martedì 9 maggio 2023

VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLO 17

 



 

[Annotazioni di Paolo Cugini]

 

1 Così parlò Gesù. E alzati gli occhio al cielo, che nel linguaggio biblico indica la sfera divina, disse: Padre, É una caratteristica di questo vangelo, più di tutti gli altri in cui Gesù, per ben 118 volte, si rivolge a Dio chiamandolo Padre. Dio è il nome comune in tutte le religioni, lo specifico della comunità cristiana è Padre e va compreso in una cultura dove non esiste il termine genitori. Nella lingua ebraica non esiste il termine genitori perché il padre e la madre hanno compiti completamente differenti. Noi sappiamo che alla nascita del bambino concorre sia il papà che la mamma, mentre nella cultura ebraica dell’epoca  c’è un padre, colui che genera, che trasmette la vita e una madre, colei che partorisce e non ci mette nulla. Allora rivolgendosi a Dio chiamandolo Padre, significa che riceviamo la vita da lui ed essendo una vita divina, è una vita indistruttibile. è giunta l’ora, alle nozze di Cana, quando la madre gli aveva chiesto di intervenire perché nel popolo mancava il vino, cioè l’amore, Gesù aveva detto: non è ancora giunta l’ora (l’ora della morte). Nella morte di Gesù esploderà tutto l’amore di Dio per l’umanità, finalmente si capirà quanto era grande l’amore di Dio per l’umanità. Questa è l’ora di Gesù, quando attraverso il dono della vita si manifesta la gloria del Padre. Nell’amore di Gesù si manifesterà l’amore del Padre per tutta l’umanità. È giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, manifesta quello che c’è nel Figlio tuo, affinché il Figlio glorifichi te. Abbiamo detto che il cielo è la sfera divina, Gesù alza gli occhi al cielo, si dirige al Padre e lo fa soltanto in due occasioni, qui e alla resurrezione di Lazzaro, capitolo 11. Vuol dire che c’è una stretta relazione tra la preghiera di ringraziamento per la vita indistruttibile che Gesù aveva fatto nell’episodio di Lazzaro e il momento della manifestazione della gloria del Figlio di Dio, cioè di una vita capace di superare al morte, di una vita indistruttibile. Gesù chiede al Padre che arrivi il momento di manifestare la sua gloria. Come gli hai dato autorità su ogni carne, così egli dia vita eterna a tutto quello che gli hai dato. L’evangelista costruisce questo versetto come il comandamento dell’amore. Gesù non lascia un comandamento da aggiungere agli altri, ma un nuovo comandamento di una qualità che supera tutti gli altri e aveva detto: come io vi ho amato, così amatevi voi.

2 Come gli hai dato autorità su ogni carne, così egli dia vita eterna a tutto quello che gli hai dato. Il potere di Gesù è la capacità di amore che ha dimostrato ai suoi discepoli; quanti l’accolgono e la traducono in altrettanto amore, hanno una vita di una qualità tale che è eterna. Tante volte abbiamo detto che Gesù non è un filosofo il cui insegnamento ci libera dalla paura della morte, altri hanno tentato di farlo. Gesù, per questo l’hanno preso per matto, e ci garantisce che noi non faremo l’esperienza della morte. Arriverà il momento in cui la ciccia che ha un inizio, una crescita, un declino avrà una fine, ma la nostra vita – zoe - sarà indistruttibile. Come gli hai dato autorità su ogni carne, l’uomo nella sua debolezza, così egli dia vita eterna a tutto quello che gli hai dato. Il messaggio di Gesù è positivo, è un’offerta di vita piena. Non è una imposizione, uno non può essere obbligato a vivere per sempre, quello che Gesù fa è una possibilità di vita. Come si ottiene? Il capitolo che stiamo esaminando era già contenuto in sintesi nel prologo quando l’evangelista aveva detto: a quanti però lo hanno accolto (il progetto di vita di Gesù) ha dato capacità (potere) di diventare figli di Dio.

