sabato 22 dicembre 2018

AMORE COME DONO





Omelia Matrimonio Marco e Sara
Cogruzzo 12luglio 2008
(Mt 10, 16-23)

Schema dell’omelia


1.     Lettura del libro; “L’ospite inquietante” di Galimberti. Questo ospite sarebbe il Nichilismo, che è m problema culturale e non esistenziale.

2.     Le risposte di Galimberti al problema del nichilismo e le risposte che la cultura offre.
3.     La risposta più vera sta in ciò che stiamo celebrando e cioè l’amore.
4.     Caratteristiche dell’amore:

1        Si presenta come dono (non l’avete ricercato ma vi è stato donato).
·        il dono è gratuito
·        esige il ringraziamento
·        il dono ha delle caratteristiche proprie che esige risposte specifiche, corrispondenti al dono.
·        Libera dalla solitudine.

2        É una forza vitale che riorganizza la vita (sia materiale che spirituale).
3        È una forza intenzionale (offre una direzione).

5.     Il Matrimonio è un invito a vivere il vostro amore non in qualsiasi modo, ma con un criterio e una modalità ben chiara e cioè come Cristo ci ha amato. Per questo è importante il sacramento perché vi viene oggi riconsegnato il significato del dono che vi è stato dato, che è l’amore. In che modo, allora dovete amare? Come Cristo: ottimo. E allora com’è che Cristo ha amato l’umanità?
  Donandosi
  In un modo disinteressato
  Con la costante attenzione all’altro
  Per questo diventa importante nella sua esistenza il tema del perdono.
  L’amore del Signore esige la condivisione: si protegge donandolo (quello che ascoltate nell’oscurità gridatelo sui tetti).

6.     Non abbiate paura!” (Mt 10, 28). Oggi Gesù lo dice a voi: non abbiate paura di vivere il matrimonio come il Signore vi chiede di farlo. Abbiate coraggio di donarvi, di amarvi in modo disinteressato, di cercare sempre l’altro prima di se stesso, di condividere tutto quello che siete e avete.



AMORE



Omelia nel giorno del matrimonio di Matteo e Micheline


1. L’amore come ospite desiderato da tutti, ma che arriva quando vuole. L’amore si presenta con la novità di un dono inaspettato, inatteso. Viene al nostro incontro senza chiedere permesso: arriva e basta. Necessita, però di essere riconosciuto, accolto. È incalcolabile il suo arrivo nella stessa misura in cui è desiderato. Il paradosso dell’amore: tutti lo vogliono, ma accade in modo improvviso e senza chiedere permesso e senza tenere conto delle condizioni di nessuno. Arriva e pronto: lo puoi solo accogliere. Quando arriva è una forza inarrestabile. È come se vi foste riconosciuti immediatamente, come se colui e colei che stava passando corrispondeva ai tanti sogni fatti nel passato. L’amore quando arriva rovescia la vita, la riorganizza. È come se quello che avevamo fatto sino a quel giorno non valesse niente, come se fosso una preparazione a questo evento.

Chi prova a difendersi rimane segnato negativamente per tutta la vita. Chi lo rifiuta passare il resto dei sui giorni a rammaricarsi per averlo fatto, per non essere salito sul treno che è passato nella propria vita e che invocava solamente di salire. Quanti passano il resto della vita rammaricandosi di quel biglietto strappato in un momento di totale smarrimento di un treno che non tornerà a passare mai più. Voi invece su quel treno siete montati su subito, senza farvi troppo pregare.

L’amore è la miglior medicina al male del mondo Occidentale: la solitudine. Non c’è balsamo migliore per curare le ferite profondissime che la solitudine scava nell’anima delle persone sole. Due persone che si amano sono innanzi tutto due persone guarite dal male della solitudine. L’altro che il Signore vi ha donato, sarà d’ora innanzi il motivo che darà forza alle vostre lotte, ai vostri sacrifici, al perseguimento dei vostri ideali. Lo farete pensando a lui, a lei. D’ora innanzi avrete un fantastico motivo per cui vivere. Credete, non è roba da poco.

