DOMENICA XXXI/C TEMPO COMUNE
Lc 19, 1-10
L’INCONTRO DI GESU’ CON ZACCHEO
Paolo Cugini
Gli incontri che Gesù
realizza durante il suo cammino sono sempre qualcosa di speciale e profondo,
nel senso che, in un modo o nell’altro, offrono sempre notevoli spunti di
riflessione. Gesù non è mai banale e, soprattutto, il suo sguardo non si posa
sulla superficie, ma va diretto al cuore delle persone cogliendone l’essenza.
Per questo rimaniamo imbarazzati entrando tra le righe dei racconti evangelici,
perché non siamo abituati a questo livello di profondità. Ascoltando con
attenzione il dialogo e sforzandoci di andare al di là della lettera,
lasciandoci così guidare dallo Spirito, scopriamo nell’incontro di Gesù con
Zaccheo un vero e proprio modello di cammino di fede, che ci permette di
confrontarlo con il nostro. Lasciamoci, allora guidare dalla narrativa,
mettendoci in ascolto di Lui.
Zaccheo era capo dei pubblicani e ricco
Questa prima
annotazione è di fondamentale importanza. L’uomo che Gesù incontrerà ci dice il
testo che è un peccatore e ricco. Nelle pagine del Vangelo di Luca ascoltate
nelle ultime domeniche se c’è un personaggio preso di mira da Gesù è proprio il
ricco. Ebbene, la sua presenza in questa narrazione ha un significato profondo,
perché vuole dire che Gesù offre davvero la possibilità a tutti di realizzare
un cammino di conversione, e verso tutti dirige il suo sguardo.
Era piccolo di statura.
Andando al di là del
mero dato letterario, ci potremmo chiedere: di che piccolezza si tratta? Qual è
la piccolezza che non ci permette di vedere Gesù passare nella nostra vita? E’
la piccolezza della vita di Zaccheo che ha vissuto tutta un’esistenza ingannando
la gente, soprattutto i più poveri per estorcere denaro. Una vita così senza
dubbio non gli ha permesso di vedere il Signore. E’ la piccolezza della nostra meschinità, del
nostro orgoglio che non ci permette di vedere chi davvero noi siamo, che non ci
permette di togliere le maschere costruite in anni di meticolosa ipocrisia. E
allora, il testo tra le righe ci sta dicendo che il primo passo per vedere il
Signore è accettare la nostra piccolezza, accettare il fatto che siamo piccoli.
Solo così, solo con questa presa di coscienza andremo alla ricerca di un punto
d’appoggio per salire in alto e vedere Gesù passare.
Salì su un sicomoro
Il Sicomoro sul quale
Zaccheo sale è il simbolo di tutti coloro che nella vita ci hanno aiutato a
salire in alto per vedere Gesù. E’ Giovanni Battista che indica ai suoi
discepoli: “Ecco l’Agello di Dio”. Sicomoro significa che nel cammino
spirituale difficilmente riusciremo ad incontrare il Signore da soli: abbiamo
bisogno di qualcuno che ci guidi nel cammino di salita. Sicomoro è la guida
spirituale, è quella persona che ha già percorso questo cammino e lo sta
percorrendo ancora, perché il Signore sarà sempre dinanzi a noi. Sicomoro
autentico è colui che sa di essere un puro strumento, qualcuno sul quale dovrà
poggiare il piede di qualcun altro per vedere il Signore. La peggior cosa che
possa accadere nella nostra vita spirituale è incontrare dei Sicomori che si
credono Gesù, trattenendo i piedi di coloro che cercano di salire per vederlo.
Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo
Questa, per me, è una
delle più belle scene di tutto il Vangelo di Luca. Non è Zaccheo che guarda e
chiama Gesù, ma avviene il contrario. Perché è tanto importante questo sguardo
di Gesù su Zaccheo? Questo sguardo di Gesù rivela che l’autentico cammino di
fede ci porta nelle vicinanze di uno sguardo che proviene da fuori, di una voce
che ci chiama da un altro livello di esistenza. Se fosse il contrario, se il
Signore fosse qualcosa che noi percepiamo nel nostro orizzonte di sensibilità
non sarebbe nient’altro che un idolo. E l’idolo lo possiamo mettere dove
volgiamo noi, perché lo possiamo manipolare a nostro piacimento. L’idolo deve
obbedire ai nostri capricci, perché lo abbiamo costruito con le nostre mani.
Quanti cammini di presupposta fede sono così! Dio non è la risposta alle nostre
domande, il senso della nostra vita, il compimento delle nostre aspirazioni. Al
contrario, siamo noi ad essere interpellati, chiamati, guardati contro ogni
attesa. Lo sguardo di Gesù su di noi è un dono inaspettato che possiamo solo
accogliere. A questo punto viene spontanea una domanda: ci sono dei segni nella
nostra vita che possono certificare se abbiamo colto lo sguardo di Gesù su di
noi e l’abbiamo accolto?
Oggi devo fermarmi a casa tua
Il primo segno inconfondibile
di questo incontro indimenticabile è che diventa visibile alle persone che ci
conoscono da una vita. Casa non vuole dire solamente pareti domestiche dove
vivono i nostri familiari. Casa significa anche gli ambienti che frequentiamo
quotidianamente. Il fatto che Gesù entra nella casa di Zaccheo dopo l’incontro
provocato dallo sguardo, significa che questo sguardo provoca una
trasformazione nella nostra vita così profonda, che la cambia radicalmente dal
di dentro.
Io do la metà dei miei beni ai poveri
Il secondo segno
visibile della verità dello sguardo di Gesù nella nostra vita è la
condivisione, lo stile di vita essenziale. Quando Gesù entra nell’orizzonte
della nostra vita ci riempie così tanto del suo amore, che ci sembra di non
aver più bisogno di nulla. La ricerca del lusso e dell’accumulo non c’entrano
nulla con il Vangelo. L’incontro con Gesù rende la vita più essenziale e
produce un processo di essenzializzazione a tutti i livelli della nostra
esistenza. Buona domenica a tutti.