martedì 30 novembre 2021

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 9


 


 

(annotazioni)

 

26-30. cfr. Gal 1,18-24. Luca non sembra conoscere i motivi degli spostamenti di paolo.

Saulo ha bisogno della mediazione di Barnaba per farsi accreditare presso la chiesa.

Lc presenza di paolo segna il passaggio della comunità dalla prima alla seconda generazione: dalla comunità giudeo cristiana alla comunità delle nazioni.

Come Stefano, paolo discute nelle sinagoghe degli ellenisti a Gerusalemme (cfr At 6,9). Come Stefano, egli subisce la medesima reazione: si cerca di farlo morire.

Saulo parla con coraggio: la parresia è una qualità costante del ritratto lucano dell’apostolo delle genti: Paolo non ha mai paura.

 Luca si serve di un’espressione quasi tecnica: vedere il Signore (1 Cor 9,1; 1 Cor 15, 5-8) per legittimare il mandato missionario dell’apostolo.

28: per Lc è importante mettere in risalto l’unità tra Paolo il collegio dei Dodici anche nella predicazione.

29-30: Paolo ripercorre il cammino di Stefano e, come lui, sarà minacciato di morte. Ritroviamo intimamente legati i temi della predicazione e della persecuzione.

Paolo appare in questi versetti come un uomo totalmente dedito alla predicazione, senza paura e quasi sempre sotto la minaccia di persecuzioni.

31: nell’opera di Luca la pace non è appena assenza di persecuzione, ma inaugura l’evento di salvezza portato dal messia.

32-43: Appare il profilo di Pietro come Apostolo interante, che si fa presente in tutti i punti importanti del mondo giudaico.

33. Pietro trova il paralitico tra i santi di Lidda.

34. Per guarire il paralitico basta l’espressione: Gesù Cristo ti guarisce. Pietro è lo strumento che agisce per mezzo di Gesù.

35. Nell’ottica di Luca i miracoli rendono testimonianza.

36-43: è un racconto di risurrezione.

È la narrazione di un fatto storico? L’influenza dei racconti biblici è tale che non siamo più in grado di arrivare alla conoscenza del fatto storico.

Joppe (Giaffa) antica città della Fenicia e il miglior porto della Giudea

Tabithà: nome aramaico abbastanza conosciuto. Era una discepola e apparteneva alla comunità locale ed era ricca di opere buone. 

RITIRO SPIRITUALE AVVENTO DOMENICA 28 NOVEMBRE 2021

 



CHIESA DI GALEAZZA

 

A.    Is 2, 1-4: la pace perpetua (testo parallelo a Mi 4,1-3)

È una visione che parla di Gerusalemme e del tempio posto sul monte Sion. La profezia “vede” l’afflusso di popoli provenienti da tutte le parti attirati dalla Parola del Signore che esce dal tempio. Mentre vanno verso Gerusalemme, i popoli s’invitano tra di loro per salire al tempio (cfr. i salmi della salita 120-134).

3. viene poi descritta la qualità del messia (egli): sarà giudice tra le genti e arbitro tra molti popoli. È una tautologia per dire che la qualità specifica del messia sarà quella di giudice giusto.

4. Che cosa produrrà la giustizia del messia? Un clima di pace, la fine della guerra. Questo versetto mostra che la presenza del messia nella storia porterà la pace. Vengono immediatamente alla mente le parole di Gesù dopo la resurrezione quando appare ai suoi discepoli dicendo: la pace sia con voi! (Gv 20,19). La presenza del messia porta la comunità a vivere come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10,3). Paolo legge la presenza di Cristo nella storia come colui che ha riconciliato il mondo diviso e in guerra attirando l’odio sopra di sé, nella sua carne (Ef 2, 14-18). Lo stile del servo è la mitezza (Is 42,1-2).

Che cosa significano questi versetti per il cammino personale e per la comunità cristiana? Impegno a divenire costruttori di pace, l’impegno a togliere dalla nostra vita personale e comunitaria le dinamiche aggressive e di prepotenza, per fare spazio allo spirito del Signore, alla mansuetudine, benevolenza, misericordia (cfr. Mt 5).

 

B.     Is 25,6-10a Vittoria sulla morte

L’apocalittica di Isaia arriva in questi versetti al suo apice: c’è l’annuncio della risurrezione.

C’è un monte (Gerusalemme) dove s’imbastisce un banchetto. Questo è il centro della terra (24,13) perché qui convergono tutti i popoli (Is 2) per un banchetto straordinariamente abbondante.

Quale banchetto? È un banchetto o una strage? Tutta la tradizione ebraica lo legge in questo senso. I commentatori ebrei interpretano questo testo all’interno della tradizione della “guerra interrotta” o dell’aggressione delle genti contro Gerusalemme.  Forse è meglio collocare questo testo nello spazio ecumenico inaugurato da Isaia 2, nel filone del pellegrinaggio a Gerusalemme delle genti.

Problema 2: è un banchetto regale o sacrificale? È più probabile la seconda ipotesi di un sacrificio di comunione. Questo banchetto deve dunque aver luogo nel tempio.

Quale velo? Solitamente si fa riferimento al velo del lutto, perché chi è in lutto si copre la faccia (cfr. 2 Sam 15,30; 19,5). Perciò togliere il velo sarebbe l’equivalente di asciugare le lacrime dagli occhi. Oppure questo velo può essere quello della non conoscenza di Dio, del Dio di Israele. Isaia lo dice dello stesso Israele che non capisce (ha come gli occhi velati (cfr. 29,10), ma è soprattutto vero delle nazioni, avvolte da una fitta nebbia (cfr. 60,2). Su questo monte Dio rimuove il velo che face va da schermo, che impediva alle genti di riconoscerlo. Siamo, quindi, dinanzi ad un testo rivelativo (apocalittico) dove diviene importante il parallelo di Is 2, con l’accoglienza della Torà che esce da Gerusalemme.

