venerdì 18 marzo 2022

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA/C

 



Paolo Cugini

 

Lc 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

Il tempo di quaresima ci offre un’opportunità per ricentrare la nostra vita e orientarla con maggiore determinazione nel percorso tracciato da Gesù, che troviamo nel Vangelo. In questo percorso anche le letture ci vengono incontro e ci offrono spunti significativi. Vediamone alcuni.

L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?» (Es 3, 1s).

Da che esperienza religiosa proveniamo? Siamo fermi ai contenuti ricevuti nell’infanzia o è avvenuto qualcosa di nuovo che ci ha aperto gli occhi e ci ha fatto cambiare idea, prospettiva? La domanda è provocata dal brano dell’Esodo appena ascoltato. È perché Mosè è attento a quello che avviene nel presente, che si accorge di una novità, si accorge che quello che sta avvenendo sotto i suoi occhi è qualcosa di nuovo. Questo è il primo dato fondamentale della spiritualità del tempo di quaresima: ci dovrebbe aiutare, sensibilizzare all’attenzione, a guardare con occhi attenti quello che ci succede attorno. Solo in questo modo potremo accorgerci di eventi che sono qualitativamente differenti dai soliti e che, in un certo modo, rivelano qualcosa d’altro. Riusciamo ad uscire dalle fantasie infantili su Dio, da quelle fantasie che, alla distanza, c’imprigionano in una gabbia mortale, fatta di precetti e di dottrine che scatenano i sensi di colpa che non ci fanno più dormire, solo se ci accorgiamo che c’è qualcosa di diverso attorno a noi, che si sta rivelando a noi in modo personale. Questi eventi qualitativamente diversi che hanno le caratteristiche della rivelazione, coinvolgono non solo la ragione, ma tutto l’universo personale. Ci sono eventi nella vita che hanno una forza rivelativa così potente da cambiare per sempre l’orizzonte della nostra esistenza. È quello che avviene a Mosè, ad Abramo, ma anche a Pietro e a Paolo.

Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi.

La verità del nostro cammino di fede sta nel passaggio da un modo di vivere la religione come esperienza oggettiva, che non ha alcuna incidenza nel vissuto quotidiano perché si esaurisce nell’obbedienza ai precetti, verso un incontro personale che coinvolge tutte le dimensioni della persona. Il Dio che si manifesta nella storia non è un essere astratto, ma personale, come è personale l’esperienza che ne hanno avuto Abramo, Isacco e Giacobbe.

«Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo (Lc 13, 1s).

Un effetto di questo cammino in cui facciamo l’esperienza personale del Mistero è che ci libera dalle idee ossessive su Dio, della divinità che punisce e uccide, dai sensi di colpa per non avere corrisposto alle esigenze del dio despota e cattivo. L’incontro personale con il Padre che ci ha fatto conoscere Gesù Cristo ci conduce a sperimentare la sua misericordia. Convertirsi significa questo: smettere di credere nelle favole, per fare posto alla misericordia del Padre che si è manifestata nella vita di Gesù Cristo.  Il lavoro che Gesù compie con affermazione come quelle ascoltate oggi è di decostruzione del modello religioso vigente, per liberarci e renderci persone responsabili e consapevoli.

Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai.

Il Signore ci offre adesso un tempo per entrare in una relazione personale con il Padre per vivere serenamente il nostro rapporto con Lui.  L’invito che ci viene rivolto in questa terza settimana di quaresima è di approfittarne, è un invito a non rimandare questa opportunità, perché, come abbiamo ascoltato all’inizio della quaresima: è oggi il tempo della salvezza. 

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