Paolo Cugini
Io, Giovanni, vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito (Ap 4,1).
È interessante questo “vedere” di Giovanni, che lo pone in linea con le visioni dei profeti. Che cosa significa questo vedere? In primo luogo, rivela un’anima aperta verso il Mistero. Non tutti, infatti, sono in grado di vedere al di là dei dati materiali, al di là del presente. Solo una coscienza abituata a cercare il senso delle cose riesce a penetrare al di là del tempo, a vedere quello che umanamente è impossibile vedere, perché l’anima è intorbidita dai residui istintuali, che ne bloccano lo slancio in avanti. In secondo luogo, il vedere di Giovanni dice della relazione di amore con il Maestro, Gesù. Del resto nel Vangelo, Giovanni è chiamato il discepolo amato. Giovanni vede il Maestro ovunque Lui si trovi: lo ama così tanto che non ci sono barriere che tengano. Ci sono amori tossici, che chiudono gli individui in circoli chiusi e angoscianti, al punto da provocare la rottura con le relazioni parentali e amicali, giungendo al soffocamento interno; ed esistono amori che aprono il respiro all’infinito, che accendono luci, che aprono ponti. È questo l’amore che provoca Gesù in coloro che lo incontrano con il cuore aperto e disponibile al cammino con Lui. Un amore non soffocante e protettivo allo sfinimento, ma un amore che, per chi l’accoglie, diventa cammino di libertà, di possibilità infinita. Un amore, dunque, quello di Gesù e per Lui, che non chiude lo sguardo piegandolo sul proprio ombelico, ma lo rivolge al futuro permettendogli di vedere cose straordinarie e, soprattutto, di percepire la dimensione eterna della propria vocazione alla vita. Quello che Giovanni vede e comunica nella pagine del libro dell’Apocalisse è il cammino dell’amore, che tutti siamo invitati a percorrere.
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