3 Questa è la vita eterna: che conoscano te l’unico Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.

 4 Io ti ho glorificato sulla terra, Gesù ha manifestato la gloria del Padre continuando la sua azione creatrice e proprio per glorificare (manifestare visibilmente quello che Dio è) il Padre dice, io ti ho glorificato sulla terra, finendo l’opera che mi hai dato da fare. Vediamo l’uso dei verbi perché l’evangelista è molto attento. All’epoca di Gesù c’era una teologia che Gesù contraddice ed era il rimpianto per il paradiso perduto. Si leggevano i primi capitoli della Genesi, quelli della creazione, andando con rimpianto ad un paradiso irrimediabilmente distrutto. Gesù ne dà una nuova interpretazione. Il racconto della creazione, la piena armonia tra l’uomo e la donna, tra gli uomini e il creato, non è il rimpianto di un paradiso che è stato irrimediabilmente perduto per colpa degli uomini, ma è la profezia di un paradiso da costruire. Questa è la meta dell’umanità, non c’è da rimpiangere un’epoca d’oro, i bei tempi di una volta. Purtroppo fa parte di una caratteristica dell’uomo lamentarsi del presente, essere spaventato del futuro e andare sempre con il rimpianto ai tempi di una volta. Cosa c’era una volta? Per il lavoro che dovevo fare sono andato a ritroso nell’epoca per ricercare dove appare per la prima volta (dal punto di vista letterario) che i genitori che si lamentano dei figli.

5 E ora glorificami, parla all’imperativo perché ogni evangelista ha una sua linea teologica differente dagli altri, non c’è la richiesta che troviamo in Matteo: Padre allontana questo calice da me. E ora glorificami, Padre, davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te, prima che il mondo fosse. Per comprendere questo capitolo bisogna rifarsi al prologo del vangelo di Giovanni dove c’era scritto: In principio era il Verbo, la parola di Dio, e il Verbo era presso Dio e tutto fu fatto per mezzo di lui.... il mondo fu fatto per mezzo di lui. L’evangelista corregge la teologia dell’autore del libro della Genesi, primo libro della bibbia che comincia: In principio Dio creò il cielo e la terra, dicendo: In principio c’era già una Parola che conteneva un progetto, il progetto di Dio: un uomo con la condizione divina che si realizza pienamente nella figura di Gesù. Per questo Gesù dice: e ora glorificami, la sua morte imminente sarà la manifestazione visibile dell’amore del Padre all’umanità, con quella gloria che avevo presso di te, realizzando quel progetto sull’umanità che tu avevi prima ancora della creazione del mondo. Secondo Giovanni prima ancora di creare il mondo, Dio aveva questo progetto, e tutta la creazione è stata fatta in vista della realizzazione di questo progetto. Ecco perché il creato, la natura non sono degli avversari, ma preziosi collaboratori per realizzare il progetto di Dio sull’umanità. La gloria di Gesù è quella del progetto divino che in lui si è pienamente realizzato. A Gesù urge la piena realizzazione del progetto sull’umanità che vedrà il suo apice nel momento della sua morte.