Quale morte? 25,8 parla di un superamento della morte, ma in quali termini? Morte in ebraico e spesso viene personificata (cfr. Os 13,14). Nella tradizione ebraica ma morte è sempre il complemento oggetto del verbo ingoiare, con Dio come soggetto sottinteso e può voler dire: Dio spoglierà la morte del suo potere. La traduzione greca traduce questo versetto in questo modo: la morte è stata ingoiata per la vittoria. Può essere intesa come un’anticipazione della risurrezione dei morti? Forse non è ancora un annuncio esplicito di questo, ma per san Paolo (1 Cor 15, 54) lo è divenuto in maniera irreversibile. La morte è stata vinta e tutte le genti saranno salvate, perché se anche non lo fossero nel tempo presente, lo saranno nell’avvenire della resurrezione.

Come possiamo leggere questo brano nel quadro della liturgia del tempo di avvento? In che modo questo brano orienta la spiritualità tipica dell’avvento?

 

C.    Is 26, 1-6 Un canto per Gerusalemme

Questo è il canto che si canterà profeticamente riguardo a Gerusalemme. In che cosa consiste la sua forza? Essa è circondata da mura e da un baluardo, ma la sua forza non è nelle armi. Al contrario è la pace (shalom c’è due volte nel v. 3). Gerusalemme sarà un giorno quello che deve essere secondo il progetto stabile di Dio. Una città di pace. In questo unicamente consiste la sua forza. Ma questa forza disarmata è sufficiente a espugnare la cittadella orgogliosa (v. 5 alla lettera: esaltata). La cittadella viene calpestata dai passi del debole: viene sottomessa dalla mitezza. Occorre risaltare che questi piedi poveri e deboli secondo il midrash, sono i passi del messia. Interessante il fatto che Gerusalemme non è neppure menzionata. La “città forte” e “la città orgogliosa” sono entrambe senza nome. Potrebbe darsi che sano la stessa città. Questo breve cantico segnerebbe, perciò il passaggio dalla Gerusalemme distrutta a quella ricostruita, dalla Gerusalemme orgogliosa a quella pacificata e, questo passaggio, si attua grazie alla mitezza del messia.

 

D.    Is 29,17-24 Guai ai sapienti

La meraviglia della salvezza ha per effetto di confondere la sapienza dei saggi e dagli intelligenti (v.14). Il messaggio di Isaia è possibile collegarlo a Mt 11,25 e anche a 1 Cor 1,19. Chi sono questi sapienti? Sono quelli che s’illudono di sottrarsi ai disegni di Dio, di sfuggire alle sue meraviglie, per il comprensibile disagio di essere costantemente spiazzati, disorientati. Costoro escogitano paini a propria misura e li tengono nascosti, pensando così, che Dio non li veda, non se ne accorga (v.15). “Approfondiscono nel nascondimento”, come dire che questo atteggiamento intellettuale è abituale e progressivo. Essi continuano a cavare, approfondiscono sempre di più questo loro camuffamento.

v.16: inizia un paragone creazionale con l’argilla e il vasaio che avrà uno sviluppo storico nella seconda parte del libro (45,9).

17-24: c’è una trasposizione dal negativo al positivo che è teologica e non antropologica: Dio solo può riscattare non solo Abramo, ma perfino Abramo e, in lui, la sua discendenza.

Il riscatto di Abramo. Solo qui si parla di un riscatto di Abramo. Perfino gli eletti hanno bisogno di una trasformazione delle facoltà naturali per essere all’altezza della loro vocazione di santità. Forse è per questo motivo che qui si parla della santificazione del “Santo Giacobbe”, che caratterizza la tortuosità del terzo Patriarca e l’inganno con cui ha strappato la benedizione. Questo allude alla trasformazione antropologica che egli ha dovuto attraversare: il cambiamento del nome (Gen 32,29), cioè dell’identità più profonda.

 

E.     Isaia 30,18;26 Benedizione divina

Questo brano è considerato un testo redazionale, una riscrittura della tradizione isaiana, con stampo teologico e stile letterario deuteroisaiano.  Sviluppa gli oracoli isaiani di giudizio in oracoli di salvezza.

È descritto il futuro di Gerusalemme delineato dal punto di vista postesilico.

19. YHWH non aspetta altro che farvi grazia

Dopo il pane misurato e l’acqua razionata dell’esilio, esso prevede il ritorno delle piogge e la conseguente ripresa di una vita agricola e pastorale in terra d’Israele. Questo quadro idilliaco si coniuga con uno scenario apocalittico: “su ogni collina elevata fluiranno rivi d’acqua” (25) proprio nel giorno della grande strage. La luce del sole e della luna si moltiplicherà in intensità, ma non sarà per nuocere, bensì per curare le ferite d’Israele. In questa sorprendente combinazione di immagini idilliache e catastrofiche, è evidente che si tratta di un passo posteriore della redazione.

 

 

 

 

 

lunedì 22 novembre 2021

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO/C





(Lc 21,25-28.34-36)

Paolo Cugini

 

     Si riparte. È questo il primo significato immediato dell’Avvento. La liturgia ci offre un nuovo inizio, che diventa una nuova possibilità: per cosa? Credo, per vivere in modo più autentico e intenso il Vangelo. C’è sempre una speranza per chi si mette sui passi di Gesù: niente è perduto. Altro aspetto da considerare è il fatto che la Parola di Dio, quello che ha da dirci, ha sempre qualcosa di nuovo da rivelarci, perché non è un insieme di verità apodittiche, ma un dono che ci viene offerto, una luce che illumina il cammino in ogni tappa della vita e, come sappiamo, ogni tappa è diversa. Leggiamo, allora, le letture di questa prima domenica di Avvento, con la curiosità nel cuore di coloro che vogliono crescere nella conoscenza del Signore, con il desiderio di non perdere l’occasione che ci viene offerta di divenire più umani.


