giovedì 25 febbraio 2016

RIFLESSIONI SUL SALMO 22





SALMO 22


Riflessioni di Paolo Cugini


E’ UN SALMO DI SUPPLICA E DI RINGRAZIAMENTO.
 Sono parole di una persona che ha sperimentato la sofferenza e nella sofferenza si dirige al Signore con il grido della supplica ricevendo risposta positiva. Per questo trasforma il suo lamento in un rendimento di grazie.
Caratteristica: si tratta di una sofferenza che ha condotto il salmista sino alle soglie della morte (v. 16). La liberazione dalla sofferenza ha assunto i toni di una risurrezione. Misericordia di Dio che dà vita, che rimette in piedi.
Il salmo è diviso in due parti:
Prima: appello a Dio
Seconda: ringraziamento.
In mezzo: immaginiamo la salvezza, l’intervento del Signore

PRIMA PARTE
2. Si deve immaginare questa richiesta al termine di una lunga preghiera. Per giorni il salmista ha invocato il Signore e adesso sembra al limite della sopportazione. C’è una formula paradossale: Dio mio, esprime legame. “Perché mi hai abbandonato”: è un’accusa.

Tu sei lontano dalla mia salvezza: in alcuni salmi Dio viene definito come mia salvezza. In questo caso Dio sembra lontano dalla sua stessa identità. Questa è l’esperienza più difficile della fede (cfr. Giobbe): trovarsi di fronte ad un Dio che non immaginiamo. Vediamo l’esperienza grande della fede quando Dio sembra dimenticare o trascurare l’uomo. Pensiamo alla fede come una scelta fatta da noi. Nella concezione biblica è Dio che ha costruito il legame con me. Mi posso ribellare, ma non posso cancellare il legame con Lui. Dio sta prima di me: da Lui non mi posso allontanare. Nel nostro salmo spariscono le concezioni tipiche che abbiamo di Dio, di colui che risponde alle invocazioni (Sal 118,5: nell’angoscia ho invocato il Signore; mi ha risposto il Signore e mi ha tratto in salvo).
4-6: ricorso all’esperienza dei padri, il ricordo va alla storia d’Israele: Dio ha liberato e salvato i nostri padri, hanno potuto sperimentare la potente misericordia del Signore.

7-9: dice tutta la distanza tra la salvezza del passato e l’angoscia presente. C’è tutta l’esperienza dell’esclusione: il salmista si sente escluso e rifiutato dal suo popolo.

10-11: ricordo della propria esperienza personale: sei tu che mi hai tratto dal grembo. Se andiamo indietro nell’esperienza della nostra vita non riusciamo a trovare un momento senza la vicinanza, la premura e la tenerezza di Dio. Nei momenti di sconforto occorre avere la lucidità di non permettere che il male presente offuschi la luce del bene vissuto nel passato. Dovrebbe invece avvenire il contrario. Il ricordo positivo della misericordia di Dio nella nostra vita, deve darci la forza di sopportare la sofferenza presente. Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio.

12: il salmista vive una situazione per cui non può cercare aiuto nella società, negli altri, nella famiglia. Il salmista si trova come circondato da persone e situazioni che vogliono il suo male: 13-14. E’ difficile comprendere che a che cosa il salmista si riferisce; senza dubbio sono parole che esprimono una grande paura.
15: il salmista esprime la sua condizione attuale con delle immagini.
La prima immagine è dell’organismo umano che si disfa. Le ossa non riescono più a tenere in piedi il corpo e gli organi perdono la loro identità.
Immagine dell’acqua: aridità della vita senza acqua.

Su polvere di morte mi hai deposto: in realtà come abbiamo letto, sono gli uomini che lo stanno minacciando. Ma il salmista legge questi eventi come voluti da Dio. E allora se da Dio dipende la condizione di morte da Dio dipenderà anche la possibilità di salvezza.
 17-21: il clima diventa ancora più negativo.
20-22: supplica. Prima il salmista aveva chiesto di essere salvato dalla morte, adesso chiede di essere liberato dai nemici. Il Signore, se vuole, può ricondurci alla salvezza, alla pienezza di vita.


SECONDA PARRTE
23-25: ALL’IMPROVVISO IL SALMO CAMBIA DI TONO. C’è stato senza dubbio un intervento di Dio, che è lasciato all’immaginazione. Il salmo era iniziato con espressioni di angoscio e dolore, adesso il Signore si è fatto conoscere, vedere, sentire toccare dal salmista.

Annunzierò il tuo nome ai fratelli: è la prova che è avvenuto qualcosa, che c’è stato un incontro, che il salmista ha percepito il passaggio di Dio nella sua vita. Si è sentito ascoltato, guardato. La prova di questo incontro è la disponibilità e il desiderio di comunicarla (cfr. Isaia, Pietro, ecc.).

Nome del Signore: esprime l’identità del Signore conosciuto dentro un’esperienza. Il nome del Signore è quello che il Signore ha fatto. Se diciamo “Il nome del Signore è il salvatore”, come affermiamo nel Magnificat, non stiamo esprimendo un concetto, una riflessione, ma il contenuto di un’esperienza. Se Dio è salvatore è perché mi ha salvato. Ebbene quando sperimentiamo Dio in questo modo non riusciamo a trattenerlo per noi, ma desideriamo comunicarlo immediatamente. Il nome di Dio è quello che di Dio abbiamo sperimentato, per questo quando pronunciamo il suo nome ci viene in mente qualcosa, un ricordo, una storia, un legame speciale.

 “Annunzierò il tuo nome”, quello che ho conosciuto di te, in mezzo all’assemblea. Prima, all’epoca della sofferenza causata dagli insulti, era fuggito dall’assemblea, dal contesto sociale: ora vi ritorna e coinvolge tutto il suo popolo. Ciò significa che l’esperienza di salvezza del salmista non è appena individuale, non rimane e non può rimanere dentro di lui, ma deve uscire, coinvolgere tutto il popolo nel rendimento di grazie e nella lode.

26-27: il ringraziamento si allarga in particolare ai poveri
28: Il cerchio si allarga all’umanità intera. Perché il regno di Dio è universale e riguarda l’umanità intera.

Il regno di Dio: salvezza di Dio, la sua provvidenza, l’amore e la giustizia di Dio, che riguardano tutti gli uomini. La prospettiva universale è così grande che il salmista giunge ad esprimere qualcosa che prima non si era mai sentito:

30: nella concezione della religiosità di Israele e nei salmi i morti non lodano il Signore. Sono i viventi che sperimentano il dono della benedizione di Dio. Nel nostro salmo sono coinvolti anche loro e quindi il rendimento di grazie del nostro salmo supera anche la soglia che sino ad allora era impensabile, vale a dire la morte, il regno dei morti.

31-32: E io vivrò per lui. Conclusione stupenda del salmista. 

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