venerdì 27 agosto 2021

SIATE CIO' CHE RICEVETE E VIVETE CIO' CHE DIVENTATE

 


Matrimonio di Debora e Antonio

Regina Pacis (RE) sabato 28 agosto 2021


(Ct 2,8-10.14.16a; 8,6-7°; Sal 138; 2 Cor 3,18; 7, 21.24-29)


C’è un detto rabbinico che afferma che, quando Dio creò l’uomo e la donna, camminava con loro nel giardino dell’Eden. Poi, quando vide che Eva mangiò il frutto dall’albero che Lui aveva proibito di mangiare, si ritirò nel primo cielo. In seguito, dopo che Caino uccise Abele, Dio si ritirò al secondo cielo. Anche la storia di Babele provocò la tristezza di Dio, che si ritirò nel terzo cielo. E così, di cielo in cielo, Dio arrivò all’ultimo cielo, il settimo, disgustato dal comportamento degli uomini e delle donne che, invece di partecipare alla felicità del creato, si erano messi a rivaleggiare gli uni con gli altri, sino al punto di disprezzare Dio. Però, dopo un certo tempo, Dio guardandosi intorno vide che la situazione di solitudine in cui si era venuto a trovare non era buona e, così, decise di tornare sulla terra. Non tornò, però, a mani vuote, ma con un regalo che spiegasse il senso dello stare al mondo, che contenesse il significato di quello che pensava quando creò l’uomo e la donna. E fu così che Dio consegnò all’umanità quel libretto che poi finì tra i libri della Bibbia: il Cantico dei Cantici.

Mi è sempre piaciuta questa storiella, sin dalla prima volta che l’ho ascoltata, perché contiene un messaggio molto profondo e vero. Se il Cantico dei Cantici è il dono di Dio ad un’umanità che si è persa nell’egoismo e nelle dinamiche di violenza e di rivalità, significa che dobbiamo imparare ad apprezzare il dono grande dell’amore e considerarlo la fonte di un’esistenza felice. C’è, comunque una sorpresa nella sorpresa in questa narrazione rabbinica ed è questa. La storia d’amore che ascoltiamo nel Cantico dei Cantici è narrata da una donna. Questo è un dato interessante sul quale vale la pena soffermarci. In una cultura patriarcale com’era quella ebraica (e com'è ancora la nostra!) in cui le narrazioni erano sempre al maschile e la storia narrata nella Bibbia è al maschile, si trova questo librettino, che vuole rivelare il senso della storia e della creazione così come Dio l’ha pensata, ed è al femminile. C’è uno sguardo sulla relazione che è diverso rispetto quello che troviamo solitamente. Abbiamo sempre e solo lo sguardo maschile, che è uno sguardo di possesso sulla donna. Qui troviamo qualcosa di nuovo, perché è uno sguardo che indica un cammino, che prende l’ascoltatore per mano per condurlo verso un senso profondo dell’amore. È Ravasi, infatti, che nel suo poderoso studio sul Cantico dei Cantici fa notare che più del 65% delle 1200 parole del Cantico sono pronunciate dalla donna, l’amata. È una storia d’amore che non va subito al dunque, che non arriva in modo immediato a pronunciare dei contenuti apodittici, ma che si perde in dettagli. Troviamo, infatti, la descrizione minuziosa del corpo dell’amato e dell’amata: Vengono narrati gli spasimi, gli ammiccamenti, le corse per le strade di Gerusalemme. Tutto questo per dire cosa? Qual è il messaggio?

Secondo Ravasi ci sono tre livelli di lettura che rappresentano il percorso che la donna e l’uomo sono invitati a compiere non solo una volta, ma continuamente. C’è il livello sessuale, che troviamo nella descrizione minuziosa dei corpi, che è importante, perché il corpo rivela l’identità, l’immagine di Dio di una persona. Discorso importante perché ci toglie dal rischio di spiritualizzare il discorso sull’amore, entrando a volte, come si osserva in alcune proposte di comunità cristiane, in cammini manichei, dove il corpo viene disprezzato e la sessualità bistrattata, sintomo di un platonismo di ritorno, che ha poco a che fare con il messaggio cristiano. Poi, c’è un secondo livello di lettura presente nel cantico, che è l’erotismo, simbolo della creatività, dell’arte, sentimento, passione, delicatezza, tenerezza. Questo secondo livello ci dice che anche il piacere sessuale fa parte del piano di Dio e va valorizzato. Terzo livello è l’amore in cui c’è la donazione reciproca, che richiede una scelta libera. L’amore, come espressione suprema significa in una dimensione di coppia, la consapevolezza di non poter più vivere senza l’altro, non tanto perché l’altro mi completa, come solitamente si dice, ma perché l’altro mi fa vivere, mi apre spazi inauditi di realizzazione, di vita. Questa è la lezione che dobbiamo prendere: mettere insieme i tre livelli.

