Matrimonio di Debora e Antonio
Regina Pacis (RE) sabato 28 agosto 2021
(Ct 2,8-10.14.16a; 8,6-7°; Sal 138; 2 Cor 3,18; 7, 21.24-29)
C’è un detto rabbinico che afferma
che, quando Dio creò l’uomo e la donna, camminava con loro nel giardino
dell’Eden. Poi, quando vide che Eva mangiò il frutto dall’albero che Lui aveva
proibito di mangiare, si ritirò nel primo cielo. In seguito, dopo che Caino
uccise Abele, Dio si ritirò al secondo cielo. Anche la storia di Babele provocò
la tristezza di Dio, che si ritirò nel terzo cielo. E così, di cielo in cielo,
Dio arrivò all’ultimo cielo, il settimo, disgustato dal comportamento degli
uomini e delle donne che, invece di partecipare alla felicità del creato, si
erano messi a rivaleggiare gli uni con gli altri, sino al punto di disprezzare
Dio. Però, dopo un certo tempo, Dio guardandosi intorno vide che la situazione
di solitudine in cui si era venuto a trovare non era buona e, così, decise di
tornare sulla terra. Non tornò, però, a mani vuote, ma con un regalo che
spiegasse il senso dello stare al mondo, che contenesse il significato di
quello che pensava quando creò l’uomo e la donna. E fu così che Dio consegnò
all’umanità quel libretto che poi finì tra i libri della Bibbia: il Cantico dei Cantici.
Mi è sempre piaciuta questa
storiella, sin dalla prima volta che l’ho ascoltata, perché contiene un
messaggio molto profondo e vero. Se il Cantico dei Cantici è il dono di Dio ad
un’umanità che si è persa nell’egoismo e nelle dinamiche di violenza e di
rivalità, significa che dobbiamo imparare ad apprezzare il dono grande
dell’amore e considerarlo la fonte di un’esistenza felice. C’è, comunque una
sorpresa nella sorpresa in questa narrazione rabbinica ed è questa. La storia
d’amore che ascoltiamo nel Cantico dei Cantici è narrata da una donna. Questo è
un dato interessante sul quale vale la pena soffermarci. In una cultura
patriarcale com’era quella ebraica (e com'è ancora la nostra!) in cui le narrazioni erano sempre al
maschile e la storia narrata nella Bibbia è al maschile, si trova questo
librettino, che vuole rivelare il senso della storia e della creazione così
come Dio l’ha pensata, ed è al femminile. C’è uno sguardo sulla relazione che è
diverso rispetto quello che troviamo solitamente. Abbiamo sempre e solo lo
sguardo maschile, che è uno sguardo di possesso sulla donna. Qui troviamo
qualcosa di nuovo, perché è uno sguardo che indica un cammino, che prende
l’ascoltatore per mano per condurlo verso un senso profondo dell’amore. È
Ravasi, infatti, che nel suo poderoso studio sul Cantico dei Cantici fa notare
che più del 65% delle 1200 parole del Cantico sono pronunciate dalla donna,
l’amata. È una storia d’amore che non va subito al dunque, che non arriva in
modo immediato a pronunciare dei contenuti apodittici, ma che si perde in
dettagli. Troviamo, infatti, la descrizione minuziosa del corpo dell’amato e
dell’amata: Vengono narrati gli spasimi, gli ammiccamenti, le corse per le
strade di Gerusalemme. Tutto questo per dire cosa? Qual è il messaggio?
Secondo Ravasi ci sono tre livelli di
lettura che rappresentano il percorso che la donna e l’uomo sono invitati a
compiere non solo una volta, ma continuamente. C’è il livello sessuale, che
troviamo nella descrizione minuziosa dei corpi, che è importante, perché il
corpo rivela l’identità, l’immagine di Dio di una persona. Discorso importante
perché ci toglie dal rischio di spiritualizzare il discorso sull’amore,
entrando a volte, come si osserva in alcune proposte di comunità cristiane, in
cammini manichei, dove il corpo viene disprezzato e la sessualità bistrattata,
sintomo di un platonismo di ritorno, che ha poco a che fare con il messaggio
cristiano. Poi, c’è un secondo livello di lettura presente nel cantico, che è
l’erotismo, simbolo della creatività, dell’arte, sentimento, passione,
delicatezza, tenerezza. Questo secondo livello ci dice che anche il piacere sessuale fa parte del piano di Dio e va valorizzato. Terzo livello è l’amore in cui c’è la donazione
reciproca, che richiede una scelta libera. L’amore, come espressione suprema
significa in una dimensione di coppia, la consapevolezza di non poter più
vivere senza l’altro, non tanto perché l’altro mi completa, come solitamente si
dice, ma perché l’altro mi fa vivere, mi apre spazi inauditi di realizzazione,
di vita. Questa è la lezione che dobbiamo prendere: mettere insieme i tre
livelli.
