[Annotazioni di Paolo
Cugini]
1 Così parlò Gesù. E
alzati gli occhio al cielo, che nel linguaggio biblico indica
la sfera divina, disse: Padre, É una caratteristica di questo vangelo, più di
tutti gli altri in cui Gesù, per ben 118 volte, si rivolge a Dio chiamandolo
Padre. Dio è il nome comune in tutte le religioni, lo specifico della comunità
cristiana è Padre e va compreso in una cultura dove non esiste il termine
genitori. Nella lingua ebraica non esiste il termine genitori perché il padre e
la madre hanno compiti completamente differenti. Noi sappiamo che alla nascita
del bambino concorre sia il papà che la mamma, mentre nella cultura ebraica
dell’epoca c’è un padre, colui che
genera, che trasmette la vita e una madre, colei che partorisce e non ci mette
nulla. Allora rivolgendosi a Dio chiamandolo Padre, significa che riceviamo la
vita da lui ed essendo una vita divina, è una vita indistruttibile. è giunta
l’ora, alle nozze di Cana, quando la madre gli aveva chiesto di intervenire
perché nel popolo mancava il vino, cioè l’amore, Gesù aveva detto: non è ancora
giunta l’ora (l’ora della morte). Nella morte di Gesù esploderà tutto l’amore
di Dio per l’umanità, finalmente si capirà quanto era grande l’amore di Dio per
l’umanità. Questa è l’ora di Gesù, quando attraverso il dono della vita si
manifesta la gloria del Padre. Nell’amore di Gesù si manifesterà l’amore del
Padre per tutta l’umanità. È giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, manifesta
quello che c’è nel Figlio tuo, affinché il Figlio glorifichi te. Abbiamo detto
che il cielo è la sfera divina, Gesù alza gli occhi al cielo, si dirige al
Padre e lo fa soltanto in due occasioni, qui e alla resurrezione di Lazzaro,
capitolo 11. Vuol dire che c’è una stretta relazione tra la preghiera di
ringraziamento per la vita indistruttibile che Gesù aveva fatto nell’episodio
di Lazzaro e il momento della manifestazione della gloria del Figlio di Dio,
cioè di una vita capace di superare al morte, di una vita indistruttibile. Gesù
chiede al Padre che arrivi il momento di manifestare la sua gloria. Come gli
hai dato autorità su ogni carne, così egli dia vita eterna a tutto quello che
gli hai dato. L’evangelista costruisce questo versetto come il comandamento
dell’amore. Gesù non lascia un comandamento da aggiungere agli altri, ma un
nuovo comandamento di una qualità che supera tutti gli altri e aveva detto:
come io vi ho amato, così amatevi voi.
2 Come gli hai dato
autorità su ogni carne, così egli dia vita eterna a tutto quello che gli hai
dato. Il potere di Gesù è la capacità di amore che ha dimostrato
ai suoi discepoli; quanti l’accolgono e la traducono in altrettanto amore,
hanno una vita di una qualità tale che è eterna. Tante volte abbiamo detto che
Gesù non è un filosofo il cui insegnamento ci libera dalla paura della morte,
altri hanno tentato di farlo. Gesù, per questo l’hanno preso per matto, e ci
garantisce che noi non faremo l’esperienza della morte. Arriverà il momento in
cui la ciccia che ha un inizio, una crescita, un declino avrà una fine, ma la
nostra vita – zoe - sarà indistruttibile. Come gli hai dato autorità su ogni
carne, l’uomo nella sua debolezza, così egli dia vita eterna a tutto quello che
gli hai dato. Il messaggio di Gesù è positivo, è un’offerta di vita piena. Non
è una imposizione, uno non può essere obbligato a vivere per sempre, quello che
Gesù fa è una possibilità di vita. Come si ottiene? Il capitolo che stiamo
esaminando era già contenuto in sintesi nel prologo quando l’evangelista aveva
detto: a quanti però lo hanno accolto (il progetto di vita di Gesù) ha dato
capacità (potere) di diventare figli di Dio.
3 Questa è la vita
eterna: che conoscano te l’unico Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.
