XVI DOMENICA/B
(Ger
23,1-6; Sal 23; Ef 2,13-18; Mc 6, 30-34)
Paolo Cugini
Cresciamo
all’interno di relazioni di paternità e maternità per divenire noi stessi padri
e madri. La paternità è, dunque, uno dei temi fondamentali della vita, con il
quale dobbiamo fare i conti. Impariamo a conoscerci quando abbiamo qualcuno che
ci ricorda chi siamo, ci aiuta a prendere in mano la nostra vita. Non solo, ma impariamo
a vivere quando c’è qualcuno che ci pone dinanzi le leggi della vita, ci aiuta
a scoprire che ci sono dei doveri oltre che dei piaceri, ci sono delle
responsabilità da assumere, che esigono scelte, decisioni, presenza.
Guai
ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del
Signore (Ger 23, 1).
Il
profeta Geremia pone il dito su uno dei problemi fondamentali che hanno
caratterizzato il cammino del popolo d’Israele. Ci sono state delle epoche in
cui il popolo ha vissuto senza pastori, senza guide, perché color che avevano
il dovere di pascere il gregge, non pensavano altro che agli affari propri.
Quando ciò avviene, a soffrire è il popolo perché senza guida corre un duplice
pericolo. Da una parte, infatti, può divenire preda di persone senza scrupoli,
che usano, o fanno male al popolo. Nella storia d’Israele questa situazione è
avvenuta diverse volte. Pensiamo a quando era schiava in Egitto, oppure in
esilio a Babilonia. La mancanza di guide lascia il popolo in preda dei nemici.
Dall’altra, senza pastore il popolo rischia di divenire ribelle, intollerante
alle leggi, autoreferenziale. È quello che può capitare ad un giovane che
cresce senza nessuno che lo aiuti a comprendere il senso della vita, che è
fatta di diritti, ma anche di doveri; che ci sono delle cose che ci spettano,
ma altre che richiedono una docilità, il rispetto, l’educazione, perché non
siamo soli al mondo e i nostri gesti e le nostre scelte hanno delle ripercussioni
sulla vita di tutti. Non veniamo al mondo da soli, ma anche non viviamo in un’isola.
Per questo, ancora una volta, diventano fondamentali le figure che aiutano un
individuo a crescere, a divenire persona adulta capace di stare al mondo in
convivialità con gli altri.
Gesù nel Vangelo assume la paternità spirituale di
un gruppo di uomini e donne, nei confronti dei quali cerca di trasmettere degli
insegnamenti sul senso della vita, sul modo di vivere e assumere la propria
dignità umana, soprattutto, sul modo di realizzare l’essere ad immagine di Dio.
Il primo passo di questo cammino alla sequela del Signore consiste nello
spogliarsi dei falsi insegnamenti, le ideologie le dottrine apprese con l’imposizione,
più che con la docilità e l’amore. Ecco perché, la prima volta che vengono
invitati a predicare, vale a dire, ad aiutare altre persone ad entrare in una
logica di relazione d’amore, valorizzando la persona più che le ideologie, non
ci riescono.
In
quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto
quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po' (Mc
6,30s).
Gesù
non aveva detto ai discepoli d’insegnare, ma di proclamare la parola (Mc 6,12s):
sono due cose molto diverse. Predicare la Parola esige, conforme all’indicazione
di Gesù ai discepoli, la condivisione con la vita delle persone, una sobrietà
evangelica, la possibilità di aiutare le persone a liberarsi delle false
dottrine che impediscono l’accoglienza della Parola. Ed è quello che fa Gesù,
che annuncia il Regno di Dio, la venuta attraverso di Lui di un nuovo modo di
stare al mondo con gli altri, non dominato dall’egoismo e dall’istinto di
sopraffazione sugli altri, ma dall’amore gratuito e dalla condivisione, vivendo
con i suoi discepoli e discepole. Il Vangelo non è una dottrina, un insieme di
concetti da apprendere a memoria, ma uno stile di vita da interiorizzare e
vivere. In questo senso Gesù per i discepoli e le discepole è stato un pastore
buono, che non ha insegnato con autorità e durezza una dottrina, ma si è messo
in mezzo a loro, vivendo con loro, mostrando con l’esempio ciò che voleva dire.
Si è pastori, padri e madri, conformi all’insegnamento di Gesù, quando ci si
mette in gioco, quando si condivide il vissuto quotidiano. Per questo, con il
salmo che abbiamo ascoltato e con cui abbiamo pregato possiamo dire: Il
Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia (Sal 22).
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