uno sconosciuto stava deponendo dalla Croce il re della Vita. Uno sconosciuto, di cui nessuno aveva mai sentito parlare, prese Gesù morto fra le sue braccia. E lo fissò, lo toccò, quel corpo inerte, senza vita. Ma perché uno sconosciuto ha potuto fare ciò?

Perché è toccato proprio a lui, Giuseppe d’Arimatea, vedere e toccare il corpo morto del Vivente? Uno sconosciuto è il testimone del mistero dell’umanità.

Perché colui che era venuto per portare la vita eterna è morto sulla croce. E lui lo ha visto. E lo ha persino toccato.

Perché colui che aveva guarito i ciechi e sanato i lebbrosi è morto. E lui ne è testimone.

Perché ha sfilato i chiodi dalle sue mani fredde. Dalla morte.

 Perché colui che ha risuscitato Lazzaro è stato colpito al costato da una lancia. E lui è lì a rendere testimonianza. E non può dire altro che tutto ciò è vero. SI Gesù è morto. Lui lo può dire. Ha cercato il suo sguardo ma non lo ha trovato. Ha sentito la sua pelle fredda. Come quella di un morto.

 Perché Lui, il Vivente, era morto.

Che pena dev’essere stato per i dodici (gli undici) rammaricarsi per non essere stati presenti alla morte del loro maestro. Si è vero, Giovanni lo aveva visto morire sulla croce, ma non era stato lui a sfilare i chiodi dalle mani del Signore. Anche lui come gli altri aveva lasciato ad uno sconosciuto che toccasse il corpo morto di Gesù.

(18 Aprile 1992, Sabato Santo)

 

AL MATTINO PRESTO SI ALZO'

 



Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava (Mc 1,35). Non si alza a pregare la persona che il cuore appesantito dai sensi di colpa, di chi ha la coscienza sporca. Il male, il peccato tiene lontana la persona dal rapporto con Dio. Per questo, si fa fatica a pregare quando si è percorsa la strada del male. È un grande dono essere così liberi interiormente da alzarsi al mattino e mettersi in ascolto del Signore, davanti a Lui. Gesù sin dal mattino cerca il Padre, perché ogni su azione, ogni suo pensiero è modellato dalla relazione con Lui. Ecco perché, poi, lo troviamo anche alla sera immerso nella preghiera. Ci vuole tanta trasparenza per cercare sin dal mattino in volto del Signore e stare alla sua presenza.

Ci vuole l’anima di un bambino, come Samuele nella narrazione della sua vocazione in 1 Sam 3, così come è proclamata oggi dalla liturgia. “Samuele, Samuele”. E il bambino subito corre. Volersi bene significa sistemare quotidianamente la propria vita in modo tale da essere continuamente pronti agli appelli che il Signore rivolge. Mantenere i propri pensieri, le proprie scelte nell’orizzonte della volontà di Dio e non permettere che il cuore si attacchi a cose vane, come diceva Simone Weil. È questo il compito alla nostra portata, perché sta a noi sistemare il terreno accidentato della nostra vita, colmare le valli di scelte sbagliate, raddrizzare le situazioni negative (cfr. Is 40): il resto ci pensa Lui. È una certezza della vita di fede sperimentata nel vissuto quotidiano. 

lunedì 10 gennaio 2022

SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO/C

 



(Is 62,1-5; Sal 96; 1 Cor 12,4-11; Gv 2,1-11)

 

Paolo Cugini

 

Dopo il periodo delle feste di Natale la liturgia riprende con il tempo comune. Questa osservazione è, senza dubbio, la chiave di lettura per comprendere le letture che ci sono state presentate e, in modo particolare, il brano di Vangelo. L’inizio del tempo comune invita a guardare con chiarezza alla novità di Cristo, a puntare lo sguardo su di Lui che, come dice l ‘autore della lettera agli Ebrei, è: “l’autore e perfezionatore della nostra fede” (Eb 12,2). Questo invito presuppone la capacità di scrollarsi di dosso la religione del passato, tutto ciò che troviamo nell’Antico Testamento, non perché vada buttata via, ma perché Gesù Cristo l’ha portata a compimento e, sempre come dice l’autore della lettera agli Ebrei: “Dio parla di un'alleanza nuova, e perciò dichiara superata l'alleanza precedente. E quando una cosa è antica e invecchiata, le manca poco a scomparire (Eb 8,13).