«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

     I primi versetti del Vangelo di oggi fanno parte della sezione in cui viene annunciata la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio, che invece di aiutare i poveri e le persone bisognose, aveva messo in piedi un sistema di arricchimento che sfruttava gli stessi poveri. Una struttura di questo genere non ha più ragione di essere. Questi eventi, siccome riguardano il futuro, sono annunciati utilizzando la letteratura apocalittica e, in modo particolare, alcuni passaggi dei profeti Isaia, Amos e Gioele. La notizia che deve generare una grande gioia nella comunità cristiana è che, la presenza di Gesù nella storia, provoca la caduta delle false potenze terrene, simbolizzate dagli astri del cielo. È come se Gesù dicesse che nel cielo, luogo per antonomasia della presenza del Padre, si fossero installati degli intrusi. Per queste potenze, causa di tanta sofferenza soprattutto per i poveri, i giorni ormai sono contati. Infatti, con l’annunzio del messaggio di Gesù, le false potenze cominceranno a cadere. È una catastrofe che riguarda ogni sistema di potere che sfrutta l’uomo, mentre la potenza di Gesù è la potenza dell’amore. La distruzione del tempio di Gerusalemme permettere anche ai pagani di entrare. La forza del Vangelo sarà più forte di qualunque potenza.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.

Questi eventi ci coinvolgono e, di conseguenza, siamo chiamati a porre la nostra esistenza in quella situazione che ci permetta di cogliere la bontà e la positività della presenza del Signore nella storia. In questa prospettiva Gesù accenna a tre situazioni negative che ora brevemente analizziamo. In primo luogo la dissipazione. C’è un primo significato diretto riguarda la relazione con i nostri soldi. Un secondo significato indica la condotta oziosa, sregolata, che conduce a disperdere il tempo e, soprattutto, il fine della vita. Poi ci sono le ubriachezze: alterazione psichica dovuta all’abuso di bevande alcoliche. Questo è il significato immediato. Si può anche individuare un significato più ampio, quello che riguarda tutte le situazioni in cui esageriamo, assolutizziamo qualcosa e perdiamo il senso della realtà. Infine, vengono gli affanni della vita, vale a dire le preoccupazioni con quei problemi quotidiani con cui abbiamo a che fare ogni giorno e che, nella vita adulta, riguardano l’amministrazione famigliare, le relazioni, i problemi nel lavoro, i problemi vari di gestione finanziaria. Significativo il fatto che Gesù pone queste ultime sullo stesso piano delle prime due perché, anche le preoccupazioni della vita, possono rischiare di farci perdere di vista il fine ultimo, il significato del cammino intrapreso.

Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo.

Vegliate! È il grido che risuona non solo nell’avvento, ma soprattutto all’inizio dell’anno liturgico, per metterci in guardia, per non lasciarci sopraffare dagli eventi della vita, ma rimanere sempre con il timone in mano. Questo sarà possibile se sapremo mettere al centro della nostra giornata il Vangelo, per modellare ogni nostra scelta dalle sue indicazioni.

 

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 8

 


 

(annotazioni)

Il tema di fondo è la diffusione del Vangelo.

1b-4: c’è il tema della diffusione del Vangelo che avviene attraverso la persecuzione. Non c’è un progetto pastorale, ma la presenza del Signore che passa per sentieri sconosciuti.

Sembra che la persecuzione colpì solamente la comunità ellenistica, mentre i cristiani di origine ebraica, ancora fedeli alla legge mosaica, rimasero a Gerusalemme.

Nella visione teologica di Luca l’espansione missionaria non è programmata da mente umana, ma dall’agire misterioso di Dio, che passa anche attraverso situazioni umanamente negative (persecuzione). 

5-13: grazie alla predicazione di Filippo, Simone diventa cristiano.

Filippo è uno dei sette, e uno degli ellenisti che ha dovuto abbandonare la città.

I miracoli (segni) rendono atti alla Parola.

Esorcismi e guarigioni sono i miracoli che caratterizzarono il ministero di Gesù e che ora accompagnano la predicazione degli apostoli. Nei suoi inviati agisce la forza del Risorto e il regno di Dio continua a espandersi e a prevalere sul dominio del male. L’opera di liberazione iniziata da Gesù prosegue nella missione post pasquale.

Gioia: è il segno dell’apertura dell’uomo alla salvezza ed è il tratto distintivo del convertito.

Simone il mago: è un personaggio che ha avuto grande risonanza nella chiesa. È presentato dai Padri (Eusebio, Giustino, Ireneo) come uno gnostico (fondatore della dottrina simoniana). Ireneo lo definisce padre di tutte le eresie. Forse era un mago esponente del sincretismo religioso tipico dell’ellenismo.

12: Lc non parla più di miracoli: la fede autentica nasce dalla predicazione e non da atti miracolistici. Oggetto della predicazione è il regno di Dio e il nome di Gesù Cristo.  

C’è uno schema sotteso: predicazione, ascolto, fede, battesimo e, infine, dono dello Spirito.

14-17: una regione è cristiana quando vi si trovano comunità cristiane. I Dodici sono a fondamento della comunione tra le comunità locali.

