Dn 12,1-3; Sal 16; Eb 10, 11-14.18; Mc 13,24-32
Paolo Cugini
Ci avviciniamo alla fine dell'anno liturgico e le letture ci offrono la possibilità di fare un bilancio del cammino di fede di quest'anno. Il Signore deve diventare sempre più il nostro rifugio, la nostra eredità, il nostro destino, come ci ricorda il Salmo 16, che proclameremo. Forse, non tutto questo è frutto del nostro pellegrinaggio, ma deve essere presente almeno lo sforzo di mettere il Signore e il suo disegno d'amore al centro dei nostri desideri. Solo così potremo guardare al nostro passato non con l'orgogliosa rigidità che ci porta a detestare noi stessi, a causa della nostra incapacità di seguire il Signore, ma con quello sguardo misericordioso che è frutto dello Spirito Santo, che dona pazienza e, allo stesso tempo, una grande forza per continuare il cammino. E questo è ciò che conta.
«Allora vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13,26).
La pagina del Vangelo di oggi è una di quelle che più facilmente vengono fraintese. Quante volte abbiamo ascoltato sermoni che, basandosi su questi versetti, proclamano la fine del mondo, la morte di tutti, provocando negli ascoltatori sentimenti di panico e disagio. In realtà, questi versetti, letti con il desiderio di penetrare i misteri del Regno di Dio, più che suscitare curiosità malsane, rivelano una Parola piena di conforto e di speranza. Dio non vuole gettare nel panico nessuno; al contrario, esprime tutto affinché nessuno vada perduto (cfr Gv 17). Per le persone che amano il Signore, che hanno goduto e assaporato la Parola di Dio per tutta la vita, che si sono sforzate di partecipare alla realizzazione del Suo Regno, non c'è niente di meglio che sapere che il Figlio dell'Uomo verrà con grande potenza e gloria. Il suo arrivo non è motivo di stupore, ma di grande gioia. Inoltre, la sua potenza e la sua gloria indicano un’indicibile pienezza di vita. Non si tratta, infatti, del potere e della gloria umana che, per manifestarsi, sopprime gli altri. La gloria di Dio si è manifestata in Gesù che, affinché potessimo avere la vita eterna, si è lasciato massacrare. È da questa vita che vogliamo rifornire la nostra anima, affinché anche noi possiamo dare la vita ai nostri amici, che il Signore metterà sul nostro cammino. La potenza del Signore non è fatta di armi che uccidono, ma di una Parola che dona la vita. Il Vangelo, infatti, è la forza di Dio «per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16). Se la potenza e la Gloria di Dio manifestano la qualità della Sua vita, nella Sua Parola e nel Suo modo di essere, che senso hanno i cataclismi che il Vangelo annuncia come manifestazioni esterne di questo evento?
Ancora una volta, chi si accosta alla Parola di Dio in modo materiale e istintivo, non potrà raggiungere la profondità del messaggio di Gesù. Infatti, con queste espressioni di carattere apocalittico, Gesù unisce le grandi predicazioni profetiche dei secoli passati nella storia di Israele, predicazioni che si preoccupavano di ammonire il popolo a non allontanarsi dalla via della Legge, con il desiderio di vedere il popolo di Dio appassionato del proprio Creatore e non perso nel fango del peccato, come purtroppo spesso è accaduto. È da questo sfondo apocalittico di carattere profetico che Gesù usa per avvisare i suoi “Eletti” della sua futura venuta. Niente, dunque, di così sorprendente e terrificante, come molti ancora oggi amano presentare il messaggio di Gesù che, al contrario, è pieno di comprensione e di misericordia verso di noi. Inoltre, vale la pena notare che Gesù non ha mai fatto la testa a nessuno e non ha mai spaventato nessuno inducendolo a seguirlo. Al contrario, la sua unica arma era una proposta libera, basata sul dialogo e sulla testimonianza personale.
«Egli manderà gli angeli ai quattro angoli della terra e radunerà gli eletti di Dio da un'estremità all'altra della terra» (Mc 13,27).
Per Dio siamo noi gli eletti che vuole proteggere da ogni pericolo, per questo invierà gli angeli ai quattro angoli della terra per venirci a prendere. Eletto è ogni uomo, ogni donna che risponde alla chiamata di Dio proposta da Gesù nello Spirito Santo, con una vita dignitosa e senza peccato (cfr Ef 1,1-15). Ciò significa che queste parole spesso presentate come “stupefacenti” sono in realtà un invito implicito di Gesù a prendere più sul serio la sua Parola, il nostro Battesimo, affinché possiamo vivere sempre con Lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo, perché non ci lasciamo confondere dalle parole deboli del mondo, dalle sue proposte illusorie, e così camminiamo sempre con fermezza, con lo sguardo fisso su Cristo, che è morto e ha dato la sua vita per noi. Così ci ricorda oggi la lettera agli Ebrei: «Cristo, dopo aver offerto un solo sacrificio per i peccati, si è seduto alla destra di Dio per sempre. Non gli resta altra scelta che attendere che i suoi nemici siano messi sotto i suoi piedi» (Eb 10,12-13).
Non è qualcosa di fantastico sapere che Gesù ci aspetta? Ha creato il cammino dell’amore affinché tutti potessimo percorrerlo con più determinazione. È un'attesa non rassegnata, ma piena di speranza, perché il Verbo di Dio si è fatto uomo e ha sperimentato in una carne come la nostra non il peccato, ma le sue conseguenze. Possiamo, dunque, ora fidarci della sua proposta, della sua Parola, accogliere il suo Spirito, per affrontare con coraggio il cammino della luce in questo mondo di tenebre, nella certezza che, con il tempo, impareremo a vivere nella luce. È Lui, infatti, che ha sconfitto le tenebre e solo accogliendo la sua luce possiamo vivere come figli della luce (cfr Ef 3).
«Le mie parole non passeranno» (Mc 13,31).
Solo chi si metterà umilmente sulle orme del Signore, lasciandosi guidare dallo Spirito, potrà assaporare la verità di questo stupendo versetto. L'Eucaristia di questa XXXII domenica dell'anno B ci aiuti a scoprire il mistero dell'eternità della Parola di Dio.
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