6 Ho manifestato (ho reso visibile) il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. E lo ha fatto lavando loro i piedi. L’immagine di Dio che Gesù ci presenta è lontana dall’immagine della religione dove Dio era al vertice di una piramide, e via via i potenti, il sommo sacerdote, il re, fino ai servi. Dio era in alto e nella società comandava chi era più vicino a Dio. il Dio di Gesù non sta in alto in un trono, sta alla base, in un atteggiamento di servizio. La manifestazione del nome del Padre che Gesù ha fatto ai discepoli, è stata attraverso la lavanda dei piedi che, è importante, non avviene prima della cena. Non è un’azione purificatrice per rendere degni di partecipare alla cena, ma avviene durante la cena. L’evangelista vuol fare comprendere che la partecipazione alla cena di Gesù è quello che purifica i discepoli, contraddicendo la teologia dell’epoca in cui si diceva che l’uomo è impuro e deve purificarsi per essere degno di avvicinarsi al Signore. Invece accogli il Signore, è lui che ti purifica. che mi hai dato dal mondo, per andare a Gesù bisogna rompere con il mondo, è quello che negli altri vangeli è chiamata la conversione. Per mondo non si intende il creato, che è un prezioso alleato dell’uomo, ma il sistema che regge la società, un sistema che all’epoca di Gesù (è ancora la nostra, ci sarà tanta strada da fare) si basava su tre verbi che nel vangelo sono maledetti, causa prima di ingiustizia, dell’odio, della libertà e sono: avere, salire, comandare.

Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Nella persona di Gesù si manifesta Dio stesso, quel Dio che nessuno aveva mai visto e nel prologo si legge: Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio ne è la rivelazione, Dio è l’amore che si fa servizio delle persone. Gesù è consapevole di essere la manifestazione del Padre.

7 Ora conoscono che tutte le cose che mi hai dato vengono da te,

8 perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e conoscono veramente che io sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Alla base della conoscenza c’è l’accoglienza delle parole, espressione del messaggio di Gesù. Il termine adoperato dall’evangelista per parole viene usato nell’antico testamento greco per indicare i dieci comandamenti. L’evangelista equipara l’insegnamento di Gesù a quello di Dio stesso, e le parole di Gesù hanno lo stesso valore dei comandamenti di Dio. Le parole che mi hai dato io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e conoscono veramente, il verbo conoscere in ebraico e poi in greco non è mai un sapere intellettuale; conoscere non riguarda l’intelletto, ma il cuore, o una profonda intima esperienza. Quando Gesù, più volte in questo brano parlerà del verbo di conoscere Dio, non si riferisce ad un sapere, ma ad un farne esperienza. Nel mondo biblico il verbo conoscere indicava quella che era la più grande esperienza di intimità tra due esseri, quale il rapporto coniugale. Non sapendo queste cose uno rimane un po’ stranito nel leggere certi brani dell’Antico Testamento, come nella Genesi, dove si legge che Adamo conobbe Eva e lei rimase incinta! Conoscere non indicava il semplice sapere, ma un rapporto intimo.

9 Io chiedo per loro; non chiedo per il mondo, l’evangelista evita di usare per Gesù il verbo domandare che significa richiesta di un inferiore a un superiore, ma usa chiedere che indica la richiesta tra pari, perché lui e il Padre sono la stessa cosa. Quelli che non hanno rotto con il sistema di potere (avere, salire, comandare), non sono oggetto della azione della preghiera di Gesù, perché c’è solo da sperare che questi spariscano al completo, Gesù è tremendo, ma per coloro che mi hai dato perché sono tuoi. E gli altri di chi sono? Cioè: io chiedo per loro, quelli che mi hanno accolto e hanno rotto con i tre valori del mondo, avere, salire, comandare, che è il sistema ingiusto, ma per coloro che mi hai dato perché sono tuoi. Se quanti hanno rotto con il sistema ingiusto della società sono del Padre, gli altri di chi sono? Gesù ce lo ha già detto. Usando un linguaggio biblico li ha chiamati figli del diavolo e sono i dirigenti, le autorità religiose. Di loro al capitolo 10, quello del buon pastore, aveva detto: voi non credete perché non siete mie pecore. Quelli che appartengono al sistema ingiusto non sono del Padre, anche se magari pretendono di rappresentarlo, sono i figli del diavolo e come il loro padre, Gv. 8,44, sono menzogneri e assassini. C’è da fare una scelta radicale, o si sta con Gesù dalla parte del bene dell’uomo, o si sta con il potere dove c’è solo menzogna e assassinio. Gesù è molto chiaro. Gesù non prega per il mondo, perché al mondo non interessa quello che lui chiede per i suoi. Gesù chiederà l’unità, la protezione dal maligno cose che non interessano a chi sta nel mondo.

