ESERCIZI SPIRITUALI GALEAZZA 2022
LA DIMENSIONE MISSIONARIA DELL'EUCARESTIA
Paolo
Cugini
Riprendiamo il discorso
da dove l’abbiamo lasciato: l’eucarestia genera la missione. Se, infatti, ci
cibiamo del Signore per lasciarci trasformare da Lui, affinché in noi si
formano i tratti della sua umanità, del suo stile di vita, del suo inconfondibile
modo di stare al mondo, allora c’è un tratto che lo contraddistingue, che dice
di Lui, ed è il suo essere sulla strada in mezzo alla gente. Nella sua vita
pubblica Gesù esce dalla sinagoga e si mete sulla strada che da Nazareth porta
a Gerusalemme, ed è proprio sulla strada che annuncia il regno di Dio. In un
percorso di spiritualità evangelica, com’è quello che stiamo compiendo,
comprendere questo atteggiamento di Gesù è fondamentale. Diceva Vladimir Losskij,
il grande teologo Russo morto prematuramente a cinquantacinque anni che, mentre
lo specifico della spiritualità ortodossa consiste nel contemplare il mistero,
al contrario, la spiritualità cattolica conduce i fedeli ad imitarlo[1], Non a caso, uno dei saggi
fondamentali della spiritualità cattolica è il famoso libro: l’imitazione di
Cristo[2]. Ancora una volta: Gesù ha
annunciato il mistero del Regno di Dio, non dalla cattedra di una scuola, ma
nemmeno solamente dal pulpito di una sinagoga, ma soprattutto camminando sulla
strada o lungo il mare di Galilea, entrando nelle case della gente. Prima di
procede e proporre considerazioni su questo aspetto della vita di Gesù che,
probabilmente è uno dei meno compresi e più disattesi dai suoi seguaci, è bene
riportare qualche episodio, per non correre il rischio di elaborare una mistica
che indica una spiritualità non aderente al Vangelo, ma ad idee personali,
senza alcun riferimento al testo sacro.
Gli spazi di Gesù
L’evangelista Luca
organizza il materiale che ha a disposizione sui detti e fatti di Gesù in un
viaggio che lui compie dalla Galilea alla Giudea, passando per la Samaria: da
Nazareth a Gerusalemme. In questo cammino entra nelle sinagoghe (4,44), passa
nel lago di Gennèsaret (5,1), in una città (5,12), nella città di Naim(7,11), nella
città di Gerico (19,1), nei villaggi della Giudea e della Galilea (5,17), nella
casa di Levi (5,29s), di Simone (7,36), di un o dei capi dei farisei (14, 1s), in
un campo di grano (6,1), su un monte a pregare (6,11), sale su una barca
(8,29), va in un luogo solitari a pregare (9,18), entra in un villaggio di
Samaritani (9,52), entra in un villaggio (10,38), insegna in città e villaggi
(13,22), in cammino verso Gerusalemme (17, 11), mentre cammina per la strada si
raduna attorno al Signore una grande folla (11,29; 12,1s; 12,54; 15,1s; ),
entra nel tempio di Gerusalemme (19,45). C’è un movimento che caratterizza
l’azione di Gesù, che lo conduce costantemente dove vive la gente, sulla
strada, nelle piazze, nelle case, nei luoghi di lavoro come la pesca, nei
villaggi e nelle città. Gesù pieno dell’amore del Padre, non trattiene questo
dono immenso, ma lo riversa nel mondo, in un movimento continuo di uscita. Non
lo chiude in una sinagoga, o nel tempio, ma lo porta a tutte le donne e a tutti
gli uomini che incontra nel cammino. La vita pubblica di Gesù è un movimento
alla ricerca dell’uomo e della donna, li cerca negli spazi esistenziali, in
qualsiasi luogo in cui è possibile incontrare un uomo o una donna in grado da
ascoltare il suo annuncio. Ciò significa che nessun luogo è precluso per
annunciare il Vangelo e, allo stesso tempo, non esiste un luogo specifico,
esclusivo per l’annuncio del Vangelo. Viene da chiedersi: che ne è stato di
questo insegnamento? Perché ci siamo chiusi nelle chiese? Come mai facciamo così
fatica ad uscire? Bisogna dire con sincerità che di uscire non ci pensiamo
nemmeno. Abbiamo così tanto imparato a costruire spazi specifici per l’annuncio
e per la catechesi, che non ci passa minimamente per la testa di imitare Gesù.