Nella spiegazione di Luca il battesimo cristiano non comunica lo Spirto Santo? Sembra che nella chiesa primitiva ci siano due elementi che facevano parte di un medesimo rito: battesimo nel nome e imposizione delle mani. Al battesimo luca lega il perdono dei peccati. In At 9,17 è Anania che impone le mani su Saulo, ciò significa che non è un gesto che appartiene solo ai Dodici.

Chiesa e Spirito di Gesù Cristo sono solo là dove c’è comunione con gli apostoli, i garanti del messaggio di Gesù.

18-25: Pietro smaschera la malvagità di Simone. Segue una formula di scomunica. A Simone viene negata la partecipazione alla Parola. Simone chiede l’intercessione della Chiesa.

26-40: c’è similitudine con le storie di Elia e Eliseo. C’è anche un parallelo con l’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24). Storicamente l’attività di Filippo si inserisce nel più ampio quadro della missione degli ellenisti in ambienti fortemente ellenizzati.

Eunuco: se si tratta di un evirato fisico non può essere che pagano e non proselito, perché l’eunuco era escluso dalla comunità di Israele (Dt 23,2).

Nel primo secolo eunuco poteva essere sinonimo di alto funzionario e non riferirsi ad una condizione fisica.  Nulla, quindi, impedisce di considerarlo un proselito.

Ipotesi più convincente. L’etiope era un pagano e la tradizione raccontava la conversine del primo pagano ad opera di Filippo (e non di Pietro), così come veniva narrata dalla cerchia dei cristiani ellenisti. La tradizione fa capire che l’evento fondamentale della conversione del primo pagano è voluta da Dio.

Il battesimo dell’etiope segna una tappa nuova nella diffusione del vangelo che dal giudaismo avanza verso il mondo pagano. La missione cristiana progredisce.

La costruzione di 8,26-40 mostra anche un interesse catechetico. Il cammino di fede che porta l’etiope al battesimo diventa paradigmatico: l’apertura dell’uomo alla verità, l’approccio guidato alle Scritture interpretate in chiave cristologica, il battesimo stesso che riflette la pratica del rito nella chiesa primitiva: incontro, annuncio, catechesi, battesimo.

È possibile che Luca veda nel battesimo dell’eunuco le realizzazioni delle promesse universalistiche dei profeti: Is 56,3s.

28: il libro di Isaia aveva un’importanza fondamentale nella prima riflessione cristiana

30: presuppone che il senso letterale non sia sufficiente per capire: al di là di esso c’è un significato più profondo dato soltanto nella fede, alla luce dell’evento Gesù Cristo.

Importante: per l’etiope, il fatto di essere eunuco non impedisce il suo pieno inserimento nella Chiesa.

 

 

venerdì 19 novembre 2021

SOLENNITA’ DI CRISTO RE/B




Paolo Cugini

 

È l’ultima domenica del tempo liturgico e la liturgia ci propone la solennità di Cristo Re dell’universo, per aiutarci a riflettere se davvero durante l’anno, Cristo è stato colui che ha orientato i nostri passi, il Signore della nostra storia. Per questo tipo di verifica ci viene proposto il brano di Giovanni 18,33-37, che è un dialogo tra Gesù e pilato nelle ore drammatiche della passione. È dai contenuti di questo dialogo che la liturgia ci propone questo cammino di verifica.

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».

Alla domanda di Pilato Gesù risponde con un’altra domanda, che obbliga lo stesso Pilato a pensare, ad entrare in se stesso, per verificare se le sue conoscenze sono frutto di chiacchiere apprese dalla piazza, o il cammino di una ricerca personale. Qui c’è un primo livello di verifica alla quale siamo interpellati in prima persona. Il Vangelo, infatti, attraverso questa semplice domanda di Gesù, ci interpella sul tipo di conoscenza che abbiamo del Signore. È qualcosa di imparaticcio, oppure siamo entrati in un cammino di conoscenza personale? Ci siamo fermati nel cammino ritenendo sufficienti le poche nozioni imparate al catechismo o ascoltate nella messa domenicale, o abbiamo appreso a confrontarci ogni giorno con il Vangelo? In altre parole, la Parola del Signore sta plasmando la nostra vita, le nostre scelte, o è una cosa marginale e occasionale?

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

Anche questa risposta ha un valore di verifica per il nostro cammino di fede. Gesù parla di un regno che non è di questo mondo, mostrando, in questo modo, l’esistenza, di due livelli di realtà. Il regno di questo mondo è determinato dalle logiche di egoismo e di possesso, che generano relazioni conflittuali r dinamiche di potere. Mentre il Regno di cui Gesù è il Signore è mosso dall’amore del Padre e genera relazioni di uguaglianza, di dono gratuito di sé agli altri. Sono due regni inconciliabili, perché rappresentano due modi di stare al mondo e di vita contrapposti. Mentre il primo tipo di modalità lo assimiliamo nel cammino della vita sin dai primi istanti di esistenza, quello proposto da Gesù lo dobbiamo scegliere.

Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce»

Gesù non è interessato al discorso della regalità e vuole portare il discorso su un altro piano, su quello della verità, che non è una cosa che si possiede, ma che si è. Fare la verità significa essere in sintonia con il progetto di Dio, che pone il bene dell’uomo sopra di tutto. Chi ha messo la sua vita in sintonia con questa verità, ascolta la voce di Gesù. Per capire la voce di Gesù, occorre mettere il bene dell’uomo su tutto. L’idea di verità appare per la prima volta nel prologo e l’ultima volta appare in questo brano in cui Pilato si presenta come svuotato di verità. 