10 E tutte le cose mie sono tue, le tue mie, e io sono glorificato in loro. Quello che è del Padre è pure di Gesù, non nel senso di proprietà, ma nel senso di appartenenza ad una stessa famiglia unita dal vincolo dell’amore e i discepoli sono oggetto dell’amore di entrambi, ma questo non ci entra in testa, abituati ancora oggi ad una tradizione piagnucolosa, fatta di dolori, di sofferenza e se togliete a certi preti e a certi teologi dolore e sofferenza non sanno più parlare di Dio. Cose che non sono nel vocabolario di Gesù. Non si fa nulla per alleviarlo perché il culto della sofferenza, dell’infelicità è un problema serio, perché è nella sofferenza, nel dolore che l’uomo cerca Dio. Per cui se fai felici gli uomini, si rischia che non cercano più Dio. Pensate che meccanismo perverso si può instaurare! Una volta un prete mi diceva: va male la società!, alla gente non va più di soffrire! I discepoli sono oggetto dell’amore di entrambi, noi siamo oggetto dell’amore del Padre e del Figlio che chiedono di diventare, noi, la loro dimora.

11 Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, la rottura con il mondo non significa una separazione dal mondo. Da sempre e ancora continua l’idea di fare una élite, un gruppo spirituale di persone autentiche, di primi della classe che si differenziano dagli altri. No, Gesù dice: essi invece sono nel mondo, non ci chiede di separarci dalla società, ma di starci per cercare di vivificarla e io vengo a te. Padre santo, conservali nel nome che mi hai dato perché siano uno come noi. (la richiesta è straordinaria). È il vertice di tutto il vangelo di Giovanni, che per fortuna non comprendiamo perché ci manda fuori di testa dalla contentezza. È una 10 ubriacatura di gioia! Io non sono più nel mondo, essi sono nel mondo e io vengo a te. Padre santo conservali nel nome che mi hai dato e il nome di Gesù è lo stesso di Dio, il Signore, perché ecco il progetto di Dio per l’umanità, siano uno, non un’unica cosa.

12 Quando ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che tu mi hai dato, li ho custoditi. Nessuno di loro è andato perduto tranne il figlio della perdizione perché si compisse la Scrittura. Il riferimento alla scrittura riguarda il Salmo 41 che è stato citato durante la cena: quelli che mangia il pane con me, ha alzato il suo calcagno. L’amore non può essere imposto, può essere soltanto proposto e offerto. Ricordate la scena stupenda drammatica nel capitolo 13? Gesù in quella cena cerca di conquistare fino in fondo l’amore di Giuda, Giuda no. Nella cultura dell’epoca il padrone di casa riveriva l’ospite più importante offrendogli lui stesso il primo boccone. Gesù infatti offre il primo boccone della cena a Giuda, dicendogli: guarda quanto ti amo, per me sei il discepolo più importante, ma Giuda non lo mangia. Se lo avesse mangiato (il boccone rappresenta il pane, il corpo di Gesù), avrebbe assimilato la vita divina. Giuda non lo mangia, lo prende, cap.13,30, uscì ed era notte. Gesù ha fallito completamente con Giuda perché l’amore non può essere imposto, ma soltanto offerto. E Giuda ha preferito i propri interessi.