4 Io ti ho glorificato sulla terra,
Gesù ha manifestato la gloria del Padre continuando la sua azione creatrice e
proprio per glorificare (manifestare visibilmente quello che Dio è) il Padre
dice, io ti ho glorificato sulla terra, finendo l’opera che mi hai dato da
fare. Vediamo l’uso dei verbi perché l’evangelista è molto attento. All’epoca
di Gesù c’era una teologia che Gesù contraddice ed era il rimpianto per il
paradiso perduto. Si leggevano i primi capitoli della Genesi, quelli della creazione,
andando con rimpianto ad un paradiso irrimediabilmente distrutto. Gesù ne dà
una nuova interpretazione. Il racconto della creazione, la piena armonia tra
l’uomo e la donna, tra gli uomini e il creato, non è il rimpianto di un
paradiso che è stato irrimediabilmente perduto per colpa degli uomini, ma è la
profezia di un paradiso da costruire. Questa è la meta dell’umanità, non c’è da
rimpiangere un’epoca d’oro, i bei tempi di una volta. Purtroppo fa parte di una
caratteristica dell’uomo lamentarsi del presente, essere spaventato del futuro
e andare sempre con il rimpianto ai tempi di una volta. Cosa c’era una volta?
Per il lavoro che dovevo fare sono andato a ritroso nell’epoca per ricercare
dove appare per la prima volta (dal punto di vista letterario) che i genitori
che si lamentano dei figli.
5 E ora glorificami,
parla all’imperativo perché ogni evangelista ha una sua linea teologica
differente dagli altri, non c’è la richiesta che troviamo in Matteo: Padre
allontana questo calice da me. E ora glorificami, Padre, davanti a te con
quella gloria che io avevo presso di te, prima che il mondo fosse. Per
comprendere questo capitolo bisogna rifarsi al prologo del vangelo di Giovanni
dove c’era scritto: In principio era il Verbo, la parola di Dio, e il Verbo era
presso Dio e tutto fu fatto per mezzo di lui.... il mondo fu fatto per mezzo di
lui. L’evangelista corregge la teologia dell’autore del libro della Genesi,
primo libro della bibbia che comincia: In principio Dio creò il cielo e la
terra, dicendo: In principio c’era già una Parola che conteneva un progetto, il
progetto di Dio: un uomo con la condizione divina che si realizza pienamente
nella figura di Gesù. Per questo Gesù dice: e ora glorificami, la sua morte
imminente sarà la manifestazione visibile dell’amore del Padre all’umanità, con
quella gloria che avevo presso di te, realizzando quel progetto sull’umanità
che tu avevi prima ancora della creazione del mondo. Secondo Giovanni prima
ancora di creare il mondo, Dio aveva questo progetto, e tutta la creazione è
stata fatta in vista della realizzazione di questo progetto. Ecco perché il
creato, la natura non sono degli avversari, ma preziosi collaboratori per
realizzare il progetto di Dio sull’umanità. La gloria di Gesù è quella del
progetto divino che in lui si è pienamente realizzato. A Gesù urge la piena
realizzazione del progetto sull’umanità che vedrà il suo apice nel momento
della sua morte.
6 Ho manifestato (ho reso
visibile) il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo.
E lo ha fatto lavando loro i piedi. L’immagine di Dio che Gesù ci presenta è
lontana dall’immagine della religione dove Dio era al vertice di una piramide,
e via via i potenti, il sommo sacerdote, il re, fino ai servi. Dio era in alto
e nella società comandava chi era più vicino a Dio. il Dio di Gesù non sta in
alto in un trono, sta alla base, in un atteggiamento di servizio. La
manifestazione del nome del Padre che Gesù ha fatto ai discepoli, è stata
attraverso la lavanda dei piedi che, è importante, non avviene prima della cena.
Non è un’azione purificatrice per rendere degni di partecipare alla cena, ma
avviene durante la cena. L’evangelista vuol fare comprendere che la
partecipazione alla cena di Gesù è quello che purifica i discepoli,
contraddicendo la teologia dell’epoca in cui si diceva che l’uomo è impuro e
deve purificarsi per essere degno di avvicinarsi al Signore. Invece accogli il
Signore, è lui che ti purifica. che mi hai dato dal mondo, per andare a Gesù
bisogna rompere con il mondo, è quello che negli altri vangeli è chiamata la
conversione. Per mondo non si intende il creato, che è un prezioso alleato
dell’uomo, ma il sistema che regge la società, un sistema che all’epoca di Gesù
(è ancora la nostra, ci sarà tanta strada da fare) si basava su tre verbi che
nel vangelo sono maledetti, causa prima di ingiustizia, dell’odio, della
libertà e sono: avere, salire, comandare.
Erano tuoi e li hai dati
a me ed essi hanno osservato la tua parola. Nella persona di
Gesù si manifesta Dio stesso, quel Dio che nessuno aveva mai visto e nel
prologo si legge: Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio ne è la
rivelazione, Dio è l’amore che si fa servizio delle persone. Gesù è consapevole
di essere la manifestazione del Padre.