Lo
sguardo femminile sull’amore dice parole profonde, inusitate: mettimi come
sigillo sul tuo cuore. Sigillo: era la carta d’identità. La donna dice: io
sono la tua carta d’identità. I due devono sentirsi l’un l’altro non per
completarsi, ma per esistere. L’amore dice che lui, lei è l’unico, l’unica, è
parte della vita. C’è la percezione che proviene dal cuore, che senza lui, lei,
la vita non è più la stessa. Per questo il matrimonio: per unire per sempre ciò
che viene percepito come tale.
Che cosa dice ancora lo sguardo
femminile della donna sul tema dell’amore che vale la pena sottolineare in un
giorno così importante per voi? forte come la morte è l’amore. Dice che
la morte è forte, è una realtà incontrovertibile, ma anche l’amore non scherza.
La morte in una relazione s’insinua a volte con il tradimento, con la
superficialità della vita che congela la relazione, la rende fredda, senza
slanci. Ebbene, lo sguardo femminile sull’amore dice che anche nelle situazioni
di morte che possono sconvolgere la vita di coppia, l’amore è quella realtà che
può riportare vita. Del resto, sono situazioni già viste, già narrate nella
Bibbia. È infatti, l’amore di Rut che rinuncia a farsi una nuova vita per
essere fedele a Noemi, che era rimasta vedova e senza figli, che gli permetterà
d’incontrare Booz, che s’innamorerà di lei e il loro figlio sarà il padre di
Davide. È ancora l’amore di Giuditta, il cui amore per Dio gli permette di
vedere cammini di vita, proprio là dove il Popolo d’Israele non vedeva più
nulla. E infatti, l’intelligenza alimentata dall’amore, gli permette di
elaborare una strategia tale che sconfiggerà il nemico. L’amore che è più forte
della morte è quello che ha nel cuore Maria di Magdala, che non crede
all’evidenza della morte di Gesù e va sulla tomba a piangere, perché lo sente
vivo, perché l’amore non accetta la morte del partner, e lo vede vivo grazie
all’amore che aveva dentro per Lui, lo ritrova in una forma nuova, risorto,
trasfigurato L’amore è una fiamma di Dio nel cuore, è il principio
trasformatore della realtà, che ci permette di sperare contro ogni disperazione
e di vedere vita là dove il senso comune vede morte.
Non chiunque mi dice: Signore,
Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio
che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in
pratica…
Non è l’invito ad un’obbedienza cieca
nei confronti di un codice, di una dottrina: è un’altra cosa. Il riferimento
all’obbedienza infatti, è il contenuto del discorso della montagna, che è il
messaggio centrale di Gesù, della sua proposta. “Beati i miti, i
misericordiosi, i costruttori di pace” E poi ancora: “siete luce del mondo,
sale della terra”. Si capisce molto bene ascoltando il messaggio di Gesù che
l’obbedienza richiesta è, in realtà, l’invito a verificare ogni giorno ogni
scelta affinché tutto sia risposta alla proposta del Signore. La casa sulla
roccia, è allora, il frutto di un cammino condiviso, che prende sul serio il
dono dell’amore ricevuto e, prima d’immetterlo nei protocolli esistenti e
d’innescare il pilota automatico della brava famiglia cristiana, accettate di
viverlo ogni giorno, affrontando le sorprese, le novità che l’amore comporta, mettendo
gli sbagli che possono avvenire, davanti al Signore, il cui Spirito, come ci
ricorda san Paolo nella seconda lettura, trasforma tutto in amore. C’è un
principio di vita vera, di vita eterna che Cristo con la sua morte e
resurrezione ha impresso nella storia e nei cuori dei credenti, principio di
vita che trasforma tutto in amore, tutte le situazioni negative in positive,
perché tutto dev’essere trasformato in Cristo. Non fate l’errore che purtroppo
tanti commettono anche in buona fede, di vivere il proprio amore unico e
irripetibile, come tutti fanno, pensando che la cosa giusta sia fare come fanno
tutti. In questo modo viene disperso il senso di un progetto originalissimo che
Dio ha voluto dare all’umanità.
Vivere il dono ricevuto significa porre
attenzione al cammino che questo comporta, che modifica le nostre proiezioni
che, a contatto con la realtà, che a volte è dura, molto dura, esigono la
disponibilità al cambiamento. Vivete, allora, quello che siete e che ora
ricevete nel sacramento. Siate ciò che ricevete e vivete ciò che diventate.
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