martedì 30 novembre 2021

RITIRO SPIRITUALE AVVENTO DOMENICA 28 NOVEMBRE 2021

 



CHIESA DI GALEAZZA

 

A.    Is 2, 1-4: la pace perpetua (testo parallelo a Mi 4,1-3)

È una visione che parla di Gerusalemme e del tempio posto sul monte Sion. La profezia “vede” l’afflusso di popoli provenienti da tutte le parti attirati dalla Parola del Signore che esce dal tempio. Mentre vanno verso Gerusalemme, i popoli s’invitano tra di loro per salire al tempio (cfr. i salmi della salita 120-134).

3. viene poi descritta la qualità del messia (egli): sarà giudice tra le genti e arbitro tra molti popoli. È una tautologia per dire che la qualità specifica del messia sarà quella di giudice giusto.

4. Che cosa produrrà la giustizia del messia? Un clima di pace, la fine della guerra. Questo versetto mostra che la presenza del messia nella storia porterà la pace. Vengono immediatamente alla mente le parole di Gesù dopo la resurrezione quando appare ai suoi discepoli dicendo: la pace sia con voi! (Gv 20,19). La presenza del messia porta la comunità a vivere come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10,3). Paolo legge la presenza di Cristo nella storia come colui che ha riconciliato il mondo diviso e in guerra attirando l’odio sopra di sé, nella sua carne (Ef 2, 14-18). Lo stile del servo è la mitezza (Is 42,1-2).

Che cosa significano questi versetti per il cammino personale e per la comunità cristiana? Impegno a divenire costruttori di pace, l’impegno a togliere dalla nostra vita personale e comunitaria le dinamiche aggressive e di prepotenza, per fare spazio allo spirito del Signore, alla mansuetudine, benevolenza, misericordia (cfr. Mt 5).

 

B.     Is 25,6-10a Vittoria sulla morte

L’apocalittica di Isaia arriva in questi versetti al suo apice: c’è l’annuncio della risurrezione.

C’è un monte (Gerusalemme) dove s’imbastisce un banchetto. Questo è il centro della terra (24,13) perché qui convergono tutti i popoli (Is 2) per un banchetto straordinariamente abbondante.

Quale banchetto? È un banchetto o una strage? Tutta la tradizione ebraica lo legge in questo senso. I commentatori ebrei interpretano questo testo all’interno della tradizione della “guerra interrotta” o dell’aggressione delle genti contro Gerusalemme.  Forse è meglio collocare questo testo nello spazio ecumenico inaugurato da Isaia 2, nel filone del pellegrinaggio a Gerusalemme delle genti.

Problema 2: è un banchetto regale o sacrificale? È più probabile la seconda ipotesi di un sacrificio di comunione. Questo banchetto deve dunque aver luogo nel tempio.

Quale velo? Solitamente si fa riferimento al velo del lutto, perché chi è in lutto si copre la faccia (cfr. 2 Sam 15,30; 19,5). Perciò togliere il velo sarebbe l’equivalente di asciugare le lacrime dagli occhi. Oppure questo velo può essere quello della non conoscenza di Dio, del Dio di Israele. Isaia lo dice dello stesso Israele che non capisce (ha come gli occhi velati (cfr. 29,10), ma è soprattutto vero delle nazioni, avvolte da una fitta nebbia (cfr. 60,2). Su questo monte Dio rimuove il velo che face va da schermo, che impediva alle genti di riconoscerlo. Siamo, quindi, dinanzi ad un testo rivelativo (apocalittico) dove diviene importante il parallelo di Is 2, con l’accoglienza della Torà che esce da Gerusalemme.

Quale morte? 25,8 parla di un superamento della morte, ma in quali termini? Morte in ebraico e spesso viene personificata (cfr. Os 13,14). Nella tradizione ebraica ma morte è sempre il complemento oggetto del verbo ingoiare, con Dio come soggetto sottinteso e può voler dire: Dio spoglierà la morte del suo potere. La traduzione greca traduce questo versetto in questo modo: la morte è stata ingoiata per la vittoria. Può essere intesa come un’anticipazione della risurrezione dei morti? Forse non è ancora un annuncio esplicito di questo, ma per san Paolo (1 Cor 15, 54) lo è divenuto in maniera irreversibile. La morte è stata vinta e tutte le genti saranno salvate, perché se anche non lo fossero nel tempo presente, lo saranno nell’avvenire della resurrezione.