“In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù” (Gv 2,1).

La festa di nozze come il simbolo della vita di fede nel Signore. Sappiamo che i profeti annunciavano la venuta del messia come una festa di nozze. Nella festa descritta da Giovanni, c’è un problema: manca il vino, vale a dire che manca la gioia, manca l’amore. Questa mancanza è sottolineata dalle sei giare vuote.

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri(Gv 2,1).

Sei è il simbolo di un numero imperfetto e la pietra fa riferimento alle tavole della legge mosaiche scritta sulla pietra. Il vuoto di queste anfore può significare il vuoto della religione basata sull’osservanza di precetti che, mentre offrono una sicurezza psicologica per coloro che li osserva, dall’altra provocano sensi di scolpa in color che fanno fatica a seguire questo tipo di religione. L’esperienza del senso di colpa non permette all’uomo e alla donna di vivere una profonda relazione con Dio, perché viene percepito come una realtà che castiga e spaventa. La relazione con Dio veicolata dai precetti riduce il rapporto ad una mera esecuzione di compiti e non permette di vivere in piena gratuità. Le anfore sono vuote, perché la purificazione attraverso riti esteriori si è dimostrata inutile. La vera purificazione, infatti, non si fa con un rito esteriore all’uomo, con l’acqua, ma cambiando il cuore, modificando i desideri dell’anima. È questo vuoto di amore, di relazioni autentiche che Gesù è venuto a colmare. È Lui il vino nuovo che non esige più rituali, sacrifici, cioè tuto quell’armamentario religioso basato sulle prestazioni personali che alimentano la logica del merito. L’amore che Gesù è venuto a portare è una possibilità offerta gratuitamente a tutti e a tutte. C’è qualcosa di nuovo che Gesù è venuto a portare ed è simbolizzato da questo evento che viene chiamato il primo dei segni.

Perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te
(Is 62,4-5).

     Questa immagine della relazione di Dio come relazione sponsale d’amore, viene ribadita dal testo del profeta Isaia scelto nella prima lettura. Ci dev’essere gioia nel rapporto con il Signore, perché è un rapporto sponsale d’amore, e non un’esecuzione di meri precetti, che generano sensi di colpa e sofferenza. Gesù è prima di tutto il Figlio amato dal Padre venuto a manifestare in che modo dobbiamo porci dinanzi a Dio, vale a dire, non come sudditi, ma come figli o anche, come sposi pieni di sentimenti di amore.

A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue (1 Cor 12,4s).

Il testo di paolo ci dice che le persone ripiene dell’amore del Signore e svuotate dalla logica del merito, vivono relazioni umane autentiche. Lo Spirito del Signore che viene donato gratuitamente, in coloro che l’accolgono aiuta a vivere in modo sereno il proprio servizio, senza invidie e gelosie. È questo il nuovo Israele, la nuova comunità do persone che si sono lasciate liberare e plasmare dallo SDpirito del Signore.

 

 

mercoledì 5 gennaio 2022

EPIFANIA 2022




(Is 60, 1-6; Sal 72; Ef 3, 2-6; Mt 1, 1-12)

 

Paolo Cugini

 

La solennità dell’Epifania, che celebriamo offre innumerevoli spunti di riflessione per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Per uscire da quei luoghi comuni che accompagnano questa solennità, lasciamoci guidare dalla parola di Dio proposta dalla liturgia, per ripercorrere le tappe di quel cammino spirituale che ci può permettere di incontrare colui che è venuto a rivelare una salvezza per tutti i popoli.

Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio
(Is 60, 3-4).