13 Ma io ora vengo a te e dico questo mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano la mia gioia, se non avessimo capito Gesù sottolinea che abbiano la gioia quella mia ricolma, e usa un tempo verbale che significa una pienezza che tende a traboccare in se stessa. Per l’ultima volta torna il tema della gioia, già apparso durante la cena e vuol dire che la comunità cristiana è chiamata ad essere la manifestazione visibile della gloria di Dio. Essa è il nuovo santuario nel quale si tocca con mano questo amore. L’esperienza continua crescente, progressiva, di questo amore, conduce la comunità ad un dono di sé agli altri. Il darsi agli altri consente al Padre una comunicazione ancora più grande di vita. È l’amore ricevuto che si trasforma in amore comunicato. Questa vita, essendo la stessa vita di Dio (flusso della vita di Dio), è fonte di una gioia crescente, ricolma e traboccante: perché abbiano la gioia quella mia, una gioia di Dio, non una gioia transitoria, a metà, a intermittenza.

14 Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. È un brusco cambio di tematica. Dalla gioia all’odio, ma paradossalmente sia la gioia che l’odio sono causati dal non aver accolto la parola di Gesù che è la stessa parola di Dio. Come mai la parola in chi l’accoglie causa una gioia crescente da essere traboccante e in altri può portare una reazione tale che spinge ad odiare chi accoglie la parola? Perché la parola di Gesù che si manifesta nell’unico comandamento che ci ha lasciato, quello dell’amore agli altri come lui ci ama, una volta che viene raccolta essendo parola di Dio, parola creatrice sprigiona in sé tutte le Gesù chiede al Padre che la comunità che lo accoglie e con lui e come lui si orienta verso gli altri, abbia la sua stessa gioia, perché la comunità ha capito che non deve vivere per Dio, ma vive di Dio.

sue energie e potenzialità e inizia - nell’individuo che l’accoglie - un processo irreversibile di pienezza di libertà da cui non si torna indietro. Gesù lo aveva detto al capitolo 8,31-32 Se rimanete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Un effetto collaterale dell’accoglienza della parola (del quale Gesù ci avvisa perché prima di fare la scelta, dobbiamo sapere anche le conseguenze), è interiormente una pienezza di gioia crescente, traboccante che nessun avvenimento esterno potrà scalfire; dall’altro, in un mondo di sottomessi, siccome l’accoglienza della parola ti fa diventare una persona libera, che pretende di ragionare con la propria testa sarà malvista. In un mondo di persone obbedienti, che chinano il capo, una persona libera è un crimine intollerabile. Non c’è nulla che il sistema riesca a tollerare più della libertà e delle persone libere. Per questo vi dirige tutto il suo odio mortale.

15 Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li conservi (li protegga) dal Maligno. Gesù non chiede e non è venuto a formare un gruppo spirituale che si distacchi dalla società, un’elite spirituale. Nelle parole di Gesù c’è senz’altro una polemica con il gruppo degli Esseni, pii ebrei che disgustati da quello che avveniva nel Tempio di Gerusalemme, dal mercato che Gesù stesso condannerà, disgustati dal compromesso che i sommi sacerdoti avevano fatto con i dominatori, dall’affarismo che gravava attorno al Tempio si erano separati dal Tempio erano andati in località desertiche dove vivevano in comunità di persone assolutamente pure, assolutamente ligie alla legge di Dio.