2. A questo dono avete deciso di dare un contenuto con le letture che avete scelto. Che cosa sono allora le beatitudini che abbiamo ascoltato se non la narrazione dei tratti dell’umanità di Gesù? Umanità che è impastata d’amore e che genera amore in ogni suo gesto e movimento. E infatti, come fai ad essere un costruttore di pace i un mondo alimentato dall’odio e dalle divisioni se non hai il fuoco dell’amore di Dio dentro di te? Come puoi essere assetato di giustizia, vale a dire, del desiderio di un mondo di persone uguali e che ti conducano a lottare contro ogni forma di discriminazione e disuguaglianza, se non bruci dentro la tua anima il fuoco dell’amore di Gesù, che è morto a causa di questo? E ancora, come potrete resistere alle persecuzioni provocate dall’impegno per un mondo più giusto

Conclusione: l’amore è anche un atto di fede verso una persona. L’amore si alimenta e alimenta questa reciproca fiducia. Abbiate l’umiltà e la tenerezza di non spezzarla mai, per nessun motivo al mondo. Buon cammino. Auere, bom vojage,

giovedì 20 dicembre 2018

NATALE OVVERO L'ADDIO ALLA VERITÀ




(omelia della Vigilia di Natale 2018)

Paolo Cugini


È bello riascoltare i vangeli dell’infanzia, soprattutto quelli narrati da Luca, perché ci aiutano a ritornare al punto zero, all’inizio di una storia che ha molto da dire a noi e alla nostra civiltà. È bello riascoltarla e rivisitare il presepio per capire se l’abbiamo visto bene o se ci è sfuggito qualcosa. Siamo così abituati a vedere le cose che spesso il nostro guardare è così filtrato dalle nostre pre-comprensioni, che non riusciamo più a cogliere la novità, a guardare l’oggetto per quello che è e non per quello che pensiamo già di sapere. Credo che capiti la stessa cosa con il Natale di Gesù, una festa così farcita da tradizioni da non permetterci più di coglierne la novità. Proviamo, allora, a mettere da parte ciò che sappiamo, ciò che crediamo di sapere e avviciniamoci ad osservare il presepio, per lasciarci consegnare qualcosa che questo evento ha voluto dire e continua ad ispirarci.

Mi avvicino allora, al presepio e vedo il bambino Gesù nella mangiatoia. Quel bambino non è solo il figlio di Giuseppe, che viene dalla dinastia di Davide, realizzando in questo modo le profezie messianiche ascoltate nel tempo dell’avvento. Gesù è anche il figlio di Maria che è gravida per opera dello Spirito Santo. Quel bambino che giace nella mangiatoia non porta a compimento solamente un processo storico, che lo fa simile ad ogni uomo e ad ogni donna, che hanno dietro di loro una genealogia, ma è anche il dono del cielo. Quel Bambino è Dio. Come sappiamo questo dato, che chiamiamo incarnazione, è l’aspetto più originale del cristianesimo, che ancora oggi fa tanta fatica ad essere accolto e vissuto come un dono. Gesù è il dono di Dio per l’umanità e rivela che Dio smette di essere un’idea astratta – il dio dei filosofi – e diventa il Dio con noi, che è in mezzo a noi. Che cosa vuole dire?

Se questo è vero, quel bambino è portatore di alcune novità che bisogna tener conto. A partire da Gesù, l’essere di Dio non è più in un’idea astratta, uguale per tutti, che può essere definita in modo oggettivo e compresa con la ragione, ma è un evento. Se l’essere di Dio è in quell’evento che si chiama Gesù, allora il suo essere può venire colto da sguardi differenti e in modi differenti. Con Gesù, Dio cessa di essere un’idea assoluta, astratta, oggettiva, ma diviene evento, soggetto storico, persona percepibile ai sensi e, quindi, interpretabile. A partire dall’evento Gesù, per dire Dio occorre sempre declinare il punto di vista a partire da cui lo osservi e, quindi, lo comunichi. Ecco perché, a mio avviso, i vangeli dell’infanzia insistono nel contestualizzare l’evento. “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse un censimento” (Lc 2,1s). Se l’essere di Dio entra nella storia e si consegna all’evento, significa che per coglierlo devo conoscere il contesto storico e culturale. Non è possibile dire la verità di Dio in Gesù senza le coordinate storiche e culturali. È stato Dio a consegnarsi in questo modo e, quindi, va rispettato. Quali sono le conseguenze di questo nuovo modo di pensare Dio?

