Una
riflessione sul valore della sostanza, tra riti e vita autentica
Paolo
Cugini
I pubblicani e le
prostitute vi passano avanti nel regno di Dio (Mt 21,30).
Gesù,
nelle sue parole e nei suoi gesti, sembra sempre muoversi in un orizzonte
diverso da quello umano. Mentre gli uomini sono spesso incantati dalla
superficie, dal rispetto delle regole, dal conteggio delle pratiche religiose,
Gesù penetra lo sguardo fino al cuore. Vede ciò che è invisibile agli occhi,
ciò che pulsa sotto lo strato delle abitudini: la verità dell’anima, la
disponibilità a lasciarsi interpellare dalla vita.
Non
sono i riti, la quantità delle messe frequentate, le preghiere recitate
meccanicamente che producono il cambiamento. Gesù avverte che c’è un rischio:
la religione vissuta come impermeabile, che ci protegge da ogni domanda, da
ogni inquietudine, ma ci rende sterili. I gesti sacri rischiano di passare su di noi senza lasciare
traccia. La vera fede, invece, è quella che ci rende vulnerabili al
cambiamento, capaci di metterci in discussione, aperti all’ascolto.
Nel
suo sguardo, Gesù non premia la sicurezza arroccata, l’orgoglio di chi si crede
giusto. Preferisce coloro che vivono, che sbagliano e soffrono, che sentono
sulla pelle il peso delle proprie scelte. I pubblicani e le prostitute, figure
spesso relegate ai margini, hanno almeno il coraggio di confrontarsi con la
realtà, di portare addosso le proprie ferite. Sono vivi, non chiusi nella
corazza della presunzione, ma capaci di ascoltare, di essere raggiunti da una
Parola che fa breccia nell’anima.
Qui
la profezia si fa carne: “I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel
Regno dei cieli”, perché hanno saputo abbandonare le false sicurezze e
lasciarsi toccare dal cambiamento. La vera salvezza non risiede nell’apparenza,
ma nella disponibilità a lasciarsi plasmare – come il vaso dal vasaio. Solo chi
accetta di essere messo in gioco, di perdere le proprie certezze, può aprire la
porta alla vita che rinnova, trasforma, rende autentici.
Così,
lo sguardo di Gesù ci invita a domandarci: quale traccia lasciano i nostri
riti? Siamo davvero disposti a lasciare entrare la vita, o preferiamo rimanere
impermeabili, custodendo gelosamente le nostre abitudini? La risposta sta nel
coraggio di vivere, di ascoltare, di cambiare. Anche le ferite possono
diventare brecce attraverso cui la luce entra e ci trasforma.
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