Durante il cammino dell’anno liturgico avremmo dovuto apprendere una distinzione fondamentale sull’idea di verità. C’è, infatti, un’idea di verità che è quella che il mondo ci offre, ed è una verità che non ci disturba, perché è assoluta, immobile, non negoziabile. Questo tipo di verità rimane molto distante dall’uomo e dalla donna, fuori dalla portata umane ed esige un’obbedienza indiscutibile. Chi si pone a servizio di questo tipo di verità diviene una persona dura, rigida, a immagine della verità che serve. Al contrario la verità che Gesù presenta al mondo, è lui stesso e, quindi, una persona, che cammino con gli uomini e le donne in ogni tempo. Non si tratta, dunque, più di una verità immobile, statica, non negoziabile, ma dinamica che esige un continuo sforzo di comprensione e di adattamento. È Gesù la verità che ci fa liberi, liberandoci da ogni forma di idolatria e di ideologia, che è il destino di tutte quelle false verità che vogliono imporsi all’umanità con la propria presunta insindacabilità, non negoziabilità. La presenza di Gesù nella storia smaschera le presunte verità create dagli uomini per dominare sugli altri, soprattutto i più deboli e fragili. Il Vangelo oggi ci pone una domanda profonda: ci siamo liberati dalle false verità abbracciando il suo cammino, o siamo ancora vittime delle ideologie degli uomini?

 

giovedì 18 novembre 2021

COMPRENDERE E RICONOSCERE

 





«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! (Lc 19,41).

Si tratta di comprendere, di capire, di discernere, gli eventi che accadono per interpretarli alla luce delle indicazioni che offre il Vangelo. Questo sforzo di comprensione richiede attenzione, concentrazione sugli obiettivi, una mente sempre attenta e vigilante sul percorso intrapreso, per riconoscere le manifestazioni che vengono dall’alto. Soprattutto, però, si tratta di comprendere ciò che porta alla pace, quelle situazioni che conducono alla riconciliazione e, di conseguenza, scegliere sempre il cammino della pace nelle situazioni quotidiane. Questa comprensione passa, quindi, attraverso le scelte che mettono da parte i cammini violenti, gli atteggiamenti aggressivi, i modi sgarbati, le parole dure. Comprendere quello che porta alla pace significa dunque, divenire operatore di pace, preparare i terreni della riconciliazione, invitando a smorzare i toni, predisponendo al sorriso, preparando gli animi a liberarsi dall’aggressività.

non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata (Lc 19,44).

Il comprendere richiede il riconoscere. C’è una comprensione che sa riconoscere i tempi e i momenti, quei tempi che sono carichi di una qualità di vita che non può essere esclusivamente proveniente dal basso. Ci sono degli eventi che dicono di una visita, di un avvicinarsi, di una manifestazione di qualcosa che proviene da altrove anche se si presenta in vesti umane, terrene. Ecco perché è richiesta la comprensione, l’attenzione che conduce ad un’interpretazione frutto di un discernimento. Ci sono delle visite da capire. Ci sono delle manifestazioni da intuire. Questa comprensione è possibile solo per la mente attenta, il cuore non assopito, l’anima ricolma dell’amore. Un cuore attento riconosce colui che viene negli eventi della storia. Lo riconosce perché lo cerca continuamente e, questa ricerca, è segno dell’amore per l’amato. Ciò significa che la comprensione non è solamente sul piano intellettuale, ma esige l’amore. È, dunque, una comprensione che proviene da un cuore innamorato, che è in continua ricerca dell’amato e, proprio per questo, ne riconosce i tratti negli eventi umani.

 

martedì 16 novembre 2021

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLI 6-7

 

 


 (annotazioni)

Capitolo 6

 

1-6:  Per la prima volta Luca c’informa di due gruppi di cristiani nella Chiesa di Gerusalemme: ebrei ed ellenisti.

Ebrei: giudeo cristiani della Palestina, che abitavano a Gerusalemme e parlavano aramaico.

Ellenisti: israeliti divenuti cristiani, ma originari della diaspora.

Sembra certo che il gruppo di Stefano muovesse serie critiche alla Legge di Mosè e dimostrasse una certa libertà nei suoi confronti.

Le vedove sono trascurate: c’era un aiuto caritativo gestito dagli ebrei.

Nel brano ritroviamo preoccupazioni e insegnamenti cari a Luca:

1.      La premura della comunità per i membri più bisognosi.

2.      Ruolo centrale dei Dodici come custodi dell’unità.

3.      Diffusione della Parola fuori dalle mura di Gerusalemme.

I sette prescelti hanno tutti un nome greco e non svolgono il ministero per il quale sono istituiti (cfr. Stefano e Filippo). I sette in realtà sembrano i responsabili del gruppo ellenista della chiesa di Gerusalemme e svolgeranno una funzione parallela a quella dei Dodici.

Probabilmente siamo dinanzi ad una tensione all’interno della chiesa.

Alla cerchia di Stefano si deve l’inizio della missione verso gli eretici samaritani e verso gli stessi pagani, con la progressiva libertà dalla Legge. Grazie agli ellenisti la Chiesa prende coscienza della propria autonomia religiosa nei confronti del giudaismo. Essi sono l’anello di congiunzione tra il Vangelo dei Dodici e quello annunciato da paolo.

v.7: riappare il tema dell’annuncio.

I nuovi convertiti non provengono dall’aristocrazia sacerdotale, ma fanno parte dei numerosi sacerdoti comuni, spesso di condizione povera.

8-15: ogni volta la persecuzione produce come effetto una predicazione più intensa e una crescita numerica della comunità di Gerusalemme.

A Luca si deve il parallelismo fra la morte di Gesù e quella di Stefano.

Nb: l’impotenza degli avversari suscita la loro violenza. Stefano trionfa sul piano della verità.