       Caso unico in tutto l’A.T. si afferma che il Signore o la sua gloria sorge o spunta sopra Gerusalemme come il sole. Forse si pensa al ritorna della gloria di YHWH nel tempio, già profetizzato in Is 40,5. Tutte le nazioni sono attratte, tutta la storia gravita verso questa luce. C’è il tema della salita delle genti, che era già stato presentato in Is 49, 18-23, come anche il fatto che i figli d’Israele dispersi sarebbero stati portati in braccio dai gentili e che questi ultimi sarebbero diventati ricostruttori della città santa. È interessante il tema della luce che attrae, che ripropone il motivo del brano ascoltato nel tempo di avvento, sempre del profeta Isaia al capitolo 2. Una luce che attrae e che dà forza alle genti di dirigersi verso di lei, che esce da Gerusalemme. Sono i popoli stranieri che portano in braccio i figli d’Israele esausti dall’esilio. È una pagina in cui si supera la visione ristretta dell’alleanza come apparenza al Signore di un popolo. In realtà, la luce che esce da Israele, attrae tutti i popoli.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti.  Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri
(Sal 72).

Che cosa aggiunge il salmo 72 alla riflessione proposta da Isaia? La percezione che la luce che esce da Gerusalemme e che attrae tutti i popoli, è la giustizia di Dio che agisce come misericordia per i poveri e gli afflitti, i deboli e i miseri, per tutti coloro che non trovano aiuto. C’è tutta un’umanità in movimento, attratta dalla luce della giustizia di Dio, che agisce come misericordia, un’umanità proveniente da tutti i popoli che vede questa luce perché vive situazioni d’ingiustizia. Ci sono situazioni esistenziali che permettono di vedere la luce, altre invece che la oscurano.

le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo (Ef 3,5-6).

    Secondo Paolo c’è un mistero di Dio che Gesù Cristo ha rivelato con la sua venuta in mezzo a noi. Questo mistero è il sogno di Dio di una comunione universale di tutti i popoli, con la partecipazione alla stessa promessa. Lo strumento che Dio utilizzerà per questo prodigio è il Vangelo. Non si tratta, dunque, di elaborare uno statuto, un trattato di pace, ma di compiere quel cammino proposto dal vangelo, che esige la conversione personale, che altro non è che il fare spazio alla Parola di Gesù, potenza di Dio, capace di orientare i dispersi, e rafforzare le ginocchia infiacchite dal viaggio.

Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 1, 11-12).

Chi cerca trova. Il grande prodigio, la grande rivelazione del mistero di Dio svelato dalla nascita di Gesù, avviene fuori, non a Gerusalemme. Sono degli stranieri a trovare il Signore e ad adorarlo e non il re. Quanti risvolti esistenziali posseggono questi dati! Quante volte dobbiamo ascoltare questi brani per percepirne la loro attualità? 

lunedì 3 gennaio 2022

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 14

 



 

1-7. Paolo e Barnaba a Iconio. La missione si svolge più esplicitamente a favore dei greci e non più solo in presenza dei “timorati di Dio”. La missione presso i gentili è voluta da Dio (v. 3) nonostante l’opposizione giudaica, come provano i segni divini: i miracoli e la parresia apostolica.

1.Narrazione di una predicazione che ha successo in sinagoga.

2. L’annuncio del Vangelo non lascia indifferenti. Non tutti ii giudei si convertono o si oppongono.

3. la caratteristica della predicazione è la franchezza e la libertà nel parlare. Dio agisce per mano di Palo e di Barnaba, come ha fatto con i Dodici. C’è dunque, una continuità tra il collegio dei Dodici e la Chiesa degli inizi.

4. Problema: come mai Luca dà il titolo di apostolo a Paolo e Barnaba? Risposta: Lc segue una fonte, la tradizione antiochena, che dava il titolo di apostolo ai missionari itineranti inviati dalla comunità; se il titolo sarà assente nel resto degli Atti, è perché Paolo non sarà più legato, come missionario, alla Chiesa di Antiochia.

5-7: Paolo e Barnaba sono venuti a conoscenza del complotto e con la fuga, sono riusciti ad evitare il pericolo. La persecuzione non è evitata con un miracolo, ma con la fuga, che è intesa come obbedienza ad un ordine del Signore (Lc 9,5; 10, 10).