Lo sguardo femminile sull’amore dice parole profonde, inusitate: mettimi come sigillo sul tuo cuore. Sigillo: era la carta d’identità. La donna dice: io sono la tua carta d’identità. I due devono sentirsi l’un l’altro non per completarsi, ma per esistere. L’amore dice che lui, lei è l’unico, l’unica, è parte della vita. C’è la percezione che proviene dal cuore, che senza lui, lei, la vita non è più la stessa. Per questo il matrimonio: per unire per sempre ciò che viene percepito come tale.

Che cosa dice ancora lo sguardo femminile della donna sul tema dell’amore che vale la pena sottolineare in un giorno così importante per voi? forte come la morte è l’amore. Dice che la morte è forte, è una realtà incontrovertibile, ma anche l’amore non scherza. La morte in una relazione s’insinua a volte con il tradimento, con la superficialità della vita che congela la relazione, la rende fredda, senza slanci. Ebbene, lo sguardo femminile sull’amore dice che anche nelle situazioni di morte che possono sconvolgere la vita di coppia, l’amore è quella realtà che può riportare vita. Del resto, sono situazioni già viste, già narrate nella Bibbia. È infatti, l’amore di Rut che rinuncia a farsi una nuova vita per essere fedele a Noemi, che era rimasta vedova e senza figli, che gli permetterà d’incontrare Booz, che s’innamorerà di lei e il loro figlio sarà il padre di Davide. È ancora l’amore di Giuditta, il cui amore per Dio gli permette di vedere cammini di vita, proprio là dove il Popolo d’Israele non vedeva più nulla. E infatti, l’intelligenza alimentata dall’amore, gli permette di elaborare una strategia tale che sconfiggerà il nemico. L’amore che è più forte della morte è quello che ha nel cuore Maria di Magdala, che non crede all’evidenza della morte di Gesù e va sulla tomba a piangere, perché lo sente vivo, perché l’amore non accetta la morte del partner, e lo vede vivo grazie all’amore che aveva dentro per Lui, lo ritrova in una forma nuova, risorto, trasfigurato L’amore è una fiamma di Dio nel cuore, è il principio trasformatore della realtà, che ci permette di sperare contro ogni disperazione e di vedere vita là dove il senso comune vede morte.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica…

Non è l’invito ad un’obbedienza cieca nei confronti di un codice, di una dottrina: è un’altra cosa. Il riferimento all’obbedienza infatti, è il contenuto del discorso della montagna, che è il messaggio centrale di Gesù, della sua proposta. “Beati i miti, i misericordiosi, i costruttori di pace” E poi ancora: “siete luce del mondo, sale della terra”. Si capisce molto bene ascoltando il messaggio di Gesù che l’obbedienza richiesta è, in realtà, l’invito a verificare ogni giorno ogni scelta affinché tutto sia risposta alla proposta del Signore. La casa sulla roccia, è allora, il frutto di un cammino condiviso, che prende sul serio il dono dell’amore ricevuto e, prima d’immetterlo nei protocolli esistenti e d’innescare il pilota automatico della brava famiglia cristiana, accettate di viverlo ogni giorno, affrontando le sorprese, le novità che l’amore comporta, mettendo gli sbagli che possono avvenire, davanti al Signore, il cui Spirito, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura, trasforma tutto in amore. C’è un principio di vita vera, di vita eterna che Cristo con la sua morte e resurrezione ha impresso nella storia e nei cuori dei credenti, principio di vita che trasforma tutto in amore, tutte le situazioni negative in positive, perché tutto dev’essere trasformato in Cristo. Non fate l’errore che purtroppo tanti commettono anche in buona fede, di vivere il proprio amore unico e irripetibile, come tutti fanno, pensando che la cosa giusta sia fare come fanno tutti. In questo modo viene disperso il senso di un progetto originalissimo che Dio ha voluto dare all’umanità.

 

Vivere il dono ricevuto significa porre attenzione al cammino che questo comporta, che modifica le nostre proiezioni che, a contatto con la realtà, che a volte è dura, molto dura, esigono la disponibilità al cambiamento. Vivete, allora, quello che siete e che ora ricevete nel sacramento. Siate ciò che ricevete e vivete ciò che diventate. 

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