Attraverso Stefano Luca informa il lettore sulla sua posizione riguardo al tempio.

Al v. 9 Luca parla di 5 gruppi:

1.      Liberati: discendenti dei giudei fatti prigionieri da Pomepa nel 63 d.C., condotti a Roma e poi liberati.

2.      Giudei provenienti da Cirene (Libia)

3.      A Gerusalemme c’è una sinagoga degli Alessandrini (Egitto)

4.      I due ultimi gruppi provengono da provincie dell’attuale Turchia: la Cilicia, dove si trova Tarso e l’Asia che Luca intende la provincia di Efeso.

 

10: il lettore sa che dove c’è lo Spirito c’è la Verità.

12: per la prima volta negli Atti il popolo si dimostra ostile nei confronti dei Dodici e, in modo particolare, di Stefano.

Capitolo 7

Il tempio simbolizza per eccellenza la presenza di JHWH in mezzo al suo popolo e, quindi, l’identità del popolo d’Israele dentro le proprie frontiere. La distruzione del tempio diventa il segno che Dio non abita in una casa fatta di pietre, segno del superamento del giudaismo come entità chiusa in se stessa. Indirettamente Luca vede nella distruzione del tempio di Gerusalemme la conferma della legittimità della missione universale della chiesa.

8. come la terra e il tempio, anche la circoncisione, benché rito transitorio, è vista da Luca in modo positivo. Il male sta nell’incirconcisione del cuore.

11-13: la discendenza di Abramo finì in Egitto.

17-43: Mosè incarna il compimento della promessa fatta ad Abramo ed apre una nuova promessa, rimanda ad un altro, a Gesù e lo prefigura già con la sua missione e con il suo destino.

Il discorso di Stefano termina non con un appello alla conversione, ma con una durissima accusa contro i giudei del sinedrio.  

Con il discorso di Pietro a Pentecoste si apriva la speranza nella conversione dei giudei; con il discorso di Stefano tale speranza si spegne.

Nel discorso di Stefano c’è una presa di coscienza: le generazioni si rassomigliano nella disobbedienza e durezza di cuore. Luca mette in luce il legame tra l’Israele del passato e quello del presente e, in questo modo, prende decisamente le distanze nei confronti del giudaismo contemporaneo.

 

54-8,1: Come Stefano il credente è invitato ad affidare la propria vita e la propria morte a Cristo e a pregarlo per ottenere il perdono degli avversari, chiedendo così di vivere fino in fondo l’amore ai nemici.

 

 

mercoledì 10 novembre 2021

CHI LEGGE COMPRENDA

 



DOMENICA XXXIII/B

(Mc 13,24-32)

Paolo Cugini

 

Chi legge comprenda” (Mc 13, 14). È lo stesso evangelista Marco ad allertare i lettori sul contenuto delle pagine che precedono la narrazione della passione, morte e resurrezione di Gesù. Sono pagine nelle quali Marco presenta la visione della storia della comunità cristiana. È un invito a non avere paura, ad affrontare con fede le difficoltà e le persecuzioni del momento presente, perché è Cristo il Signore della storia. Sono pagine che, siccome parlano del futuro, sono costruite utilizzando abbondantemente il linguaggio apocalittico, con un materiale che si trova nell’Antico Testamento e, in modo particolare, nel libro del profeta Daniele che, non a caso, è posto come brano nella prima lettura. In che modo, allora, devono comportarsi i cristiani dinanzi alla grande tensione venutasi a creare nella storia con la presenza di Gesù?

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.  

Il linguaggio apocalittico esprime i propri contenuti facendo abbondante uso di simboli. Si tratta, infatti, di esprimere contenuti che riguardano un futuro che, per forza di cose, rimane difficile da descrivere in modo chiaro. La presenza di Gesù sulla terra, le sue parole, la sua morte e resurrezione hanno provocato e scosso le potenze del mondo che si reggono sul sopruso, la violenza e la menzogna. La reazione contro il messaggio del Signore e la sua comunità è di una violenza inaudita. Eppure, proprio la violenza esacerbata, manifestata dalle potenze del mondo si manifesta incapace di contrastare la bontà del messaggio dell’amore vissuto dal Signore e dalla sua comunità, al punto da oscurare la luce delle supposte potenze terrene. Sole, luna e stelle, nel linguaggio apocalittico indicano le potenze del mondo che, proprio nei giorni di grande tribolazione nella comunità, svaniscono, decadono. Sole e luna erano divinità adorate dai popoli pagani. Il processo di liberazione inizia a dare effetti. La luce di Cristo mette in ombra le altre divinità. Si realizza, in questo modo, la profezia di Isaia (cfr. Is 46), che proclamava la distruzione della maggior potenza di quel tempo, vale a dire Babilonia. Il messaggio del Vangelo è dunque chiarissimo: tutte le potenze e tutte le strutture di potere cadranno. Proprio la decadenza e la fine delle potenze mondane manifesta la gloria del Figlio di Dio.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