 

8-20: Barnaba e Paolo a Listra. La tappa a Listra segnala un progresso nella missione degli apostoli: per la prima volta Paolo e Barnaba si rivolgono a pagani veri e propri, non quindi legati ad una sinagoga, com’erano i “timorati di Dio”. L’impatto è con il paganesimo popolare e con i problemi che esso suscita nella missione. Il racconto della guarigione dello zoppo è breve e segue la struttura tradizionale dei racconti di miracolo. È molto simile alla guarigione dello storpio di Pietro (At 3). Secondo gli studiosi, diversi elementi presenti in questo episodio provengono, con ogni probabilità, da tradizioni locali della Licaonia. È difficile che la reazione della folla così com’è descritta, sia avvenuta realmente. Serve da contrasto per mettere in evidenza la reazione degli Apostoli: il rifiuto assoluto di essere considerati divinità.

9. Il legame diretto tra ascolto e fede indica che Luca, utilizzando il verbo zozein, non pensa soltanto alla guarigione fisica, ma anche alla salute spirituale, alla salvezza vera e propria di cui la guarigione è segno.

10. La gran voce come il vedere sono segni dell’apostolo che ricevuto lo Spirito.

11. Lc mostra la reazione di persone giudaiche incolte. Gli apostoli vengono acclamati come divinità. I rapporti tra mondo divino e mondo umano erano facili nella religiosità ellenistica.

15. Per la prima volta Paolo si rivolge ad ascoltatori pagani, per questo non vi sono citazioni bibliche esplicite, né allusioni alla storia d’Israele, né risonanze dell’attesa messianica. Sono anche assenti il nome di Gesù e il kerigma di Paolo. Il breve discorso vuole essere una risposta alla confusione tra Dio e uomo creata da parte dei presenti.

16. Il fatto che gli abitanti consideravano Paolo e Barnaba delle divinità, dice della loro ignoranza sul vero di Dio. Lc vuol far prendere coscienza del pericolo di confusione presente nel mondo pagano.

17. Il discorso continua con un richiamo alla divina provvidenza. Lc sottolinea come tutti gli uomini, osservando la natura, possano constatare che il vero Dio, è un Dio vivente e buono e non una divinità senza vita. Alcuni sostengono che l’attenzione rivolta sul Dio che dà alle piogge potrebbe far riferimento al culto locale di divinità della pioggia, della fertilità e della vegetazione.

19. in questo brano strano, che narra la lapidazione di Paolo, a Lc interessa mettere in evidenza alcuni punti già presenti negli Atti: quello della persecuzione degli evangelizzatori, dell’opposizione giudaica alla diffusione del vangelo, della protezione divina sugli apostoli.

20. È strana l’assenza di Barnaba. Tutto si svolge con estrema rapidità.

21-28: Conclusione del primo viaggio missionario. Sono versetti di carattere sommario. Paolo e Barnaba ripassano per quelle città in cui erano stati cacciati. Per mezzo di questo primo viaggio Lc è riuscito ad esporre le problematiche che saranno discusse nel paragrafo successivo, vale adire il Concilio di Gerusalemme: l’esistenza in terra pagana di comunità nelle quali convivono pagani-cristiani e giudeo-cristiani.

22. Si tratta di fortificare i convertiti nella nuova esistenza incominciata. Lc espone la necessità della sofferenza come condizione della salvezza. Le tribolazioni dovute alle persecuzioni non appartengono solo ai missionari, ma a tutti i credenti. È la vita conforme a quella di Gesù che porta a questo stile, a incorporare la sofferenza nello stile della vita cristiana. Gesù con la sua esistenza ha aperto la via che porta alla glorificazione. Per la scelta di vita fatta, il cammino del cristiano sarà seminato di difficoltà e di sofferenze, ma Dio conferisce a queste sofferenze un significato salvifico: le stesse tribolazioni diventano sorgente di forza e di speranza.

23. Per consolidare le comunità nella fede vengono costituiti anziani o presbiteri, sul modello della chiesa di Gerusalemme, che esprime la continuità con le origini. Gli anziani sono designati dall’autorità – Paolo e Barnaba – e non dalla comunità. Sembra che siamo in presenza di un rito di ordinazione.

27. Paolo e Barnaba comunicano la propria esperienza. Dio ha aperto la porta alla fede dei pagani. Le esperienze missionarie di Paolo e Barnaba hanno potuto rafforzare la comunità di Antiochia nella sua convinzione già presente prima, che è volontà di Dio accogliere i pagani senza la circoncisione e la sottomissione alla legge mosaica.

28. Dopo il viaggio missionario, la comunione di vita con i fratelli.