In primo luogo, se l’essere di Dio è in un evento, acquistano valore i sensi: lo vedo, lo ascolto, lo tocco. Vengono alla mente le parole di Giovanni quando, nella prima lettera inizia il prologo affermando: “Quello che abbiamo visto e udito e le nostre mani hanno toccato, noi lo annunciamo a voi” (1 Gv 1, 1s). L’evento Gesù non può più essere narrato come una teoria, un concetto filosofico. Non può più essere comunicato come si comunica una dottrina, vale a dire qualcosa d’imparaticcio appreso a memoria. Con l’evento del Natale posso dire Dio solamente attraverso un’esperienza storica, filtrata dai miei sensi, vale a dire un’esperienza personale. I vangeli sono la consegna di Dio attraverso l’esperienza di persone concrete che hanno visto il Signore, che sono stati con Lui. I vangeli non sono una dottrina, ma la comunicazione di un’esperienza personale che invitano chi l’ascolta a fare lo stesso tipo di esperienza, vale a dire ad incontrare il Signore, ad ascoltarlo, vederlo, sentirlo. La prima conseguenza immediata dell’evento del Natale è che per conoscere Dio occorre incontrarlo, ascoltarlo, vederlo, toccarlo. Dopo Gesù, l’essere di Dio non si dona in un’idea astratta, che esige il pensiero per coglierlo, ma in una persona che richiede il coinvolgimento dei sensi, compreso il sentimento e, senza dubbio, anche la ragione per formalizzare l’esperienza e poterla narrare a qualcuno. È quello che esprime il grido di Andrea che si dirige pieno di gioia a suo fratello Pietro dicendo: “abbiamo trovato il messia!” (Gv 1,41). È lo stesso che disse Filippo a Natanaele incredulo: “Vieni e vedi” (Gv 1, 46).  Molto più forte è l’espressione dei discepoli che, dopo aver visto il Signore risorto, dicono a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore” (Gv 20,25). Il Natale ci consegna un Dio che non si può più apprendere come una teoria filosofica, perché non sta più in cielo, ma è vivo in mezzo a noi: è una persona.

A questo punto si comprende molto bene come l’essere di Dio si affida all’interpretazione di qualcuno che ha visto l’evento. A partire da Gesù non è più possibile dire Dio, narrarlo, in un modo univoco. Non esiste un’unica narrazione di Gesù, perché è un evento che si è donato all’esperienza sensibile di ogni persona. Ecco perché i Vangeli sono quattro e non uno. Ogni narrazione sull’evento non escluda l’altra, ma tutte sono necessarie perché ognuna coglie un aspetto di Dio. La comunità cristiana che pone al centro l’evento di Gesù Cristo, si riconosce dal fatto che fa di tutto affinché le persone possano incontrare l’evento Gesù e poi crea le condizioni affinché le persone possano esprimere le loro narrazioni, le loro interpretazioni, quello che hanno visto, udito, toccato. La comunità cristiana è lo spazio in cui si sperimenta la pluralità delle opinioni e in cui si rispetta ogni narrazione.

Potremmo infine affermare che a Natale Dio abbandona la verità, perlomeno quella intesa in senso metafisico, per consegnarci la persona del suo Figlio Gesù. L’incarnazione è il farsi storia del Figlio di Dio, che ci libera dalla verità, determinando le condizioni in cui non si può più pensare la verità come oggettività metafisica, come rappresentazione fedele e perciò autorevole del modo in cui stanno le cose (G. Vattimo). È stato questo modo d’intendere Dio, che è la negazione di ciò che ci è stato donato nell’incarnazione, ad essere motivo di guerre e di morte. È perché s’intende la verità in modo metafisico, come una verità assoluta uguale per tutti, che non solo si pretende d’insegnare, ma la si vuole difendere ad ogni costo. Chi pensa la verità come un assioma apodittico, astratto fuori dalla storia, non accetta le interpretazioni diverse, ma anzi fa di tuto per annichilirle. La storia della Chiesa passata e recente, è purtroppo piena di queste situazioni d’intolleranza. È dal modo in cui ci avviciniamo al mistero di Dio che possiamo diventare persone terribili o buone. Lo stesso Gesù è stato vittima dell’intolleranza e della cattiveria degli uomini della religione metafisica, dell’idea di Dio astratta, un’idea unica da difendere ad ogni costo. Il Dio che è presente nella persona di Gesù ha smascherato l’arroganza dell’idolo, la violenza esigita dalla verità univoca che non accetta e non ammette differenze.