Il compito della comunità è quella di non lasciarsi confondere dalle apparenze, di vivere nel presente della storia segnata dalla presenza dello Spirito del risorto con coraggio perché Cristo ha già vinto il mondo. Si tratta, allora, d’interpretare i segni dei tempi, imparare a discernere gli eventi e leggerli alla luce del Vangelo per scoprire che quello che in apparenza sembra avere un aspetto negativo, nella realtà manifestata da Cristo è un segno di vittoria.  Seguendo il Signore siamo invitati a collocare gli eventi dentro il quadro più ampio della storia. Il cammino spirituale che compiano dovrebbe aiutarci ad uscire da quelle visioni parziali, incapaci di dar ragione del senso della storia, per aiutarci a vincere la tentazione di risposte immediate e vivere con pazienza il momento presente.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Sono versetti che hanno il chiaro obiettivo di mostrare la forza della Parola di Dio nei confronti delle parole degli uomini. La decadenza dei poteri del mondo, annunciata nei versetti precedenti, potenze la cui luce si manifesta relativa e illusoria, rivela proprio la forza e l’autenticità della parola del Signore che non sbaglia mai e realizza sempre ciò che dice. La differenza qualitativa della parola di Dio nei confronti delle parole umane dei supposti potenti, sta nella durata nel tempo. L’invito, allora, dell’evangelista, alla prima comunità che sta affrontando la dura persecuzione dei potenti che cercano di sopprimere la Parola con la forza, è quello di resistere, di guardare al Signore della storia che, con la sua morte e resurrezione, ha già vinto il mondo e, uniti a lui, parteciperemo della sua gloria.

 

 

martedì 9 novembre 2021

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 5 - STUDIO BIBLICO

 



(annotazioni)

 

1-12 soluzione rapida di un problema che può colpire gravemente la comunità.

Di questo brano sono state proposte diverse interpretazioni.

Per il lettore questo brano rappresenta una sorpresa, che interrompe l’esperienza positiva della prima comunità. Luca vede nella ricchezza e nel possesso dei beni un pericolo grave per la vita della comunità, in particolare per la sua unità. La colpa consiste nell’aver mentito. L’obiettivo del racconto è la preservazione dell’unità.

Con la menzogna Anania ha peccato contro la koinonia, contro l’unità che è dono dello Spirito, ha riversato il veleno della falsità nelle relazioni nelle quali Dio stesso è coinvolto.

11. il timore è la reazione dell’uomo dinanzi alla manifestazione del sacro. Il timore sacro si estende a tutta la chiesa.

12-16. c’è progresso nella diffusione. Ormai la fama si è sparsa al di fuori di Gerusalemme e molti dalle città vicine cominciano ad affluire. Nel pensiero di Luca la comunità è un punto focale la cui forza per i dintorni cresce nella misura in cui essa stessa è comunità.

L’unità della chiesa provoca il successo della missione, così come il risultato della missione stimola la comunione fraterna.

12. realismo di Luca

14. la riverenza agli postoli, la riconoscenza nei confronti della loro autorità, favoriva l’adesione alla fede da parte di molti e questa crescita a sua volta era segno della presenza di Dio.

Entrare nell’ombra di una persona significa entrare in contatto con la persona stessa. Si tratta di un potere depurato da qualsiasi elemento di magia.

17-41: viene riconfermata la centralità della persecuzione nella vita della comunità.

17: è la predicazione degli apostoli a muovere gli avversari, in particolare l’annuncio della Resurrezione.

20-21: devono predicare al popolo nel tempio, nel centro religioso d’Israele, come aveva fatto Gesù per gli apostoli la volontà divina consiste per il momento nel radunare Israele.

22-23: c’è la descrizione di una fuga umanamente impossibile.

28: lc presenta il quadro positivo della predicazione apostolica a Gerusalemme.

30. Dio dei nostri padri: esprime la coscienza della Chiesa di appartenere al vero Israele e di capire la storia di Gesù inserita nella storia della salvezza. Tale storia riguarda anche i membri del sinedrio, anche se questi si oppongono ad essa.

Formula di contrasto. I sadducei rifiutano l’agire divino di Gesù.

Lc cita Dt 21,22. Mediante l’allusione a Dt, il supplizio tipicamente romano della crocefissione diventa un supplizio ebraico e quindi la crocefissione viene direttamente attribuita ai responsabili giudei.

Essendo stato esaltato Gesù è la guida alla salvezza, poiché per prima ha percorso ed ha aperto la via alla salvezza attraverso la propria morte, resurrezione e ascensione. In quanto primo egli è all’origine di tale dono salvifico.

32. funzione della testimonianza che riguarda agli apostoli e ora estesa allo Spirito santo, che svolge una testimonianza interiore. Per questa presenza dello spirito la testimonianza non è semplicemente una difesa, ma un annuncio. Dinanzi al sinedrio Pietro e gli apostoli proclamano il kerigma.

I carismi sono la testimonianza interiore suscitata dallo spirito.

Lo spirito santo è dato ad ogni credente e accompagna la vita della comunità.

33. L’annuncio produce una reazione violenta.

34. intervento provvidenziale di Gamaliele, che era un fariseo e crede nella resurrezione. Gamaliele cita il caso di Teuda e Giuda.

41. gli apostoli gioiscono nella sofferenza provata a causa del None di Gesù. 

martedì 2 novembre 2021

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 4 - STUDIO BIBLICO




(annotazioni)

Nel capitolo quattro Luca introduce un motivo nuovo nella narrazione: la persecuzione quale elemento costitutivo dell’esperienza cristiana.

La forza del Vangelo sta nell’amore che è servizio e dono della vita. È proprio questo messaggio di libertà che suscita l’ostilità dell’autorità stabilita che vede minacciato l’ordine socio-religioso in suo potere.  Con la predicazione apostolica emergono le forze del male in azione nella storia. Questo male s’identifica con il potere costituito, che cerca invano di far tacere la testimonianza degli apostoli.

C’è una nuova potenza in azione: lo Spirito di Pentecoste, che infonde il coraggio della testimonianza agli apostoli. In mezzo ad Israele si sviluppa un nuovo modello di società basato sulla predicazione degli apostoli: prende consistenza il vero Israele dove l’autorità legittima nell’Israele dei credenti viene tolta ai capi giudaici per essere riconosciuta agli apostoli.