7 Ora conoscono che tutte
le cose che mi hai dato vengono da te,
8 perché le parole che
hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e
conoscono veramente che io sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai
mandato. Alla base della conoscenza c’è l’accoglienza delle parole, espressione
del messaggio di Gesù. Il termine adoperato dall’evangelista per parole viene
usato nell’antico testamento greco per indicare i dieci comandamenti.
L’evangelista equipara l’insegnamento di Gesù a quello di Dio stesso, e le
parole di Gesù hanno lo stesso valore dei comandamenti di Dio. Le parole che mi
hai dato io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e conoscono veramente, il
verbo conoscere in ebraico e poi in greco non è mai un sapere intellettuale;
conoscere non riguarda l’intelletto, ma il cuore, o una profonda intima
esperienza. Quando Gesù, più volte in questo brano parlerà del verbo di
conoscere Dio, non si riferisce ad un sapere, ma ad un farne esperienza. Nel
mondo biblico il verbo conoscere indicava quella che era la più grande
esperienza di intimità tra due esseri, quale il rapporto coniugale. Non sapendo
queste cose uno rimane un po’ stranito nel leggere certi brani dell’Antico
Testamento, come nella Genesi, dove si legge che Adamo conobbe Eva e lei rimase
incinta! Conoscere non indicava il semplice sapere, ma un rapporto intimo.
9 Io chiedo per loro; non
chiedo per il mondo, l’evangelista evita di usare per Gesù il
verbo domandare che significa richiesta di un inferiore a un superiore, ma usa
chiedere che indica la richiesta tra pari, perché lui e il Padre sono la stessa
cosa. Quelli che non hanno rotto con il sistema di potere (avere, salire,
comandare), non sono oggetto della azione della preghiera di Gesù, perché c’è
solo da sperare che questi spariscano al completo, Gesù è tremendo, ma per coloro
che mi hai dato perché sono tuoi. E gli altri di chi sono? Cioè: io chiedo per
loro, quelli che mi hanno accolto e hanno rotto con i tre valori del mondo,
avere, salire, comandare, che è il sistema ingiusto, ma per coloro che mi hai
dato perché sono tuoi. Se quanti hanno rotto con il sistema ingiusto della
società sono del Padre, gli altri di chi sono? Gesù ce lo ha già detto. Usando
un linguaggio biblico li ha chiamati figli del diavolo e sono i dirigenti, le
autorità religiose. Di loro al capitolo 10, quello del buon pastore, aveva
detto: voi non credete perché non siete mie pecore. Quelli che appartengono al
sistema ingiusto non sono del Padre, anche se magari pretendono di
rappresentarlo, sono i figli del diavolo e come il loro padre, Gv. 8,44, sono menzogneri
e assassini. C’è da fare una scelta radicale, o si sta con Gesù dalla parte del
bene dell’uomo, o si sta con il potere dove c’è solo menzogna e assassinio.
Gesù è molto chiaro. Gesù non prega per il mondo, perché al mondo non interessa
quello che lui chiede per i suoi. Gesù chiederà l’unità, la protezione dal
maligno cose che non interessano a chi sta nel mondo.
10 E tutte le cose mie
sono tue, le tue mie, e io sono glorificato in loro.
Quello che è del Padre è pure di Gesù, non nel senso di proprietà, ma nel senso
di appartenenza ad una stessa famiglia unita dal vincolo dell’amore e i
discepoli sono oggetto dell’amore di entrambi, ma questo non ci entra in testa,
abituati ancora oggi ad una tradizione piagnucolosa, fatta di dolori, di
sofferenza e se togliete a certi preti e a certi teologi dolore e sofferenza
non sanno più parlare di Dio. Cose che non sono nel vocabolario di Gesù. Non si
fa nulla per alleviarlo perché il culto della sofferenza, dell’infelicità è un
problema serio, perché è nella sofferenza, nel dolore che l’uomo cerca Dio. Per
cui se fai felici gli uomini, si rischia che non cercano più Dio. Pensate che
meccanismo perverso si può instaurare! Una volta un prete mi diceva: va male la
società!, alla gente non va più di soffrire! I discepoli sono oggetto
dell’amore di entrambi, noi siamo oggetto dell’amore del Padre e del Figlio che
chiedono di diventare, noi, la loro dimora.