sabato 8 dicembre 2018

LA LIBERTA’ DI MARIA








Paolo Cugini

Che cosa dice la festa di oggi alla cultura post cristiana e secolarizzata nella quale siamo immersi? Assolutamente nulla, soprattutto quel tipo di spiritualità mariana filtrata dal devozionismo che fa di Maria il massimo prototipo a servizio della cultura patriarcale e maschilista. Forse, però, mai come oggi, abbiamo la possibilità di ascoltare la verità di questo testo per quello che è. E allora, si può finalmente entrare nel Vangelo che narra i primi momenti di Maria nella storia della salvezza per cogliere quello che davvero può dirci.

Che cosa esprime Maria nel testo dell’Annunciazione secondo la redazione di Luca? Prima di tutto una grande intelligenza. Porre domande, mettere in discussione è il contrario di un servilismo cieco e dimesso, come è sempre stata presentata Maria. Qui troviamo la futura mamma di Gesù in un atteggiamento critico, attento, che interroga. Se ci pensiamo bene è lo stesso atteggiamento di Gesù nel tempio che da ragazzino poneva le domande ai dottori della legge. Non si accontenta delle risposte preconfezionate. Non si accontenta della verità che è tale perché viene da un’autorità. Maria avanza con delle domande, pone questioni, apre varchi, vuole penetrare il mistero. C’è molto di Maria nello stile di Gesù.

Maria esprime, in secondo luogo, un atteggiamento di grande libertà. Pone domande non solo chi è intelligente, ma anche chi è libero. La libertà è uno spazio che conquistiamo con la nostra intelligenza, che non ci permette di stare schiacciati dentro degli schemi precostituiti. La libertà di Maria è immensa perché lo schema culturale che avvolgeva l’Israele del suo tempo durava da millenni: il sistema patriarcale. Questo sistema aveva prodotto leggi tutte a favore del mondo maschile a scapito delle donne, leggi che arrivavano persino a controllare l’atteggiamento delle donne nel tempio, nel rapporto con Dio. Maria esprime libertà nei confronti di questo modello patriarcale: non ci sta dentro e non la rappresenta. Potremmo dire che Maria è la capofila di un nuovo modello culturale femminile, che vede la donna con gli stessi diritti e doveri dell’uomo. Maria esprime un diritto di uguaglianza, duro ad imporsi nelle culture.

C’è un ultimo aspetto presente nel testo che rivela la personalità di Maria: è una donna pronta per amare. Maria alla fine del dialogo con l’angelo dice sì. Amare significa arrivare ad un sì, che dice la disponibilità a trasformare un sentimento in un progetto di vita sino alla fine dei giorni. La verità dell’amore dice dell’intelligenza che porta il sentimento sino alle soglie di un progetto di vita. L’amore quando è autentico, è anche espressione di libertà. Maria accetta la proposta dell’angelo perché la sente in sintonia con le proprie aspirazioni. Nonostante fosse promessa sposa di Giuseppe, forse coltivava nel suo cuore qualcosa di diverso che non riusciva a formalizzare. Quest’incontro con quel personaggio misterioso che il Vangelo chiama angelo, rivela a Maria una possibilità di vita che s’incontra con ciò che lei stessa sentiva nel più intimo del suo cuore, vale a dire il cammino di un amore oblativo, di una vita totalmente donata a Dio gratuitamente e per sempre.  

A differenza della tradizione secolare fatta di devozioni che ci presentano una Maria tutta modellata dallo schema patriarcale, una Maria obbediente, silenziosa, docile all’autorità costituita, qui troviamo nel Vangelo una donna forte, intelligente, libera e, per questo, capace di un amore oblativo e fedele. Più della Maria che le devozioni ci hanno consegnato, è la Maria del Vangelo che ha ancora qualcosa da dire agli uomini e alle donne di ogni tempo.

lunedì 3 dicembre 2018

ECCO VERRANNO GIORNI - RITIRO SPIRITUALE DI AVVENTO





RITIRO SPIRITUALE DI AVVENTO
CRISTIANI LGBT

DOMENICA 2 DICEMBRE 2018 – Baccanello di Guastalla

Discepoli di Gesù: un cammino di libertà

 