17 Consacrali nella verità. La tua parola, quella tua, è verità. Il verbo santificare o consacrare significa essere separati in vista di qualcosa. Se io consacro questo bicchiere, significa che lo utilizzo soltanto per determinati aspetti, questo è essere separati in vista di qualcosa. Santificati significa essere separati, nella verità significa il dinamismo d’amore che fa volere il bene degli altri, come valore principale della propria esistenza. Gesù assicura che l’accoglienza della parola del Padre, che è verità, impedisce ai discepoli di essere vittime della menzogna, e di essere i primi a denunciare ogni aspetto menzognero. Bisogna stare attenti, i lupi non si presentano con la faccia da lupi, ed è la denuncia dei vangeli che i lupi si presentano sempre come agnelli. Il compito di qualunque discepolo è essere il profeta della comunità. Nella misura in cui si accoglie la parola e questa sprigiona in noi tutte le sue energie ci rende persone libere. Più siamo liberi, più abbiamo il fiuto infallibile per percepire quando una persona, nonostante si presenti in veste di agnello, nonostante si presenti con buone parole, con buoni titoli, in realtà è una persona che vuole distruggere, che vuole dominare e che vuole comandare. L’accoglienza della parola di Gesù rende le persone libere, le inserisce in un dinamismo di verità e le fa diventare sentinelle della società e della comunità cristiana. Questo non sarà indolore, perché quando tutti gli altri saranno affascinati da una persona, il discepolo sarà colui che lo denuncerà come menzognero e siccome gli altri sono affascinati, non lo ascolteranno, ma addirittura lo ostacoleranno: è il destino dei profeti che gridano la verità, ma in un mondo narcotizzato dal potere non vengono compresi. La separazione nella verità dice Gesù. 18 Come tu mi hai inviato nel mondo, anch’io ho inviato loro nel mondo. Gesù non desidera che i suoi si ritirino dal mondo, ma lui stesso li invia nel mondo; la missione dei discepoli ha lo stesso fondamento di quella di Gesù. Come tu mi hai inviato nel mondo, il Padre non ha inviato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui. L’azione di Gesù è offrire un’alternativa di vita a questa società, questa è l’azione di Gesù. La proposta di Gesù è un’alternativa, in una società, l’abbiamo imparato a memoria, che è retta da quei tre verbi che abbiamo dichiarato maledetti: dell’avere, del salire e del comandare. Gesù propone un’alternativa che si chiama regno di Dio, dove al posto di accumulare per sé ci sia la gioia del condividere, dove al desiderio, alla smania di salire, ci sia la gioia di scendere per avvicinarsi a tutti e dove soprattutto di fronte alla brama di comandare, ci sia la disponibilità del servire. Un’alternativa di libertà e d’amore.

19 per loro io consacro me stesso; Gesù sta parlando della sua morte. Quando arriveremo al momento della morte di Gesù ci accorgeremo dell’abilità, della grandezza dell’evangelista, di tutti gli evangelisti. Nessun evangelista scrive che Gesù morì! Nessuno. Gesù è morto, è chiaro, ma gli evangelisti non fanno una cronaca, vogliono trasmetterci delle verità e nessun evangelista scrive che Gesù morì, Gesù sulla croce consegna il suo Spirito, lo Spirito che ha ricevuto dal Padre nel battesimo (Spirito significa la stessa capacità d’amore) e che ha arricchito con la sua esperienza di vita. Gli evangelisti non ci consegnano una scena di morte, ma una scena di vita piena. Gesù dice: per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Di nuovo ritorna con insistenza, in questo vangelo, essere consacrati nella verità. Abbiamo detto che consacrati significa separati, essere nella verità significa aver messo al primo posto, come unico valore assoluto della propria esistenza, il bene degli uomini. Quando c’è questa capacità di mettere il bene dell’altro al primo posto, le parole di Gesù acquistano il loro vero significato, il messaggio di Gesù acquista tutta la sua potenza e soprattutto si realizza la vita dell’individuo.

20 Non prego solo per questi, (i suoi discepoli), ma anche per quello che la mia parola crederanno in loro, sembra quasi che ci sia un errore di trascrizione perché ci saremmo aspettati prego solo per questi, ma anche per quello che la mia parola crederanno in loro, oppure Gesù poteva dire quelli che per la tua parola crederanno in me. Gesù ha parlato prima del Padre, poi ha parlato della propria parola, ecco il cambio straordinario importantissimo ne va della nostra stessa realizzazione della nostra esistenza, non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me. Quello che Gesù sta dichiarando è esplosivo è rivoluzionario, perché quello che prima ha presentato come la parola di Dio, del Padre, poi la sua parola, la parola del Figlio di Dio, adesso dice che è la parola dei discepoli: diventa il messaggio dei discepoli. Gesù sta dicendo che non si tratta, per i discepoli, di andare a ripetere una dottrina che hanno appreso, ma a comunicare un’esperienza propria. Loro parola significa che il messaggio non è una dottrina che una volta detta è immutabile, definita, che viene custodita e trasmessa di generazione in generazione nel tempo. Essendo la parola accolta dall’individuo, elevata alla sua vita, l’unica parola produce in ogni individuo effetti diversi: è la moltiplicazione della parola di Dio.