11 Io non sono più nel
mondo; essi invece sono nel mondo, la rottura con il mondo
non significa una separazione dal mondo. Da sempre e ancora continua l’idea di
fare una élite, un gruppo spirituale di persone autentiche, di primi della
classe che si differenziano dagli altri. No, Gesù dice: essi invece sono nel
mondo, non ci chiede di separarci dalla società, ma di starci per cercare di
vivificarla e io vengo a te. Padre santo, conservali nel nome che mi hai dato
perché siano uno come noi. (la richiesta è straordinaria). È il vertice di
tutto il vangelo di Giovanni, che per fortuna non comprendiamo perché ci manda
fuori di testa dalla contentezza. È una 10 ubriacatura di gioia! Io non sono
più nel mondo, essi sono nel mondo e io vengo a te. Padre santo conservali nel
nome che mi hai dato e il nome di Gesù è lo stesso di Dio, il Signore, perché
ecco il progetto di Dio per l’umanità, siano uno, non un’unica cosa.
12 Quando ero con loro,
io conservavo nel tuo nome coloro che tu mi hai dato, li ho custoditi. Nessuno
di loro è andato perduto tranne il figlio della perdizione perché si compisse
la Scrittura. Il riferimento alla scrittura riguarda il Salmo 41 che è stato
citato durante la cena: quelli che mangia il pane con me, ha alzato il suo
calcagno. L’amore non può essere imposto, può essere soltanto proposto e
offerto. Ricordate la scena stupenda drammatica nel capitolo 13? Gesù in quella
cena cerca di conquistare fino in fondo l’amore di Giuda, Giuda no. Nella
cultura dell’epoca il padrone di casa riveriva l’ospite più importante
offrendogli lui stesso il primo boccone. Gesù infatti offre il primo boccone
della cena a Giuda, dicendogli: guarda quanto ti amo, per me sei il discepolo
più importante, ma Giuda non lo mangia. Se lo avesse mangiato (il boccone
rappresenta il pane, il corpo di Gesù), avrebbe assimilato la vita divina.
Giuda non lo mangia, lo prende, cap.13,30, uscì ed era notte. Gesù ha fallito
completamente con Giuda perché l’amore non può essere imposto, ma soltanto
offerto. E Giuda ha preferito i propri interessi.
13 Ma io ora vengo a te e
dico questo mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano la mia gioia,
se non avessimo capito Gesù sottolinea che abbiano la gioia quella mia ricolma,
e usa un tempo verbale che significa una pienezza che tende a traboccare in se
stessa. Per l’ultima volta torna il tema della gioia, già apparso durante la
cena e vuol dire che la comunità cristiana è chiamata ad essere la
manifestazione visibile della gloria di Dio. Essa è il nuovo santuario nel
quale si tocca con mano questo amore. L’esperienza continua crescente,
progressiva, di questo amore, conduce la comunità ad un dono di sé agli altri.
Il darsi agli altri consente al Padre una comunicazione ancora più grande di
vita. È l’amore ricevuto che si trasforma in amore comunicato. Questa vita,
essendo la stessa vita di Dio (flusso della vita di Dio), è fonte di una gioia
crescente, ricolma e traboccante: perché abbiano la gioia quella mia, una gioia
di Dio, non una gioia transitoria, a metà, a intermittenza.
14 Io ho dato loro la tua
parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non
sono del mondo. È un brusco cambio di tematica. Dalla
gioia all’odio, ma paradossalmente sia la gioia che l’odio sono causati dal non
aver accolto la parola di Gesù che è la stessa parola di Dio. Come mai la
parola in chi l’accoglie causa una gioia crescente da essere traboccante e in
altri può portare una reazione tale che spinge ad odiare chi accoglie la
parola? Perché la parola di Gesù che si manifesta nell’unico comandamento che
ci ha lasciato, quello dell’amore agli altri come lui ci ama, una volta che
viene raccolta essendo parola di Dio, parola creatrice sprigiona in sé tutte le
Gesù chiede al Padre che la comunità che lo accoglie e con lui e come lui si
orienta verso gli altri, abbia la sua stessa gioia, perché la comunità ha
capito che non deve vivere per Dio, ma vive di Dio.
sue energie e
potenzialità e inizia - nell’individuo che l’accoglie - un processo
irreversibile di pienezza di libertà da cui non si torna indietro. Gesù lo
aveva detto al capitolo 8,31-32 Se rimanete fedeli alla mia parola sarete
davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Un
effetto collaterale dell’accoglienza della parola (del quale Gesù ci avvisa
perché prima di fare la scelta, dobbiamo sapere anche le conseguenze), è
interiormente una pienezza di gioia crescente, traboccante che nessun
avvenimento esterno potrà scalfire; dall’altro, in un mondo di sottomessi,
siccome l’accoglienza della parola ti fa diventare una persona libera, che
pretende di ragionare con la propria testa sarà malvista. In un mondo di persone
obbedienti, che chinano il capo, una persona libera è un crimine intollerabile.
