Domenica XXIX/B
(Is
53,2a.3a.10-11; Sal 32; Eb 4,14-16;Mc 10,35-45)
Paolo Cugini
1.La liturgia di
oggi ci pone innanzi alcuni versetti che ci dovrebbero aiutare a trovare le
risposte a quegli interrogativi che spesso riempiono le nostre riflessioni,
soprattutto nei momenti di confusione, quando non sappiamo bene che cosa
scegliere, che cammino percorrere nella vita. Quante volte ci siamo interrogati
sul senso della nostra vita cristiana, sullo specifico della nostra identità di
Figli di Dio, di discepoli del Signore. Domande ancora più importanti in questo
mondo in continua e rapida trasformazione, che spesso ci trova impreparati e
confusi, incapaci di dare una risposta significativa e cristiana ai problemi
emergenti. Ci si affida, allora, al senso comune, ci s’immerge nelle idee di
tutti, soprattutto quelle forti e chiare, che in apparenza nessuno può mettere
in discussione, noncuranti del male che possono fare a coloro che, dai giudizi
di tali parole forti, vengono colpiti.
Anche la Chiesa
Italiana, in questi giorni a Verona,
in occasione del IV° Convegno
ecclesiale, si sta interrogando sul significato della presenza cristiana
nella storia e nella vita quotidiana. Cerchiamo, allora, nelle letture di oggi,
alcune risposte a questi problemi, per riuscire a vivere nel mondo quella
“differenza” che lo Spirito Santo, ricevuto nel Battesimo, ha immesso in noi.
2.
“E
gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli:
‘Concedici di sedere
nella tua gloria uno alla tua destra e
uno alla tua sinistra’” (Mc 10, 35.37).
Fa
abbastanza impressione la richiesta a Gesù dei figli di Zebedeo. Infatti, da
persone che da qualche tempo sono al seguito di Gesù, ci si attenderebbe
richieste differenti, un po’ più spirituali. E invece troviamo Giacomo e
Giovanni nella nostra stressa situazione, la situazione di coloro che pensano
solo a sé stessi e che non hanno ritegno di coinvolgere in questo ripiegamento
egoista anche Dio, la religione, tutto. Giacomo e Giovanni avvicinandosi a Gesù
per esprimere la richiesta di sedere alla sua destra e alla sua sinistra alla fine dei tempi, dimostrano che cosa ci
sia nel cuore dell’uomo, anche di coloro che hanno le più belle e profonde
intenzioni. Il realismo di questi versetti del Vangelo, rivela così il cammino
che dobbiamo compiere: uscire dal nostro egoismo, dal nostro narcisismo, da
quella vita meschina ripiegata su noi stessi, che non ci permette di vedere al
di là del nostro naso e ci fa sentire il centro del mondo, del nostro piccolo
mondo. Gesù è venuto per salvarci, liberarci da questa situazione di cecità e
di morte: missione difficilissima che gli è costata la morte. L’uomo, infatti,
chiuso nella sua presunzione, credendo di vedere e di essere libero, non accetta di essere
curato: si ritiene già salvo. Anche in coloro che, come Giacomo e Giovanni, sono in un cammino
spirituale, si annida il male dell’egoismo che tende a mettere tutto a servizio
dei propri progetti mondani, progetti meschini della piccola gloria umana. Come
uscire da questa prigione di morte?
3.
“Allora
Gesù chiamateli a sé disse loro: ‘ Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi
delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di essi il potere. Fra
voi, però non è così’” (Mc 10, 42-43a).
“Fra voi non è così”.
C’è un modo specifico della vita cristiana, c’è una “differenza” che deve
essere espressa e vissuta, “differenza” che non è alla portata degli sforzi
umani, non è acquisita dalla natura, non è contenuta nel DNA, ma che è frutto
dello Spirito Santo che riceviamo. La vita cristiana è, allora, un lungo,
lunghissimo cammino che dalla vita egoista, centrata su di sé, tenta con
sofferenze di uscire per incamminarsi nella difficile strada della donazione di
sé, che è la strada dell’amore. Strada che il cristiano non percorre da solo,
ma che realizza assieme a quelle persone che il Signore pone nel cammino. “Fra voi non è così”, indica una
differenza qualitativa nelle relazioni interpersonali, che non possono più
essere impostate seguendo la logica del mondo, che è la logica del potere,
della supremazia sull’altro, logica della forza che schiaccia il più piccolo e
non s’interessa delle conseguenze della propria arroganza. Il “Fra voi non è così” indica che d’ora
innanzi al centro c’è l’altro, la persona che non deve essere dominata, ma servita,
non deve essere soggiogata, ma amata.
