giovedì 2 agosto 2018

IO SONO IL PANE DELLA VITA (Gv 6, 24-35)





Paolo Cugini


Il brano del Vangelo di oggi si chiude con un’affermazione impressionante. Gesù si dichiara il pane della vita: che cosa significa? La risposta a questa domanda è importante, perché ci permette di cogliere il significato che l’Eucarestia ha per noi, per la nostra vita.
Che cos’è l’Eucarestia nella Chiesa e nella vita di una comunità? E’ un rito che è stato rivestito di un’obbligatorietà, di un precetto la cui osservanza è avvertita come necessaria per ereditare il Regno dei cieli? Questa precettistica e obbligatorietà oggi è percepita solamente dai cristiani di una certa età e dai movimenti cattolici conservatori. Le nuove generazioni, che sono nati e vivono immersi nella cultura postmoderna liquida e non hanno nulla da spartire con l’epoca della cristianità, non sentono l’esigenza di questi riti propiziatori, anche perché non s’interessano né del passato né del futuro, ma vivono immersi nel presente. Ecco perché diviene importante cercare di comprendere il brano di Vangelo di questa domenica.

In quel tempo la folla… si diresse a Cafarnao alla ricerca di Gesù
C’è una folla alla ricerca di Gesù. Già questo è un indizio che rivela l’impostazione di un tema. Solitamente la ricerca di Dio avviene personalmente. Qui abbiamo una folla. E’ una ricerca che sembra viziata in partenza. La folla è anonima, senza volto e senza identità: che senso può avere questa ricerca? Che cosa può cercare di buono una folla? Da che cosa è mossa la ricerca della folla? Non basta cercare Gesù per essere salvi: dipende come lo ricerchi e con chi e perché. Non basta andare in chiesa e partecipare a dei riti e a dei precetti per essere salvi; dipende con che intenzioni ci andiamo, con chi, a fare cosa e perché? Per riconoscere nel volto di Cristo la presenza di Dio occorre uscire dalla folla, occorre cioè metterci la faccia, assumere un’identità, distinguersi, prendere le distanze da ciò che ci nasconde dietro ad un anonimato che è controproducente. Finché rimaniamo tra la folla non siamo nessuno, soprattutto, non siamo qualcuno che Gesù può identificare per dirigerci la sua Parola. Il cammino di fede nasce quando abbiamo il coraggio di uscire allo scoperto, abbandonare la falsa sicurezza della folla, per cercare la protezione del Signore.

In verità in verità di vita voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati
Le parole di Gesù rivelano due livelli di esistenza: la vita materiale e quella spirituale. Due livelli che non sono contrapposti, ma interdipendenti e necessari. La vita materiale, nella condizione di vita umana, dev’essere guidata da quella spirituale: è questo l’ordine delle cose. Il senso di una comunità cristiana dovrebbe servire a questo: aiutare le persone a scoprire il tesoro prezioso della propria vita interiore, della bellezza della preghiera, della meditazione, del mondo spirituale che dà un senso e dei significati alla vita materiale. Gesù smaschera gli uomini della folla che vivono e cercano ciò che sazia, che sfama, che vivono, cioè, ad un livello materiale e non riescono vedere al di là della materialità delle cose e, per questo, non riescono a capire la profondità del messaggio di Gesù. C’è tutta una religione che rimane ad un puro livello materiale e che soddisfa l’istinto di sopravvivenza. Questa religione è a servizio dell’ego soggettivo e non permette nessun cammino al di fuori di sé. Sino a quando rimaniamo nella folla viviamo solamente al livello materiale e soddisfiamo i desideri che derivano dall’istinto di sopravvivenza.

Avete visto dei segni: che cosa vuole dire Gesù con questa espressione? Ci sono dei dati materiali, degli eventi storici che sono portatori di un significato che dev’essere interpretato. Ci sono delle situazioni e anche degli elementi materiali che Gesù ha rivestito di significati che devono essere scoperti, capiti, interpretati e che dicono qualcosa di Lui, della sua presenza, del suo modo di essere e di vivere. In questo caso l’evento di riferimento è la moltiplicazione dei pani e dei pesci il cui primo significato non è l’aver soddisfatto la fame di tante persone, ma di essersi interessato a loro. Il segno che Gesù ha posto dentro l’evento e anche nei pani e nei pesci distribuiti è il significato di una vita per gli altri. Gesù vuole condurre la folla dentro questo mistero, che è il significato autentico della vita e cioè, che la vita che abbiamo ricevuto come un dono ha senso solamente quando viene donata gratuitamente.

Avete mangiato di quei pani e di qui pesci
C’è una fame che muove verso una ricerca. Di che cosa abbiamo fame? Di che cosa ho fame? Cerco ciò che mi alimenta e soddisfa i miei desideri. Che cosa desidero? Di che cosa ho bisogno? Di che cosa ho bisogno per soddisfare il mio desiderio reale? Gli uomini della folla cercano Gesù solamente perché ha soddisfatto la loro fame fisica. Per questo tipo di soddisfazione non c’è bisogno di Gesù: lo può fare chiunque nel mondo. Ciò che invece solo Gesù può fare è alimentare la nostra anima rivelando il significato della vita.

Datevi da fare non per il cibo non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna
Gesù non le manda a dire, ma va subito al centro del problema. C’è il rischio di trascorrere tutta una vita senza arrivare al cuore del problema. C’è il rischio di trascorre tutta la vita all’ombra del campanile senza riuscire a cogliere l’essenza della vita di fede. C’è un alimento che riempie il vuoto che si forma nella nostra vita, dentro di noi, quel vuoto che riempiamo con la materia, ma che dev’essere invece riempito con qualcosa d’altro. E’ Gesù l’alimento di cui abbiamo bisogno, è Gesù il pane della vita, quell’alimento che dura per sempre e che dà un significato perenne alla nostra esistenza affinché tutta la nostra vita, in ogni singolo gesto e in ogni singola scelta diventi come il cibo che mangiamo e che Gesù ci dona, vale a dire: amore.