domenica 27 dicembre 2020

DOMENICA DELLA SACRA FAMIGLIA

 

Paolo Cugini

 

   


C’è un racconto di Tolstoj che narra la storia di un giovane che un giorno decise di uscire di casa per cercare un tesoro. Quest’uomo passò la vita a percorrere mari e fiumi, a vivere in tanti paesi per cercare un tesoro, ma non lo trovò mai. Quando le forze gli vennero a mancare per via dell’età, decise di ritornare a casa. Una mattina, mentre cercava qualcosa che gli era caduta, spostando la stufa si accorge di una botola. La sposta e proprio sotto alla botola trovò il tesoro che aveva cercato tutta la vita. La morale del racconto di Tolstoj è che le cose più preziose della vita sono vicine a noi, alla nostra portata.

   Questa considerazione vale per la festa di oggi. Infatti, Gesù, il Figlio di Dio, venendo sulla terra e nascendo da una famiglia, ci ha comunicato che tutto il materiale, tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per dare un senso nella nostra esistenza, per umanizzarla li abbiamo sotto il naso, vale a dire, nella nostra famiglia. Andiamo in chiesa per diventare persone più umane, più sensibile, più attente agli altri e meno egoiste. Ebbene, il Natale ci dice che Dio ha messo tutto il necessario per questo cammino nella famiglia. Infatti, anche per Gesù è stato così, anche Gesù ha imparato dalla vita di famiglia, dal rapporto con Giuseppe e Maria, con i parenti che cosa significa essere e diventare uomini. La divinità di Gesù si trova nei tratti della sua umanità, che si è venuta modellando con il tempo grazie anche alla relazione con Maria e Giuseppe. E, infatti, vari tratti dell’umanità di Gesù dicono di sua madre Maria e di suo padre Giuseppe.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice anche di elementi essenziali dell’identità di Gesù, che si ritroveranno manifestati nella sua vita adulta.

 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore” (Lc 2,22-23).

Dal punto di vista generale, il brano del Vangelo ci dice della missione di Gesù, nato da una donna, nato sotto la legge per liberare gli uomini e le donne dal peso della legge, non annullandola, ma mostrandone, da una parte le deformazioni prodotte dagli interessi umani e, dall’altra, mostrandone il senso autentico. Gesù viene al mondo per mostrare che l’unica legge che dev’essere seguita è quella dell’amore e, in questo modo, smaschera tutte quelle leggi, anche religiose, che invece legano l’uomo e la donna, li imprigionano dentro un reticolo di precetti con l’unico obiettivo di controllarli.



 I genitori portano Gesù al tempo per adempiere a due prescrizioni della legge. La prima è la purificazione di Maria che, conforme al Libro del Levitico (Lv 12, 1) considera impura una donna che dà alla luce un figlio e, per questo, deve purificarsi e deve rimanere trentatré giorni per purificarsi dal suo sangue, perché in questo stato non poteva accedere al Tempio (in caso di una figlia i giorni di purificazione sono 66! Della serie: la forza spaventosa della cultura patriarcale). La seconda prescrizione è il riscatto del primogenito, con del denaro o, per le famiglie povere, com’è il caso di Maria e Giuseppe, con due tortore o due colombi. Come dice Paolo ai Galati: “Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge” (Gal 4,4-5).

Mentre Maria e Giuseppe salgono al Tempio, proprio dal Tempio viene l’uomo dello Spirito, il profeta Simeone, come se volesse impedire l’inutile rito. Simeone prende il bambino fra le braccia e benedice Dio. Sarà luce per illuminare le nazioni, le etnie, che indica i popoli pagani. L’amore del Signore è universale e arriva pure ai pagani. Messaggio sconvolgente per delle orecchie abituate a sentire una parola unidirezionale, solo riferita alla salvezza del popolo ebraico. Il messia, lungi dall’essere salvatore solo degli ebrei, porta l’amore di Dio a tutte le nazioni. Questo discorso vale anche per noi che riceviamo e accogliamo lo Spirito del Signore: la comunità cristiana deve progressivamente divenire uno spazio aperto a tutti e tutte.

Poi rivolgendosi a Maria Simeone aggiunge: “anche a te una spada trafiggerà l’anima affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2, 35). Tutta una tradizione ha travisato questo versetto interpretandolo con immagini di dolore, mentre il significato è ben altro. La spada, infatti, nella Bibbia, è immagine Parola di Dio, come ci ricorda la lettera agli Ebrei dove si dice che: “La Parola di Dio è viva ed efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio, essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello Spirito” (Eb 4,12). Simeone dice a Maria che le Parole del Figlio la porteranno a delle scelte dolorose. Come Maria ha accolto le parole dell’angelo ed è divenuta la Madre di Gesù, ebbene ora dovrà accogliere le Parole del Figlio per proseguire il cammino e diventarne una discepola, prototipo di tutti i discepoli e discepole del Signore.



Il Vangelo c’invita a seguire Gesù nel suo cammino di uscita dal tempio e dalla religione dei precetti e delle dottrine che imprigionano l’uomo e la donna e li abbrutiscono, per abbracciare la fede, la fiducia nel Padre che desidera relazione nuove e autentiche per i suoi figli e figlie.

 

 

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