“ Chi vuole essere grande
fra di voi si farà vostro servitore, e chi vuole essere il primo fra voi sarà
il servo di tutti” (Mc 10, 43b-44).
Leggendo
un versetto così forte, così “diverso”, viene da chiedersi se, in duemila anni
di storia cristiana, si sia mai visto qualcosa del genere. E non è una
riflessione polemica, ma realista, di quel realismo che dinanzi alla Verità di
Gesù, che tocca in profondità il cuore dell’uomo e di tutta l’umanità, scopre
allo stesso tempo la gravità e la radicalità del nostro peccato, della nostra
schiavitù, dell’egoismo che ci fa schiavi di noi stessi, che non ci permette di
vedere negli altri dei fratelli e delle sorelle, ma solo dei rivali da
abbattere, da calpestare, da superare. E’ ciò che accade non solo nel mondo del
lavoro, ma anche tra giovani, tra gli stessi bambini e anche negli ambiti che
meno ci si aspetterebbe di vedere l’egoismo umano all’opera e cioè negli
ambienti religiosi. Questi bellissimi, profondi e ricchissimi versetti
dovrebbero insegnarci che, dinanzi al Signore e alla sua Parola, dobbiamo
imparare a non scandalizzarci più di nessuno perché, alla fine dei conti, siamo
tutti sulla stessa barca, che è una barca di disgraziati, di perduti e che solo
il Signore con la sua infinita misericordiosa ci può salvare. E’, infatti, a
questo punto del discorso che possiamo finalmente alzare lo sguardo sul Signore
Gesù e chiedergli di manifestarci qualcosa della sua identità, per poterci
aggrappare a Lui.
4.
“Il
Figlio dell’uomo, infatti, non è venuto per essere servito, ma per servire e
dare la propria vita per noi” (Mc 10,
45).
La
grandezza di Gesù non possiamo pretendere di misurarla con criteri umani; non
possiamo ricercarla con riflessioni umane: è una grandezza la cui comprensione
rimane fuori dalle nostre possibilità umane. Gesù, infatti, è divenuto grande
agli occhi di Dio ed è stato rivestito della gloria di Dio là dove l’uomo si
aspetterebbe solamente umiliazione e frustrazione. Per questo è necessario un
cammino di conversione, che è un cammino di spoliazione, di abbandono delle
categorie umane (cfr. 1 Cor 2-3).
Se non c’è un cammino di discepolato, di
disposizione a seguire Gesù che è allo stesso tempo la disponibilità a
lasciare, abbandonare la mentalità del mondo, l’uomo vecchio schiavo delle
passioni mondane (Col 3,1ss), del Signore non si capisce praticamente nulla. E
quando del Vangelo non si capisce nulla, si comincia a trasferire la logica del
mondo sulla Parola di Dio o ad appropriassi di contenuti evangelici per
giustificare la propria pigrizia.
Gesù,
allora, non è grande perché aveva molto potere politico o perché possedeva
molti beni; al contrario, Gesù è grande agli occhi di Dio perché ha fatto della
sua vita non una salita, ma una discesa, non la ricerca di sé stesso, ma si è
rinnegato, ha rinnegato la propria vita, si è spogliato della sua divinità ,
Lui che era Dio si è fatto simile a noi per servirci.
Parole
impressionanti che trovano una conferma anche nella profezia di Isaia che
abbiamo ascoltato nella prima lettura.
“Disprezzato e reietto
dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al
quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima” ( Is
53, 3).
Gesù
è venuto al mondo e non ha fatto nulla per attirare attenzione. Si è nascosto
in una vita umile. Ha affrontato i presunti potenti del mondo smascherando le
loro ipocrisie, per aiutare l’umanità a non avere paura di coloro che si fanno
forti abusando del loro presunto potere. Gesù, indicandoci il cammino con la
sua Parola e la sua vita, ha infuso in noi il coraggio di vivere in un modo
differente. Mettendosi al nostro servizio con umiltà, ha risvegliato in noi la
nostra dignità di figli e figlie di Dio. Ed è questo coraggio, questa Vita,
questa Forza, questa dignità che noi riceviamo nei sacramenti, non per stare
seduti, ma per alzarci e sforzarci di vivere come lui ha vissuto, per
sconvolgere l’arroganza del mondo con la semplicità, l’umiltà e l’amore di
Gesù.
Sia
ciò il frutto della nostra Eucaristia domenicale.
Nessun commento:
Posta un commento