DOMENICA 3 GENNAIO 2021
Paolo
Cugini
La
seconda domenica dopo il Natale propone alla nostra riflessione il tema della sapienza
di Dio. Una sapienza che ha donato all’umanità il suo Figlio Gesù.
Questo è il grande mistero che necessita, appunto, di una sapienza che venga
dall’alto, perché con i soli mezzi umani è difficile capire come Dio possa
entrare nella storia umana, in un corpo umano. Per questo motivo, sin dall’inizio,
sono sorti gruppi che rifiutavano questo messaggio considerato assurdo.
È
curiosa l’insistenza del tema della sapienza per un discorso di tipo religioso
che, a primo acchito, sembra richiamare invece, il sentimento, l’entusiasmo.
Senza dubbio, l’esperienza religiosa coinvolge tutte le dimensioni della
persona, compreso, dunque, il sentimento. Curioso,
a mio avviso, è l’insistenza della sapienza come specifico dell’esperienza
cristiana. Non si tratta, infatti, appena di
credere, ma di capire ciò in cui si crede, perché più capiamo ciò in cui
crediamo, più lo amiamo. L’amore, per certi aspetti, esige la conoscenza dell’amato.
[La sapienza] ha posto le radici in mezzo a un
popolo glorioso,
nella
porzione del Signore è la mia eredità,
nell'assemblea
dei santi ho preso dimora (Sir 24,16)
Nella
prima lettura Ben Sira, l’autore del libro del Siracide vissuto nel primo
secolo prima di Cristo, scrive di una sapienza personificata in un personaggio
misterioso, che però anticipa alcuni aspetti che saranno presenti nel Figlio di
Dio, che ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini e alle donne. Chi cerca la verità, chi aspira alla conoscenza di Dio,
intuisce il cammino del Signore, la sua presenza nella storia.
Sottolineare il discorso
della sapienza ha un primo risvolto significativo, vale a dire, che nulla è a
caso, ma tutto è avvolto dalla sapienza di Dio incarnata in Gesù, che viene a
noi attraverso lo Spirito. Come dice san Paolo: “tutto è stato fatto per
mezzo di Lui (Gesù Cristo) e in vista di Lui” (Col 1,16), vale a dire che
tutto parla di Lui, dice di Lui. L’attenzione alla realtà, la riflessione su
ciò che viviamo produce una conoscenza che ci conduce a Lui. La
verità del fatto che Dio è amore è che pensa alle sue creature. Ciò vale anche
per noi. Dio ci ama pensandoci: Dio ci pensa. Lo spiega bene san Paolo
nella seconda lettura:
“In Lui ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4).
Dio
ci ha pensati sin dall’inizio: è questo il mistero in cui siamo avvolti, in cui
è avvolta la nostra vita. Non siamo nati a caso, ma siamo stati pensati sin dall’inizio
e continuiamo ad essere pensati, in quanto amati. Il pensiero non è mai fine a
se stesso, ma dice sempre di una direzione, di una finalità. Paolo ci rivela il
progetto del pensiero del Padre su di noi: “per essere santi e immacolati”.
La santità è una parola che significa: separato. I cristiani che rispondono all’appello
del Padre, che li chiama a vivere conforme al Figlio Gesù, che ha realizzato alla
perfezione il progetto di una vita personale vissuta nell’amore, sono chiamati
a vivere nell’amore del Padre, che ci separa dalla realtà – il mondo – che si
costruisce sull’egoismo. Per questo motivo i cristiani diventano immacolati,
val a dire, incontaminati, purificati e, quindi, hanno la possibilità di
relazionarsi con Dio, di accedere a Lui.
“Affinché il Dio del Signore nostro Gesù
Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per
farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria
racchiude la sua eredità fra i santi (Ef
1, 17-18).
Per
tutto quello che è stato detto, secondo san Paolo la sapienza che il cristiano assimila seguendo il cammino
tracciato da Gesù, non può che produrre una vita di speranza. È questa un’idea centrale del
pensiero di Paolo: il cristiano non può essere una persona triste, pessimista, perché
è avvolta totalmente dall’amore di Dio che si è manifestato in Gesù e che è
riversato nei nostri cuori per mezzo del suo Spirito, che ci conduce in un’esistenza
che si realizza nell’amore (cfr. Rom 5,5). “Siate sempre lieti nel Signore,
ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,2).
Dalla sua pienezza
noi tutti
abbiamo ricevuto:
grazia su
grazia.
Perché la
Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e
la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio,
nessuno lo ha mai visto:
il Figlio
unigenito, che è Dio
ed è nel
seno del Padre,
è lui che
lo ha rivelato (Gv 1, 16-18).
Nel
Vangelo di oggi, Giovanni ci aiuta a compiere un passo ulteriore nella
conoscenza del mistero di Dio. Se, infatti, è vero che la Legge viene da Mosè,
è altrettanto vero che l’amore di Dio viene da Gesù. Non solo l’amore, ma anche
la verità, che è Gesù. Ciò significa che d’ora
innanzi, si passa da una concezione statica di verità – quella scritta sulla
pietra, valida una volta per tutte – ad una concezione dinamica e storica, che
richiede un costante atteggiamento di disponibilità al cambiamento, alla
novità. La verità di Gesù si fa carne in ogni cultura e, questo
aspetto, richiede la distanza di ogni tentativo di massificazione e la
disponibilità ad ascoltare le culture in cui si vive. Il Figlio unigenito, che
è Dio, ci rivela il volto di Dio esattamente nel contesto storico e culturale
in cui viviamo e ciò esige molto attenzione,
molta elasticità al cambiamento e, soprattutto, un grande desiderio di conoscere.
Nessun commento:
Posta un commento