PRIMA MEDITAZIONE: ECCO, VERRANNO GIORNI (Ger 33,14)

C’è una prima dimensione del tempo di avvento che viene sollecitata dalle prime letture della liturgia che, perlomeno sino a metà avvento sono letture profetiche-messianiche. C’è un annuncio dei profeti per il popolo d’Israele che è rivolto al futuro, che spinge il popolo a guardare lontano, ad alzare lo sguardo, a non fermarsi a ciò che vede dinanzi a sé, ma a spingere lo sguardo altrove, oltre l’apparenza, oltre il dato immediato. È interessante e significativo iniziare l’anno liturgico in questo modo e cioè a non considerare il dato immediato, il dato materiale come l’unico possibile, come l’unico orizzonte possibile: c’è di più. I cristiani sono coloro che camminano con lo sguardo elevato, che guardano lontano, che attendono il compiersi di una promessa.

Il Natale al quale ci prepariamo ci dice che questa attesa non è vana perché si realizza in Gesù. C’è una tensione tra promessa e realizzazione che siamo chiamati a vivere. La fiducia nella Parola di dio significa abitare questa tensione, che è in contrasto con la cultura dell’immediato nella quale viviamo e siamo immersi. Questo aspetto ha alcune ricadute immediate sull’esistenza.

1.      La prima è la fede nella Parola. Fiducia nel Signore, nel Vangelo che è cammino di salvezza ed ha una parola di misericordia per tutti. Il Dio che si è manifestato in Gesù è sovrabbondanza di amore misericordioso. Os 11, Mt 9, 10-13; Gv 8, 1-11 Lc 15. E’ una Parola che dice di uno stile, che ha parole di attenzione, di accoglienza, mai di giudizio e di esclusione. E’ una Parola nuova e sconvolgente che attrae a sé. “In religioso ascolto della Parola” (DV, 1). La Parola è una semente di eternità (1 Pt 1, 22-25).

2.      È questa Parola di amore nella quale pongo la mia fiducia che mi salva: 1 Cor 15, 1-3; Ef 1,13. È la Parola che mi salva: da che cosa? Dalle parole vane, dalle parole ingannatrici, dalla menzogna camuffata di verità (Gv 8, 44).

3.      La seconda è la spiritualità dell’attesa che matura nella pazienza. L’attesa paziente è alimentata dalla fiducia nella Parola di Dio. Traducendo queste affermazioni nel contesto attuale: tutte le volte che nella mia vita presente incontro una parola di Dio mediata dalla Chiesa che è dura ed escludente

4.      Il cristiano è colui che ascolta (Dt 6,4)

5.      Il cristiano che ascolta una Parola di cui si fida, apprende a non consegnarsi alle intuizioni immediate, alla materialità del tempo presente, al qui ed ora, alla pressione di ciò che è attuale, ma con pazienza aspetta che maturino i tempi per operare un discernimento. Si tratta di fare la volontà di Dio, ma questa volontà va oltre la dottrina degli uomini, che nel tempo codificano la Parola.

6.      In questa prospettiva così delineata, il tempo di avvento dovrebbe aiutarci a maturare una spiritualità del discepolato, che indica che la vita è un cammino di liberazione dalla tirannia del tempo, dell’immediatezza e che ha come stella polare irrinunciabile la Parola di Dio.


SECONDA MEDITAZIONE
Discepoli/e del Signore sul cammino della libertà
Marco 3, 1-6: Gesù l’uomo libero. Analisi della scena
Il contesto: è un giorno di sabato nella sinagoga. (leggere Es 20; Dt 5)
I personaggi coinvolti:
ü  L’uomo dalla mano inaridita
ü  I farisei
ü  Gesù
Alzati, vieni qui in mezzo: la prima cosa che Gesù compie è porre nel mezzo colui che era in disparte. Lo pone al centro della comunità. Questo è il compito di ogni comunità cristiana: porre al centro coloro che la società mette da parte, esclude e discrimina.
È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?
Ø  Gesù, con una domanda, provoca la coscienza degli ascoltatori.
Ø  Gesù consegna agli ascoltatori un’interpretazione sui testi della legge che parlano del precetto del sabato. Quest’interpretazione rivela il senso autentico della Legge, che consiste nel liberare l’uomo, offrendogli dei cammini di salvezza. Allo stesso tempo, Gesù mostra i contenuti autentici della Legge di Dio: la vita, il bene.

