mercoledì 3 marzo 2021

III DOMENICA DI QUARESIMA/B

 



Paolo Cugini

 

Nel Cammino che la liturgia ci sta proponendo in questo tempo di quaresima, cammino in cui siamo invitati a fare spazio al Vangelo e alla sua proposta d’amore e di giustizia, nella terza domenica ci viene chiesto di verificare il nostro rapporto con la religione. Da che religione proveniamo? È questa la domanda che sembra rivolgerci la liturgia attuale. Non solo, ma mentre c'interroghiamo sul Dio in cui crediamo, siamo chiamati a valutare anche il nostro modo di stare nel mondo, per capire in che relazione stiamo con il creato. 

Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato” (Gv 2, 16).

Gesù ci mostra che il volto di Dio è il volto del Padre e, per questo motivo, c’è prossimità, vicinanza. Avrebbe voluto trovare nel tempio un ambiente di prossimità al Padre, un ambiente di relazione filiale, e invece trova un mercato con i mercanti, segno di un processo di degrado che il tempio aveva vissuto, al punto da non rendersene nemmeno conto. Questo è, senza dubbio, un aspetto del problema. Quando si perde il contatto con il contenuto della rivelazione, la materia assimila e ingloba progressivamente anche ciò che è spirituale e, in questo caso, la vita del tempio al punto da indurre a pensare che il tempio s’identifichi con il mercato, con gli affari. Forse è questo uno dei danni più gravi che la vita religiosa, slegata dalla sua origine, può provocare nel cuore delle persone, perdendo di vista il fine del rapporto con il Padre. In Gesù, il Padre si è avvicinato ad ogni persona e, di conseguenza, non c’è più bisogno di offrire sacrifici o di fare sacrifici (i famosi fioretti!), ma di seguire il suo esempio donando la nostra vita gratuitamente ai fratelli e alle sorelle che incontriamo, soprattutto ai più deboli e agli esclusi dalla religione. Mettendo la sua dimora in mezzo a noi (Gv 1,14) Gesù inizia il processo di desacralizzazione della religione, mostrando che d’ora innanzi ogni cosa è sacra, perché tutto è stato creato dal Padre, che desidera una relazione di prossimità con Lui. I riti, le liturgie dovrebbero dunque esprimere il segno di questa vicinanza e, allo stesso tempo, manifestare un nuovo modo di stare al mondo, non più segnato da giochi d’interesse, ma dall’amore gratuito, dal servizio disinteressato.

Egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,21).

È difficile comprendere la profondità delle parole di Gesù, soprattutto perché arrivano nel contesto di una cultura e di una religione che per secoli ha disprezzato il corpo, considerandolo ostacolo per la vita spirituale, per essere sede delle passioni, delle emozioni, che possono distrarre la persona che cerca l’intimità con Dio. Gesù ribalta totalmente la prospettiva affermando che, non solamente il corpo non ostacola l’incontro con Dio, ma lo facilita, perché il corpo è il santuario della Spirito. Relegare la possibilità dell’incontro con Dio ad un unico luogo chiuso fatto di pietre, significa limitare pesantemente l’incontro delle persone con Dio, ed aprire il varco ad un controllo incondizionato della sfera del divino da parte di qualcuno. Anche Paolo nella lettera ai Corinzi arriva ad affermare che: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi?” (1 Cor 6, 19). Ci sono delle contaminazioni culturali o religiose che, alla distanza, sono valutate come positive, perché aprono il discorso su nuovi orizzonti inesplorati; e ci sono contaminazioni che sono invece nocive, perché deturpano il messaggio evangelico, inserendo contenuti negativi ad un messaggio prettamente positivo. Uno di questi incontri che ha fatto male alla proposta del Vangelo riguarda la prospettiva antropologica del platonismo, che si è infiltrato nel cristianesimo che, senza pensarci troppo, ha sviluppato nei secoli a seguire una visione negativa del corpo e della sessualità totalmente estranee alla prospettiva aperta da Gesù. Il corpo come tempio dello Spirito significa valorizzazione al massimo della vita personale e comunitaria, perché è con il corpo che entriamo in relazioni con gli altri, con la natura, con il cosmo. È su questa linea che è possibile sviluppare una spiritualità positiva del creato, dell’armonia dell’uomo e della donna con la natura circostante, tutti aspetti che raramente sono stati sviluppati dalla spiritualità cattolica. In questo tempo di quaresima siamo, dunque, chiamati, a valutare non solo il nostro rapporto con il creato, ma anche e soprattutto nel contesto socio-politico in cui viviamo, il nostro contributo per la realizzazione di un mondo sano, attento alla natura, rispettoso di ogni aspetto della vita, collaboratori per una costruzione armonica del creato in cui tutto è in relazione con tutto.

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