SANTISSIMA TRINITA’
Es
34, 4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Paolo Cugini
Dio è un mistero
insondabile e rimarrà sempre tale. È la risposta immediata che diamo dinanzi ai
problemi insolubili della vita. Quando pensiamo al senso della vita, all’immensità
dell’universo, alle meraviglie del cosmo anche oggi, nonostante i progressi scientifici
che ci offrono risposte esatte, andiamo con la mente al mistero: Dio. Allo
stesso tempo, però, è una parola abusata, nel senso che la tiriamo fuori in
tanti momenti e circostanze che non ha nulla a vedere con il nome di Dio manifestato
da Gesù. Se ci pensiamo bene, la grande diffidenza e indifferenza che
riscontriamo oggi nel mondo occidentale sulla religione e su Dio è forse dovuto
al fatto che il Dio che presentiamo non parla più a questa generazione e ciò
per il fatto che, probabilmente, abbiamo spacciato per Dio qualcosa che Dio non
era. Proviamo, allora, a porre attenzione alle letture proposte oggi per
comprendere qualcosa su questo Mistero.
Il Signore, il Signore,
Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà (Es 34,8). Siamo abituati alle
definizioni su Dio e non ci accorgiamo della profondità e della novità di
alcune espressioni, anzi della loro assurdità. Dire che Dio è misericordia è
sconvolgente in un contesto il Mistero era percepito con una serie di aggettivi
che volevano presentare Dio esattamente il contrario della misericordia. È il
Dio degli eserciti, vendicativo, che distrugge hi gli si oppone: c’è poco da
scherzare con un dio così! La percezione di Dio come misericordia è, dunque, un
dato estremamente originale, una produzione tipica del pensiero semitico che percepisce
la presenza del mistero in questa modalità nuova del perdono misericordioso. Su
questa linea troviamo diversi brani del Primo Testamento, come Osea che
percepisce l’azione del Mistero come quello di una madre per i suoi piccoli. Dio
ha un cuore di mamma che freme per amore: “Il mio cuore si commuove dentro
di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,8). Se ci massacriamo la
coscienza quando pensiamo di essere caduti in errore, eco che la saggezza
semitica percepisce che Dio dei nostri peccati non sa cosa farsene, se li getta
alle spalle, li dimentica (Eb 10,17), li nasconde in fondo agli abissi (Miche 7,18-19).
È il Dio della misericordia che apre davanti a noi il cammino della libertà, mentre
il dio terribile è un’invenzione umana che serve per controllare le persone e
tenerle soggiogate con i sensi di colpa.
“Vivete
in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con
il bacio santo” (2 Cor 13,12). La relazione con il Dio dell’amore e
della pace si manifesta nelle relazioni tra i membri della comunità. L’amore e
la pace che riceviamo da Dio lo riversiamo nella comunità. Questo è un dato
importante, che ci libera da quelle forme di devozionismo, tutte improntate a
incentivare l’individualismo religioso. La verità del nostro rapporto con Dio lo
si misura dalla nostra relazione con i fratelli e le sorelle. Del resto, è proprio
questo che Gesù è venuto a manifestare, creando una comunità di fratelli e
sorelle uguali, vivendo con loro e aiutandoli a vivere in modo nuovo, nella condivisione
dei beni, l’attenzione ai fratelli e sorelle più bisognosi. È questa un’idea
che troviamo espressa in alcune pagine del Nuovo Testamento. Giovanni ci
ricorda, ad esempio che è impossibile dire di amare Dio che non vediamo e poi
disprezzare il fratello e la sorella che vediamo. La vita nel dio che si è
manifestato nella storia e che Gesù ci ha fatto conoscere è, prima di tutto,
relazione del Padre, Figlio e Spirito Santo e la vita in Lui significa vivere
relazioni nuove e autentiche impostate sulla pace e la misericordia che riceviamo
da Dio.
“Dio,
infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché
il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,17). La fede nel Dio
manifestato da Gesù, ricco di amore e di misericordia, oltre che di pace e di
giustizia, non sopporta che qualcuno si perda. Il Dio che entra nella storia
attraverso la vita di Gesù e l’azione del suo Spirito immette un principio di
vita di una tale intensità che sembra fare di tutto affinché tutti vengano
salvati, tutti, cioè, realizzano la propria vita nell’amore. Ci sono molti
esempi nel Nuovo Testamento che certificano questo. La parabola del figliol
prodigo (Lc 15, 11-32), l’incontro con l’adultera (Gv 8, 1-11), ma anche le
parole che Gesù ha rivolto al ladrone pentito suo collega di crocefissione (Lc
23, 43). Il Desiderio di Dio affinché nessuno vada perduto è nel cuore di Gesù
nelle parole della preghiera che pronuncia prima di morire nella redazione di
Giovanni (Gv 17). Ciò significa che credere nel Dio così come l’ha manifestato
Gesù significa coltivare lo stesso desiderio e collaborare dentro la storia affinché
si realizzi. L’annuncio del Vangelo porta con sé il desiderio che tutti si
realizzino nell’amore e nella pace; il desiderio di un mondo senza
disuguaglianze, perché quando queste avvengono c’è il rischio che qualcuno si perda
a causa dell’umiliazione ricevuta.
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