mercoledì 27 aprile 2022

MI AMI TU PIU' DI LORO?

 



III DOMENICA DI PASQUA/ C

Paolo Cugini

 

Il tempo di Pasqua è il periodo dell’anno in cui la Chiesa c’invita a riflettere, in modo nuovo ed originale sul senso dell’esistenza. La Pasqua, infatti, presentando il tema del risorto, provoca la riflessione sul tema della vita, del suo significato e su ciò che vale davvero la pena spendere le proprie energie. In fin dei conti il Padre ha resuscitato il corpo di suo figlio Gesù che, durante la vita, aveva scelto una vita povera, umile, di basso profilo, non ha cercato, cioè, la gloria del mondo, il potere, i soldi. Questo aspetto, a mio avviso, deve far riflettere. La resurrezione di Gesù getta una luce nuova sulla storia dell’umanità e ne mette a nudo la povertà della proposta, tutta sbilanciata sul materiale, lasciando pochissimo spazio alla dimensione spirituale. Vediamo allora, a questo proposito, che cosa ci dicono le letture di oggi.

Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù (At 5, 40-41).

La situazione narrata nella prima lettura è indicativa di ciò che è avvenuto in coloro che hanno conosciuto il Signore e lo hanno incontrato risorto. C’è stato un evidente passaggio di prospettiva esistenziale. Sono, infatti, passati, da un atteggiamento di paura e di abbandono nei confronti del Maestro, al punto di essere giunti a consegnarlo, rinnegarlo e abbandonarlo, ad un atteggiamento in cui si sentono felici per essere stati oltraggiati in nome di Gesù. È la realtà di questo cambiamento che lascia esterrefatti e diviene una testimonianza che vale la pena ascoltare per approfondire il discorso sulla resurrezione di Gesù, che ha conseguenze significative sulle persone che lo incontrano. Che cos’è successo per arrivare ad un cambiamento radicale? Com’è possibile che persone così fragili e timorose diventino in poco tempo coraggiose e capace di argomentare le loro azioni? Incontrare il risorto significa, tra le altre cose, proprio questo: testimoni di un passaggio nella propria umanità che lascia un segno profondo capace di ribaltare l’impostazione. Cambiamento che non ha una spiegazione umana, che non si riesce a spiegare con la strumentazione scientifica, psicologica: c’è dell’altro.

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione
(Ap 5, 1s).

Giovanni vede la vittoria di Cristo sulla morte; non vede la croce, ma un trono, segno di vittoria e sul trono Dio stesso con accanto l’agnello immolato. Il dato interessante è che questo agnello immolato, che chiaramente si riferisce a Gesù, è in piedi, in segno di vittoria: nessuno è riuscito a piegarlo, a spezzarlo. L’odio del mondo non ha avuto la meglio sull’amore di Gesù, simbolizzato dal fatto che è immaginato come agnello sgozzato. I cristiani che seguono il Signore e si cibano di Lui, alimentano la coscienza con le sue parole, il suo messaggio vedono nel mondo non segnali di morte, ma di vittoria. Dove il mondo vede morte, i cristiani vedono vita. E siccome l’agnello è in piedi e con l’amore ha vinto l’odio, è degno di essere riverito ricevere la potenza da Dio Padre. Essere nel mondo segno della vittoria di Cristo sull’odio e sulle dinamiche di morte: è questo il compito dei cristiani nel mondo.

Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore (Gv 21, 17).

Nel cammino di fede non siamo verificati sul numero di riti e processioni alle quali partecipiamo ma esclusivamente sull’amore che doniamo. Bisogno aggiungere che se possiamo donare l’amore è perché l’abbiamo ricevuto gratuitamente dal Figlio, per mezzo dello Spirito Santo che lo ha riversato nei nostri cuori (cfr. Rom 5,5). Il balsamo della misericordia cura le ferite nell’anima di Pietro che per tre volte aveva rinnegato il Signore. Non c’è senso di colpa, disperazione, ma solamente misericordia che cura le ferite. Le relazioni che Gesù crea hanno questa impronta inconfondibile: non scava dentro all’uomo e alla donna per farli stare male, ma per far emergere il bene che c’è in ogni persona. 

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