I sadducei costituirono un'importante corrente spirituale del medio giudaismo (fine del periodo del secondo Tempio), e anche una distinta fazione politica verso il 130 a.C. sotto la dinastia asmonea. Rappresentata eminentemente dall'aristocrazia delle antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i sacerdoti dei ranghi più alti, nonché, in particolare, il Sommo sacerdote, la corrente dei Sadducei si richiamava, nel proprio nome, all'antico e leggendario Zadok ( o anche Sadoq o Zadoq), sommo sacerdote al tempo di Salomone. Cercavano di vivere un giudaismo illuminato; politicamente erano realisti e quindi, a differenza degli zeloti, cercavano di trovare un compromesso anche con il potere romano (fonte: Wikipedia).

Problema: i sadducei non accettano quello che per la testimonianza degli apostoli è un fatto e cioè che con la resurrezione di Gesù la dottrina della resurrezione generale è vera.

v.1s: parallelismo con Lc 19,47-48: insegnamento di Gesù nel tempio, ostilità dei sommi sacerdoti, degli scribi e dei capi e simpatia della gente. Le autorità giudaiche non riescono a trovare un motivo valido per imprigionare gli apostoli.

Gesù è la dimostrazione che la dottrina della resurrezione è vera, è già iniziata.

v.9s: paradosso (simile alle situazioni che viveva Gesù): trovarsi in giudizio per aver fatto il bene.

Problema della citazione del salmo 117: la pietra di scarto (riletture).

Nota: nell’incapacità di contraddire il discorso dei discepoli si realizza la promessa di Gesù: vi darò una lingua e sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere (Lc 21, 15).

19-20: passaggio di autorità: quella giudaica è decaduta a favore di un’autorità nuova, nella quale si esprime l’autorità attuale di Dio: La testimonianza apostolica.

 

23-31: La comunità in preghiera. Dopo la guarigione del paralitico, la predicazione apostolica nel tempio, l’arresto e l’inizio di persecuzione da parte dell’autorità giudaica, il ciclo narrativo si conclude con il ritorno alla vita di comunità, al punto bade della vita apostolica: la preghiera comunitaria, alla quale Luca dà un valore primordiale. Ha una funzione insostituibile nei momenti gravi e importanti, come del resto lo era per Gesù.

Dio viene riconosciuto come creatore, misteriosamente presente e operante nella passione di Gesù così come è creduto vicino alla Chiesa perseguitata: la persecuzione dei credenti, come la passione di Gesù, rientra nel piano divino che le dà significato.  La comunità unita non chiede di essere liberata dalla prova, ma di avere la forza non solo di affrontarla, ma di trovare in essa il coraggio della testimonianza. Dio interviene immediatamente: lo Spirito Santo scende sui presenti e li riempie di franchezza. Poi c’è il terremoto come segno teofanico.  La necessità della comunione fraterna per vivere il rapporto autentico con Dio e ottenere l’esaudimento della preghiera è un’esigenza presente in tutto l’insegnamento della comunità primitiva.  In quanto creatore di tutto Dio è anche padrone della storia e si prende cura della situazione della Chiesa sottoposta a persecuzione.

32-35: vita interna della comunità

È un quadro ideale della prima comunità di Gerusalemme.

C’è il problema della comunione dei beni.

Realizza Dt 15,4: non vi sarà in te nessun bisognoso. Qumran istituzionalizzava

Importante: il fondamento del legame che unisce i credenti tra di loro non è una simpatia naturale che fiorisce dall’amicizia, ma la fede che presuppone la conversione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 1 novembre 2021

TUTTI SANTI

 



Paolo Cugini


   Solennità di tutti i santi. Festa importante, perché dice dell’offerta di un cammino che spinge e, in un certo senso, costringe l’uomo e la donna ad andare oltre, a guardare oltre, a non fermarsi ai dati immediati, a quello che ci viene offerto dalla vita materiale, a non accontentarci mai, ma a cercare sempre la via migliore, che è quella del bene.

«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: cento quarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello» (Ap 7, 2s).

Che cosa dice un brano come questo? Due cose. La prima, la protezione di Dio su coloro che cercano il bene. C’è una premura nei confronti di quelli che amano Dio, per cui il processo di distruzione viene fermato per permettere di porrei l sigillo su coloro che servono Dio. La seconda considerazione è il numero di color che sono salvati. In realtà, ce ne sono due di numeri. Il prima è 144 mila. Si tratta sicuramente di un numero simbolico 12x12x1000, vale a dire la moltiplicazione del numero che indica le tribù d’Israele. Il numero 1000 indica il popolo nella sua completezza e la sua durata illimitata, per la fedeltà di Dio, all'Alleanza. Questo numero che indica durata illimitata, è rafforzato da quello successivo: una moltitudine immensa. Sono numeri che incoraggiano la ricerca del cammino tracciato da Gesù.

 Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro (1 Gv 3,1-3).

Cammino di santità significa, secondo il testo della prima lettera di Giovanni, cammino verso una somiglianza a colui che guardiamo. Camminare nella vita con questa speranza nel cuore, con il desiderio di essere simili al Signore, nella sua umanità, nel suo modo di pensare e di essere, purifica la nostra esistenza dalle scorie di egoismo, che sono dentro di noi. Chiedere la speranza è una bella preghiera. Potremmo chiederci: quali sono i tratti dell’umanità di Gesù che vorremmo fossero riprodotti in noi attraverso l’azione dello Spirito Santo? Per la risposta a questa domanda ci viene incontro il Vangelo delle Beatitudini, che oggi viene proposto. Mitezza, misericordia, magnanimità, purezza di cuore, pace, giustizia: è questo che opera in noi lo spirito del Signore.