21 Tutto questo perché tutti siano uno, non come certe traduzioni aggiungono una sola cosa. Non è legittimo aggiungere quello che l’evangelista non scrive. L’evangelista dice: perché tutti siano uno, non una sola cosa, indubbiamente c’è il discorso di essere uniti, ma qui Gesù vola più in alto, non parla soltanto dell’unità della comunità, dice perché tutti siano uno. La cifra uno indica, nella bibbia, Dio stesso. Dio è uno, è un unico Signore. Gesù sta dicendo perché tutti siano uno [= Dio], il progetto di Dio sull’umanità è che l’uomo diventi Dio. Dio è talmente innamorato degli uomini che vuol trasmettere agli uomini la sua capacità d’amore; chi l’accoglie diventa figlio di Dio, ha in sé la vita divina. Il Dio di Gesù ci porta a livelli... e forse da una parte è bene che non li comprendiamo. Perché tutti siano uno come tu, Padre, in me. Aiutiamoci un poco perché il brano è talmente complesso e ricco e vediamo di comprenderlo bene. Tutti siano uno, il programma della comunità è che ognuno diventi dimora di Dio e Dio lui stesso.

22 E io la gloria che tu hai dato a me, la gloria che il Padre ha donato a Gesù è il suo Spirito, la sua stessa forza, capacità, energia d’amore che si rendono visibili in Gesù, la cui missione sarà poi battezzare, immergere i suoi nello Spirito. È tutta la capacità d’amore che mi hai dato e ci saremmo aspettati la darò a loro, l’annuncio della effusione dello Spirito che poi darà al momento della croce. Invece dice io l’ho data a loro, dobbiamo andare a ritroso e vedere quand’è che Gesù, la gloria che ha ricevuto, la capacità d’amore che ha ricevuto dal Padre, l’ho data a loro perché siano uno come noi uno. Dobbiamo andare a ritroso al capitolo 13 che inizia con solennità, Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, cosciente ormai della sua fine, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine. Gesù cosciente che gli rimane poco, avendo già dimostrato il suo amore ai suoi discepoli, arriva alla comunicazione massima del suo amore. E là dove ci aspetteremmo chissà quale insegnamento o segno straordinario, Gesù si alza, si mette un grembiule e comincia a lavare i piedi ai discepoli. Il gesto di Gesù è importante. Lavando i piedi, e li laverà anche al traditore, mostra che Dio è amore che si fa servizio, ma soprattutto - questa è di grande importanza per la comprensione del dinamismo della vita spirituale con Gesù - perché non lava i piedi prima della cena. Gesù voleva fare questo gesto, voleva dimostrare che Dio non va servito, ma che si mette al servizio degli uomini. Se Gesù voleva dare una dimostrazione perché non l’ha fatto come normalmente si faceva, prima della cena? Prima di andare a cenare le persone si lavavano, si purificavano in modo da non portare nella camera da pranzo niente di sporco, niente di impuro.