Quando Papa Francesco nel suo primo documento Evangeli Gaudium ha
parlato della chiesa in uscita, invitando le comunità cristiane a smettere di
riprodurre il passato, per imparare ad essere creativi, a prendere l’iniziativa
e ad uscire dalle nostre sicurezze, la reazione è stata di stupore, ha trovato
le comunità impreparate. Eppure il Vangelo nasce proprio così sulla strada. Non
solo, ma in ogni eucarestia che celebriamo, il corpo di Cristo che mangiamo per
sua natura dovrebbe diventare annuncio.
La motivazione
Che cos’è che spinge Gesù
in questo movimento costante verso la gente? Perché Gesù non si ferma, non
aspetta nella sinagoga, ma si mette in cammino con gli uomini e le donne alla
loro ricerca? Senza dubbio la motivazione. Gesù aveva nel cuore qualcosa di
grande che gli premeva, che considerava di grande importanza, che non poteva
trattenere per sé. Probabilmente il contenuto di questo messaggio lo aveva
colto nei lunghi anni di silenzio che hanno caratterizzato la sua adolescenza e
la sua gioventù. Quando penso al giovane
Gesù, me lo immagino attento osservatore della realtà circostante, giovane che riflette
attentamente su ciò che vede, che ascolta. Probabilmente ha condiviso queste
sue riflessioni e intuizioni con sua madre, Maria, anche lei donna che abita e
vive il silenzio, come ideale situazione interiore per fare in modo che le idee
maturino e crescano sane. Il giovane Gesù che osserva quelle realtà che gli
interessano maggiormente, come il comportamento degli uomini religiosi, i
sacerdoti, i loro movimenti, le loro prescrizioni. Immagino la sofferenza
interiore di Gesù nello scoprire la sofferenza e le umiliazioni che gli uomini
del tempio infliggevano ai poveri, alle persone che si avvicinavano ai luoghi
sacri scrupolosamente riservati a loro. Immagino le domande che brulicavano la
mente svegli del Signore che si chiedeva se era proprio questa umiliazione dei
poveri da parte dei sacerdoti che il Padre pretendeva. Oppure, si trattava
esclusivamente di richieste umane^? Quante volte dev’essere andato da sua Madre
con un carico di domande e di riflessioni da lasciare il cuore della madre
impressionata e, senza dubbio preoccupata, perché la madre intuiva dove
avrebbero portato il suo caro figlio tutto questo carico di dubbi, perplessità
sulla legge degli uomini. E poi c’era tutto quel sangue, quegli animali uccisi:
ma era proprio questo che il Padre voleva? Non era strano? Non contraddiceva il
messaggio pieno di misericordia e di pace annunciato dai grandi profeti? Si è trattato, dunque di un lungo processo
silenzioso, che ha condotto Gesù a sentire il desiderio impellente di dirigersi
verso il popolo d’Israele per rivelare loro un messaggio fondamentale, un
messaggio che non poteva solo portare con le parole, ma anche con gesti e con
la sua stessa vita. Che cos’era, allora, questo grande annuncio che ha condotto
Gesù per le strade della Palestina, in un continuo movimento di uscita?
Gesù, il
liberatore dalla falsa religione
Gesù desiderava liberare
gli uomini e le donne dalla falsa religione inventata dagli uomini. È questo un
aspetto centrale del Vangelo, della buona novella, che spesso passa in sordina
e che, per certi aspetti, suscita ancora scandalo. Gesù, il Figlio di Dio,
l’inviato del Padre, ci è venuti avvisare che l’elemento più nocivo che inquina
il rapporto con il Padre è proprio la religione, quel tipo di religione
strutturata dagli uomini del tempio che, invece di avvicinare le persone a Dio,
le allontana; invece di liberare le persone, le lega, le intrappola. Trascurando
il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E
diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per
osservare la vostra tradizione (Mc 7, 8-9). È questa la grande accusa di
Gesù agli uomini religiosi del tempo; allo stesso tempo, è questa verità
rivelante che Gesù desiderava comunicare a tutti gli uomini e le donne della Palestina.
