Paolo
Cugini
“Vi abbiamo suonato il
flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” (Lc
7,32).
C’è una durezza di cuore
che sfida le leggi segrete della materia,
una pietra che galleggia
nel fiume della Storia,
mentre messaggi chiari come lampi
sussurrano il Mistero
è impossibile non credere,
eppure cieca resta l’anima,
cieco il cuore che non vede il visibile,
che non coglie ciò che grida
d’essere abbracciato dagli occhi.
Così vaghiamo, erranti
sulle strade del mondo,
ciechi pur col sole
a splendere sopra le nostre teste.
Ostinati abitiamo le nostre tenebre,
con la luce che ci danza intorno
com’è possibile tanta ottusità?
Da quale abisso sale
questa caparbietà che ci immerge
e ci strappa alla pace
del Mistero che ci viene incontro?
Forse è paura, solo paura
di una felicità troppo luminosa,
paura del Mistero che domanda
di aprire gli occhi
e scoprire un mondo nuovo
e ammettere la cecità,
abbracciare il cambiamento.
Allora scegliamo il buio
invece della luce,
camminiamo tra ombre
invece di correre
sotto il sole,
ci chiudiamo nel guscio
per non aprirci alla vita.
Chi si abitua all’oscurità
la confonde con la realtà,
chi trascura la luce del Mistero
si condanna a una vita povera,
piccola e misera.
Eppure, basterebbe poco:
aprire gli occhi per un istante,
spalancare le braccia
alla vita che attende.
C’è ancora tempo
per questo piccolo gesto
capace di rivoluzionare
il nostro cammino.
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