sabato 5 dicembre 2020

CONSOLATE CONSOLATE IL POPOLO MIO! SECONDA DOMENICA DI AVVENTO B

 



Paolo Cugini

 

Egli preparerà la tua via” (Is 40, 3). C’è una proposta di grande speranza nelle letture di oggi. Da una parte c’è un’umanità che non riesce a strutturarsi nel bene, dall’altra ci sono i profeti che vedono cose nuove, strane, tutte all’opposto di ciò che si penserebbe e che ci si aspetterebbe. I profeti sono persone che vivono una particolare esperienza esistenziale, che vedono cose che gli altri non vedono, che cercano qualcosa che l’umanità non considera, che hanno gli occhi spalancati su ciò che l’umanità li ha chiusi. E allora vedono l’invisibile, l’impercettibile, percepiscono un cammino nascosto dentro la storia, un cammino di vita nuova in mezzo a situazioni vecchie, un cammino non condizionato dall’egoismo umano, ma da una qualità di vita diversa e per questo viene chiamata: via del Signore. C’è questo cammino nuovo che siamo invitati a percorrere all’inizio di questo nuovo anno liturgico, cammino che forse a tratti abbiamo già percorso, ma che probabilmente non siamo riusciti a gustare fino in fondo, perché distratti da altri cammini ritenuti superficialmente più allettanti perché più immediati. E allora, il grido che oggi esce dal deserto è quello di riscoprire la bellezza di una relazione nuova, che esige attenzione, riscoprire il gusto di una vita piena che viene non dai calcoli dei propri sforzi, ma dall’accoglienza umile del dono di un sorriso, di un abbraccio, di uno sguardo del fratello e della sorella accanto a noi. Piccole cose, ma che dicono che la grandezza di quello che noi chiamiamo Dio è passata attraverso le parole, gli sguardi e le attenzioni del suo figlio amato per coloro che gli erano vicini. Accogliendo il suo Spirito c’impegniamo a fare altrettanto. È questo quel cammino nuovo che, non a caso, veniva identificato con la Chiesa che, prima di essere un edificio o una gerarchia, è uno stile di vita.




Consolate, consolate il popolo mio” (Is 40,1). Come fa l’anima rimanere insensibile dinanzi a questo annuncio? C’è un desiderio percepito dal profeta di curare la vita ferita del popolo d’Israele, umiliato nella terra d’esilio. Da dove viene questo desiderio? Il profeta lo coglie come un volere di Dio. C’è una volontà di vita autentica che è dentro la storia e che è più forte delle debolezze umane, dell’incapacità dell’uomo e della donna di vivere bene la propria vita. C’è qualcosa di più forte del male dell’uomo e della donna e questa forza positiva è colta dal profeta come realtà sovrasensibile, come qualità spirituale indistruttibile. Non solo, ma questa consolazione che viene dal cuore della storia e che ha il sapore della misericordia del Dio che è Madre e Padre, s’inserisce nel desiderio di pace dell’uomo e della donna e per questo viene percepito con una gioia immensa. “Tutti gli uomini insieme la vedranno” (Is 40, 5). Per chi nella vita è già passato da esperienze di esodo, di esilio, di fuga da situazioni di violenza, sa come da queste terre altre, la mente e il cuore umano rimangano avvinghiate al proprio passato, nella speranza continua di tornare alla terra natale. Il grido di consolazione lanciato da Isaia è diretto al popolo d’Israele in esilio a Babilonia, risuona nel cuore dell’umanità di tutti i tempi, quell’umanità che non accetta le situazioni violente e aggressive come un destino inoppugnabile, ma che cerca con tutte le forze esistenziali e spirituali un futuro che assomigli il più possibile al passato di gloria infisso nella memoria. C’è un desiderio di vita autentica dentro al cuore dell’umanità, che coincide con il desiderio del Dio della rivelazione manifestato nel Suo Figlio Gesù, un desiderio di amore infinito che non può che donarsi continuamente perché è donandosi che genera vita. La Parola che ascoltiamo nelle liturgie è un continuo richiamo a quella vita autentica manifestatasi nel Figlio e che sentiamo profondamento nostra, nonostante tutto. E’ questa, allora, la nostra consolazione, vale a dire, che quel desiderio di vita che abbiamo nel cuore e che spesso non riusciamo ad esprimere, verrà manifestato definitamente dal Figlio ad un livello così alto che ci sarà donato gratuitamente dal Suo Spirito.




Preparate la via del Signore” (Is 40,3). E’ così grande il dono che arriva annunciato dal profeta, la consolazione insperata, che all’uomo e alla donna non tocca altro che prepararsi a questo dono. Il dono precede lo sforzo e, in un certo senso, lo sostiene e lo orienta. Cogliere questo dettaglio è di fondamentale importanza per non far scivolare il discorso sul piano morale che provoca i sensi di colpa, tipici di una prospettiva religiosa. Anzi, se c’è una prospettiva che queste pagine della seconda domenica di avvento vogliono sottolineare, è proprio questa uscita dalla prospettiva religiosa per entrare nella dimensione della fede che, invece di sacrifici, sforzi, esige amore, accoglienza, gratitudine. Uscire dalla logica religiosa, significa quindi abbandonare la logica del merito per entrare nella relazione materna e fraterna della vita in Cristo. E infatti, non è un caso se il popolo d’Israele per trovare una nuova relazione con Dio esce da Gerusalemme dove c’è il tempio, che simbolizza la religione per antonomasia, ma che non è stata in grado di riempire di senso la vita del popolo, e va verso il deserto per ascoltare la voce di un profeta: Giovanni battista, che incarna il nuovo Elia (a questo punto si potrebbero fare delle attualizzazioni stupende: le lascio alla fantasia dei lettori). “Accorrevano a lui tutta la regione della giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme” (Mc 1, 5). D’ora innanzi, il senso di una vita piena, che consiste in relazioni umane fondate non sul merito, ma sul dono di sé, proprio come ci mostrerà Gesù, che non a caso Marco definisce figlio di Dio e non di Davide, per indicare una netta presa di distanza dal dio violento e guerriero del re di Gerusalemme, mostrando in questo modo il volto nuovo di Dio che verrà presentato dal suo Figlio, l’amato, il volto della misericordia, della pace, che si diffonde nell’umanità attraverso il dono del suo spirito. “Egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1,8).

 

 

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