Come possiamo leggere questo brano nel quadro della liturgia del tempo di avvento? In che modo questo brano orienta la spiritualità tipica dell’avvento?

 

C.    Is 26, 1-6 Un canto per Gerusalemme

Questo è il canto che si canterà profeticamente riguardo a Gerusalemme. In che cosa consiste la sua forza? Essa è circondata da mura e da un baluardo, ma la sua forza non è nelle armi. Al contrario è la pace (shalom c’è due volte nel v. 3). Gerusalemme sarà un giorno quello che deve essere secondo il progetto stabile di Dio. Una città di pace. In questo unicamente consiste la sua forza. Ma questa forza disarmata è sufficiente a espugnare la cittadella orgogliosa (v. 5 alla lettera: esaltata). La cittadella viene calpestata dai passi del debole: viene sottomessa dalla mitezza. Occorre risaltare che questi piedi poveri e deboli secondo il midrash, sono i passi del messia. Interessante il fatto che Gerusalemme non è neppure menzionata. La “città forte” e “la città orgogliosa” sono entrambe senza nome. Potrebbe darsi che sano la stessa città. Questo breve cantico segnerebbe, perciò il passaggio dalla Gerusalemme distrutta a quella ricostruita, dalla Gerusalemme orgogliosa a quella pacificata e, questo passaggio, si attua grazie alla mitezza del messia.

 

D.    Is 29,17-24 Guai ai sapienti

La meraviglia della salvezza ha per effetto di confondere la sapienza dei saggi e dagli intelligenti (v.14). Il messaggio di Isaia è possibile collegarlo a Mt 11,25 e anche a 1 Cor 1,19. Chi sono questi sapienti? Sono quelli che s’illudono di sottrarsi ai disegni di Dio, di sfuggire alle sue meraviglie, per il comprensibile disagio di essere costantemente spiazzati, disorientati. Costoro escogitano paini a propria misura e li tengono nascosti, pensando così, che Dio non li veda, non se ne accorga (v.15). “Approfondiscono nel nascondimento”, come dire che questo atteggiamento intellettuale è abituale e progressivo. Essi continuano a cavare, approfondiscono sempre di più questo loro camuffamento.

v.16: inizia un paragone creazionale con l’argilla e il vasaio che avrà uno sviluppo storico nella seconda parte del libro (45,9).

17-24: c’è una trasposizione dal negativo al positivo che è teologica e non antropologica: Dio solo può riscattare non solo Abramo, ma perfino Abramo e, in lui, la sua discendenza.

Il riscatto di Abramo. Solo qui si parla di un riscatto di Abramo. Perfino gli eletti hanno bisogno di una trasformazione delle facoltà naturali per essere all’altezza della loro vocazione di santità. Forse è per questo motivo che qui si parla della santificazione del “Santo Giacobbe”, che caratterizza la tortuosità del terzo Patriarca e l’inganno con cui ha strappato la benedizione. Questo allude alla trasformazione antropologica che egli ha dovuto attraversare: il cambiamento del nome (Gen 32,29), cioè dell’identità più profonda.

 

E.     Isaia 30,18;26 Benedizione divina

Questo brano è considerato un testo redazionale, una riscrittura della tradizione isaiana, con stampo teologico e stile letterario deuteroisaiano.  Sviluppa gli oracoli isaiani di giudizio in oracoli di salvezza.

È descritto il futuro di Gerusalemme delineato dal punto di vista postesilico.

19. YHWH non aspetta altro che farvi grazia

Dopo il pane misurato e l’acqua razionata dell’esilio, esso prevede il ritorno delle piogge e la conseguente ripresa di una vita agricola e pastorale in terra d’Israele. Questo quadro idilliaco si coniuga con uno scenario apocalittico: “su ogni collina elevata fluiranno rivi d’acqua” (25) proprio nel giorno della grande strage. La luce del sole e della luna si moltiplicherà in intensità, ma non sarà per nuocere, bensì per curare le ferite d’Israele. In questa sorprendente combinazione di immagini idilliache e catastrofiche, è evidente che si tratta di un passo posteriore della redazione.

 

 

 

 

 

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