23 Io in loro, siamo alla terza volta e nel mondo ebraico il numero tre significa quello che è completo, quello che è definitivo, e tu in me, perché siano perfetti nell’uno, (uno è Dio), e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. Nel versetto 21 Gesù aveva detto: tu Padre in me e io e te e abbiamo visto che Dio in Gesù manifesta la sua condizione umana, e Gesù nel Padre manifesta la sua condizione divina, adesso: Io in loro e tu in me, accogliendo Gesù si accoglie Gesù in cui è contenuta la presenza del Padre. Di nuovo ritorna che l’individuo e la comunità sono l’unico vero santuario in cui si manifesta l’amore di Dio. San Paolo elaborerà queste immagini parlando del credente come tempio del Signore, unico santuario quello vivente, non esistono altri santuari, l’unico santuario è quello della comunità che accoglie l’amore di Dio. L’accoglienza di Gesù è l’accoglienza del Padre, Dio non assorbe le energie delle persone, ma gliele comunica. Gesù sta portando a compimento quello che aveva annunciato nel versetto di prima: se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Noi siamo l’unica eterna dimora di Dio. Stando un po’ su questa frase, abbiamo riso su quelle espressioni dei manifesti funebri, specialmente per le persone religiose: è tornato alla casa del Padre!

24 Padre quel che mi hai dato, ci saremmo aspettati ti chiedo o ti prego, invece voglio - è l’unica volta che Gesù dice voglio, nell’ultima domanda non dice più io ti chiedo, ma voglio perché si tratta del destino dei suoi seguaci, dei suoi discepoli. Quando si tratta del destino dei suoi Gesù non chiede, non prega, ma lo esige come un diritto e vuole che siano con me dove sono io, perché vedano la gloria, quella mia che mi hai dato: poiché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo. La condizione divina non è un privilegio esclusivo di Gesù, ma il destino di ogni credente. Ogni uomo è chiamato ad essere figlio di Dio e Dio stesso. All’inizio di questo vangelo, nel prologo, Giovanni ha scritto a quanti lo hanno accolto Gesù ha dato la capacità di diventare figli di Dio, pertanto la distanza tra Dio e gli uomini viene eliminata. Dove c’è Dio c’è pure l’uomo, dove c’è l’uomo c’è pure Dio, per questo lo hanno ammazzato.

25 Padre giusto, cioè fedele; quando troviamo nella bibbia l’espressione giustizia di Dio non equivochiamo con la nostra giustizia retributiva. La giustizia di Dio significa fedeltà, Dio è fedele, se il mondo non ti ha conosciuto e di nuovo Gesù dà una stilettata verso le istituzioni, il mondo che non lo ha conosciuto sono i capi. Gesù l’ha detto già altre volte: non hanno conosciuto né il Padre né me, voi non conoscete né me né il Padre. Come fanno i capi religiosi ad annunciare la volontà di Dio quando non conoscono questo Dio? Quella che contrabbandano come volontà di Dio, non ha nulla a che vedere con Dio, ma è soltanto la formulazione dei loro interessi, delle loro convenienze, è il loro desiderio, di dominio di prestigio sulle persone per tenerle sottomesse. I capi religiosi secondo la denuncia di questo vangelo, mai hanno conosciuto Dio, perché per conoscere Dio bisogna mettere al primo posto il bene dell’uomo. Quando ci sono altri valori al posto del bene dell’uomo, non si conosce Dio che potrà essere annunciato, insegnato, ma non sarà mai il Padre di Gesù.

26 E io ho fatto conoscere loro il tuo nome, cioè la realtà dell’individuo, e Gesù ha fatto conoscere il nome del Padre mettendosi a lavare i piedi ai discepoli. Ricordiamo in breve l’episodio che Gesù sta citando. La società dell’epoca, anche oggi, era piramidale. In cima alla piramide c’era Dio, poi il sommo sacerdote, il re ecc. fino agli ultimi poi le donne i servi e gli schiavi. Gesù lavando i piedi, ha fatto un lavoro da servo e questo significa che Dio non sta in cima alla piramide, ma in fondo. Se questo è vero, il più lontano da Dio è il sommo sacerdote e come può conoscere Dio lui che è il più lontano? Chi lo conoscerà? Quelli che liberamente e volontariamente per amore metteranno la propria vita al servizio degli altri. Questi lo conosceranno, e dice Gesù: e ho fatto conoscere loro il tuo nome, il nome di Dio, amore che si fa servizio.

 

 

 

 

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