Disse all’uomo: tendi la mano: Gesù libera l’uomo dal male in giorno di sabato, mostrando il senso autentico della Parola.

Domande:
·         come fa Gesù ad essere così libero?
·         Come fa a vedere oltre la spessa coltre della tradizione?
·         Come fa a vedere il cuore dell’uomo, della donna?

Cammino di Avvento per imparare ad essere persone libere, umane, che sanno discernere
La libertà evangelica:
ü  La verità vi farà liberi (Gv 8,32)
ü  2. Cor 2, 12s

Condivisione:
·         Volevo ringraziare il Signore per essere qui, per ascoltare una Parola di Speranza e d’amore. Siamo qui provenendo da situazioni particolari. Anche nelle situazioni che ci ha sconvolti il Signore è stato presente, anche più di prima. Pericolo dia avere una religione senza fede, una religione atea. Non basta osservare le norme per sentire il problema della presenza del Signore. Non incontriamo il Signore obbedendo semplicemente a delle norme. Il Signore ha fiducia di noi. Tempo di Avvento la sua Parola dev’essere al centro della nostra giornata.

·         Voglio ringraziare il Signore per essere qui, in questo posto sperduto, ma mi aveva dato un appuntamento qui. Sono commossa da questa attenzione che ha avuto per me. Povertà come occasione per chi accorgermi di chi mi vuole bene. Vivo una povertà di affetti, e qui mi sento umiliata e povera, E non ho fiducia che verranno giorni migliori. Spero di maturare una amore adulta, matura: donarmi, essere ciò che a Lui fa piacere.

·         Questo giorno è già nell’ottica della realizzazione della profezia, del “verranno giorni”. Guardando indietro mi sono accorta che Dio attraverso la via che ho percorso, mi ha portato. Ho capito che Dio vuole bene a tutte le cose, anche quando non capisco dove sono. Devo ricordarmi che ho passato un peggio e che c’è quindi un nuovo che Dio prepara. Mentre ero nella situazione negativa, capivo che sarebbero venuti giorni migliori. C’è speranza. I miei figli sono grandi e ho provato la difficoltà economica. L’obiettivo come mamma era quello di non fargli sentire la mancanza delle cose.

·         Anch’io ringrazio Dio, per questo: “verranno giorni”. Sono tanti anni che aspetto e forse dovrò ancora aspettare. È una parola che è già una consolazione.
·         Ringrazio il Signore per queste ore che mi ha dato, anche perché sono state un fuori programma. Tramite le riflessioni capisco che c’erano cose che potevo considerare fuori programma, tutto è servito, perché anche quello che poteva sembrare sbagliato è servito per capire la volontà del Signore su di me. L’ascolto delle persone è importante.

·         Mi ha colpito il contesto in cui Gesù è arrivato. Gesù interpreta le Scritture in modo nuovo rispetto alla Tradizione. Anche noi oggi facciamo fatica nei confronti della Parola e della sua interpretazione. Anche noi siamo poveri in vari momenti della nostra vita. A volte passiamo momenti di povertà in cui sentiamo il bisogno di essere messi al centro. Attenzione a tutti. I criteri per interpretare la Parola sono la vita, la giustizia, la pace, la misericordia.

·         Fammi conoscere Signore le tue vie. Nell’Avvento mettendo al centro il Signore possiamo avere lo sguardo di Gesù, che è nuovo, perché ci permette di vedere al di là delle apparenze.

·         Mi sono interrogato. Mi sono chiesto: io cosa posso fare in questo contesto, nella mia realtà? Faccio fatica a dare una risposta. Mi sono sempre chiesto che cosa posso fare di più? Il Signore non ha detto prima gli italiani: cosa posso fare? Abbiamo cercato di trasmettere ai figli la fede, ma l’hanno rifiutata. Che cosa devo fare? Mi chiedo se la strada intrapresa è quella che il Signore vuole. Perché sono in contrapposizione con quello che vivevo prima? Forse perché era un ambiente autoreferenziale, dove i problemi vengono tenuti nascosti. È un cammino che devo digerire.

·         Vivere la povertà è molto difficile. È difficile liberarmi dalla schiavitù delle cose. Mi affascina il fatto che Gesù metteva al centro la persona. Oggi siamo schiavi di regole, e giudichiamo gli altri.