Paolo Cugini
Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni (Ger 17,10).
Questo versetto è strano. Indica un dio che controlla le coscienze delle persone e, questo, non è in linea con il Dio presentato da Gesù, che stimola la libertà e la coscienza personale. Oltre a ciò, è un versetto che rafforza la dottrina del merito di sapore veterotestamentario, dottrina agli antipodi della proposta di Gesù, che rivela la gratuità del Padre. Che cosa fare con versetti di questo tipo? È importante non perdere di vista la chiave di lettura evangelica: tutto della Bibbia deve essere riportato a Cristo e verificato alla luce del suo Vangelo.
Un Dio che scruti i cuori è un dio che fa paura, che provoca cammini di ribellione per sfuggire dal suo sguardo punitivo. Non è un caso che queste parole siano pronunciate dal profeta Geremia, che spesso invoca Dio affinché distrugga i nemici, annienti coloro che sparlano contro di lui. Ben diverse le parole di Gesù che invita ad amare i nemici e a pregare per coloro che ci insultano. Ancora una volta: è il Vangelo il criterio per verificare la bontà di una Parola e capire se viene davvero da Dio o se proviene dal cuore umano.
Del resto, è proprio questo tipo di lavoro ermeneutico che ci viene chiesto dal Concilio Vaticano II, nel documento Dei verbum al numero 12: Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede.
Nessun commento:
Posta un commento