È come se Gesù volesse allertare di stare lontano dalla religione del Tempio,
di stare alla larga dagli uomini della religione, perché sono persone negative,
nel senso che sono persone schiave dei precetti al punto da voler imprigionare
nel reticolo dei comandamenti e della tradizione degli uomini tutto il popolo
di Israele. È proprio questo che Gesù constata e che, allo stesso tempo,
provoca la sua urgenza del messaggio del Regno: un popolo schiavizzato dalla
religione. Paradossalmente, la religione invece di essere cammino verso Dio,
con il tempo è divenuta cammino verso il male. C’è stata, per così dire, un
travisamento, una modificazione che, lentamente si è trasformata in un grande
inganno. Gli uomini del Tempio hanno inventato una serie di leggi che sembrano
fatte apposta per disobbedire ai comandi di Dio, per attutitine la sua forza.
Detta così capisco che suona male, che sembra un ragionamento assurdo, ma
esprime ciò che Gesù ha voluto dire nei versetti citati poco sopra. Gesù,
comunque, su questo delicato punto, propone anche alcuni esempi che cercano di
dimostrare in che modo i comandamenti inventati dagli uomini e spacciato come
Parola di Dio sono, in realtà, nella direzione opposta di quel Dio che si vuole
servire.
Mosè infatti
disse: Onora tuo padre e tua madre, e: Chi maledice il padre o la
madre sia messo a morte. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla
madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non
gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate
la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili
ne fate molte (Mc
7, 10-13).
Mosè disse… Voi invece
dite: è questo l’inganno! Ci sono tutta una serie di leggi che gli uomini del
Tempio, i sacerdoti addetti al culto, assieme alla classe religiosa che
comprende scribi, farisei, sadducei che nel tempo hanno operato un’operazione
veramente subdola e meschina: hanno sostituito la Parola di Dio con le loro
tradizioni, per render tutto il popolo a loro sottomesso. Per questo Gesù non
si da pace (è un modo di dire), ha fretta di spiegare a tutto il popolo
d’Israele il grande inganno, la grande e colossale impostura. L’azione
evangelizzatrice di Gesù è dunque, in questa prospettiva, un’azione di
smascheramento e, allo stesso tempo di liberazione. In quanto smaschera gli
uomini del tempio e mostra i loro sotterfugi, libera il popolo da quelle
tradizioni inventate dagli uomini che, invece di avvicinarli a Dio, non hanno
fatto altro che allontanarlo da Lui. L’urgenza della missione di Gesù la si
comprende osservando questa duplice operazione di smascheramento e di
liberazione. È liberando l’umanità dalla falsa religione degli uomini che è
possibile accogliere come dono la fede nella Parola di Gesù.
Annunciamo l’amore
del Signore
Ogni volta che mangiamo
il corpo del Signore noi annunciamo la sua morte, perché l’eucaristia è anzitutto
profezia, anticipazione che il maestro offre per i suoi discepoli, dei tragici
eventi che stanno per realizzarsi, come compimento di una vita di amore.
Annunciare la morte del Signore non significa annunciare il sacrificio, come
una certa teologia ha voluto interpretare il mistero della morte di Gesù, ma
annunciamo il suo amore, la sua scelta di amare i suoi sino alla fine (Gv
13,1s). Mangiamo, assimiliamo, ruminiamo, lo stile di colui che non si è tirato
indietro, che non ha aspettato un ritorno, di essere contraccambiato. No,
niente di quell’amore mondano che cerca il contraccambio, segno di povertà
affettiva, bisogno ossessivo di affermarsi sull’altro: Gesù ha amato e basta. È
questo amore infinito, vero, autentico, che noi assimiliamo ogni volta che ci
accostiamo all’altare. Amore di Gesù che diventa punto di riferimento di ogni
amore, fonte a cui abbeverarci continuamente, perché l’amore del Signore è
eterno. È un amore eterno per il fatto
che non si è arrestato, non ha cercato dei sotterfugi, non ha dato ascolto a
timori umani, ma l’ha portato alle estreme conseguenze. La croce non è il
simbolo di una sconfitta umana, il simbolo di un annichilamento, ma di un
passaggio ad una vita autentica per tutti coloro che la accolgono. Gesù sulla
croce ci consegna il suo corpo che ha amato sino alla fine. È di questo che ci
cibiamo nell’eucarestia, ed è proprio di questo corpo che ha amato in modo
incredibile che diventiamo testimoni, amando come Lui ci ha amato. Solamente
persone libere dalla falsa religione, che è la religione fatta di precetti e di
decreti, è in grado di fare spazio all’amore del Signore donato sulla croce per
vivere di Lui e come Lui.
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