giovedì 16 febbraio 2023

OMELIA DOMENICA 19 FEBBRAIO 2023

 




DOMENICA VII/A

 

 

Paolo Cugini

 

Continua la lettura del discorso della Montagna, la proposta programmatica di Gesù per i suoi discepoli e discepole. È una proposta, per certi versi, shoccante, perché ribalta i criteri di comportamento, il modo d’intendere la relazione con le persone. Sono esigenze nuove quelle proposte da Gesù, che richiedono una disponibilità al cambiamento, al mettersi in discussione. Come dirà lo stesso Gesù: vino nuovo in otri nuovi (Mc 2,22). Continuiamo, allora, a lasciarci provocare dalle sue parole, nella speranza che la provocazione generi nuovi cammini di conversione.

Avete inteso che fu detto… Ma io vi dico”. Gesù è l’interprete della legge, delle parole antiche che sono state trasformate dall’uomo per renderle più sopportabili. Quello che facevano passare come legge, parola di Dio, in realtà non si trattava altro che di tradizioni umane. Per questo Gesù sente l’esigenza di reinterpretarle, per dare a questa legge di Dio il vero significato. Questo esercizio d’interpretazione di Gesù apre le porte per una prospettiva interpretativa che ogni persona ed ogni comunità deve compiere. La parola di Dio esige di essere interpretata, attualizzata, verificata, per non correre il rischio di obbedire a dettami umani, più che a qualcosa che viene dall’alto. Ogni trasformazione umana è un’operazione al ribasso, dettata dall’egoismo, per questo il cammino esige la verifica costante di una parola che tende fossilizzarsi ed essere modificata. Il criterio di questa verifica è il Padre: siate santi come il Padre vostro è santo. Che cosa significa e come si attua concretamente? Se è vero che ci sono pochissime definizioni sul Padre nella Bibbia, è a queste che si deve costantemente tornare. Vale a dire, Se Dio è amore, misericordia e se, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nelle sue lettere, Dio è amore, allora ogni legge che incontriamo, ogni affermazione della Chiesa e del Magistero dev’essere verificato su questo punto: esprime amore? Esprime misericordia? Se la risposta è positiva, allora si può proseguire. Al contrario, se prevale nella legge l’esigenza di una giustizia umana impastata spesso e volentieri di rancori, tornaconti personale, allora è meglio lasciare perdere e verificare immediatamente il peso delle parole pronunciate.

Il Vangelo è una prospettiva nuova: per questo il metro di misura non può essere che il Padre. Pensare alla relazione che ho con le persone a partire dalla misericordia del Padre. Da questo sguardo si sviluppano prospettive nuove che sovvertono le logiche del vissuto quotidiano nel mondo. E così, dalla logica del merito si passa a quella del dono. Il Vangelo è una proposta esagerata, che non fa calcoli, come è l’amore vero, quello che viene da Dio e che si è manifestato in Gesù Cristo, il quale, se avesse fatto dei calcoli umani, non si sarebbe di certo lasciato crocefiggere.

Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio. È una bellissima indicazione spirituale che ha un valore esistenziale e che, allo stesso tempo, rivela un contenuto diverso da quello che emanano gli istinti. Se, infatti, l’istinto di sopravvivenza risponde in modo immediato al male ricevuto con un altro male, non così i cristiani che sono mossi non dagli istinti, ma dallo Spirito del Signore, che è lo Spirito dell’amore. Al male non si risponde con dell’altro male perché rispondendo si permette al male di entrare nella propria anima e devastarla. Si può distruggere il male solamente rispondendo con il bene: è questa la logica sbalorditiva del Vangelo. Questa profonda idea ha trovato eco nella comunità primitiva. La troviamo infatti sia nelle lettere di Petro (1 Pt 3,9) he in Paolo (Rom 12,17; 1 Ts 5,17). Certamente, non si tratta di un atteggiamento semplice da mettere in atto: richiede l’assimilazione dello Spirito del Vangelo. Ha, dunque, ragione Paolo quando invita i membri della comunità di Roma a non lasciarsi vincere dal male, ma a vincere il male con il bene (Cfr. Rom 12,21). Il modo per disinnescare il male nel mondo consiste nel rispondergli con il bene. Arrivare a questo punto del cammino cristiano significa imparare a fare spazio allo Spirito del Signore, a discernere ogni azione con ciò che ispira il Vangelo.

Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Altro versetto sbalorditivo che va nella direzione opposto del sentire comune. Perché queste parole, questa indicazione così dura e radicale da sembrare impossibile da compiere? Come si fa ad amare i nemici? È il segno della differenza della vita del cristiano, del discepolo, della discepola del Signore: un amore che arrivo sino al punto di amare i nemici. Senza dubbio si tratta di un cammino da percorrere, che esige lo svuotamento di sé, il non essere attaccato a nulla, nemmeno alla propria immagine. Amare i nemici e pregare per loro è il frutto di cammino di liberazione da ogni tentativo di difendere il proprio egoismo, le proprie strutture istintive. Arrivare ad amare i nemici significa aver appreso quella lezione che Paolo indica alla sua comunità di Roma: “nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore” (Rom 14, 7-8). Sono parole che ci stimolano a vivere puntando in alto, aspirando ad uno stile di vita che ha il sapore del Vangelo. Per questo Gesù ci invita oggi ad essere perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Il cammino della santità è l’amore senza condizioni. Cammino arduo, ma possibile con il suo aiuto. Per Gesù, infatti, non si tratta solamente di parole. Sul legno della croce ha perdonato coloro che lo stavano uccidendo, cioè i suoi nemici. Ha pregato per loro, come aveva insegnato durante la vita.  

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