Non c’è nulla che il sistema riesca a tollerare più della libertà e delle
persone libere. Per questo vi dirige tutto il suo odio mortale.
15 Non chiedo che tu li
tolga dal mondo, ma che li conservi (li protegga) dal Maligno. Gesù
non chiede e non è venuto a formare un gruppo spirituale che si distacchi dalla
società, un’elite spirituale. Nelle parole di Gesù c’è senz’altro una polemica
con il gruppo degli Esseni, pii ebrei che disgustati da quello che avveniva nel
Tempio di Gerusalemme, dal mercato che Gesù stesso condannerà, disgustati dal
compromesso che i sommi sacerdoti avevano fatto con i dominatori,
dall’affarismo che gravava attorno al Tempio si erano separati dal Tempio erano
andati in località desertiche dove vivevano in comunità di persone
assolutamente pure, assolutamente ligie alla legge di Dio.
17 Consacrali nella
verità. La tua parola, quella tua, è verità. Il verbo
santificare o consacrare significa essere separati in vista di qualcosa. Se io
consacro questo bicchiere, significa che lo utilizzo soltanto per determinati
aspetti, questo è essere separati in vista di qualcosa. Santificati significa
essere separati, nella verità significa il dinamismo d’amore che fa volere il
bene degli altri, come valore principale della propria esistenza. Gesù assicura
che l’accoglienza della parola del Padre, che è verità, impedisce ai discepoli
di essere vittime della menzogna, e di essere i primi a denunciare ogni aspetto
menzognero. Bisogna stare attenti, i lupi non si presentano con la faccia da
lupi, ed è la denuncia dei vangeli che i lupi si presentano sempre come
agnelli. Il compito di qualunque discepolo è essere il profeta della comunità.
Nella misura in cui si accoglie la parola e questa sprigiona in noi tutte le
sue energie ci rende persone libere. Più siamo liberi, più abbiamo il fiuto
infallibile per percepire quando una persona, nonostante si presenti in veste
di agnello, nonostante si presenti con buone parole, con buoni titoli, in
realtà è una persona che vuole distruggere, che vuole dominare e che vuole
comandare. L’accoglienza della parola di Gesù rende le persone libere, le
inserisce in un dinamismo di verità e le fa diventare sentinelle della società
e della comunità cristiana. Questo non sarà indolore, perché quando tutti gli
altri saranno affascinati da una persona, il discepolo sarà colui che lo
denuncerà come menzognero e siccome gli altri sono affascinati, non lo
ascolteranno, ma addirittura lo ostacoleranno: è il destino dei profeti che
gridano la verità, ma in un mondo narcotizzato dal potere non vengono compresi.
La separazione nella verità dice Gesù. 18 Come tu mi hai inviato nel mondo,
anch’io ho inviato loro nel mondo. Gesù non desidera che i suoi si ritirino dal
mondo, ma lui stesso li invia nel mondo; la missione dei discepoli ha lo stesso
fondamento di quella di Gesù. Come tu mi hai inviato nel mondo, il Padre non ha
inviato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi
per mezzo di Lui. L’azione di Gesù è offrire un’alternativa di vita a questa
società, questa è l’azione di Gesù. La proposta di Gesù è un’alternativa, in
una società, l’abbiamo imparato a memoria, che è retta da quei tre verbi che
abbiamo dichiarato maledetti: dell’avere, del salire e del comandare. Gesù
propone un’alternativa che si chiama regno di Dio, dove al posto di accumulare
per sé ci sia la gioia del condividere, dove al desiderio, alla smania di
salire, ci sia la gioia di scendere per avvicinarsi a tutti e dove soprattutto
di fronte alla brama di comandare, ci sia la disponibilità del servire.
Un’alternativa di libertà e d’amore.
19 per loro io consacro
me stesso; Gesù sta parlando della sua morte. Quando
arriveremo al momento della morte di Gesù ci accorgeremo dell’abilità, della
grandezza dell’evangelista, di tutti gli evangelisti. Nessun evangelista scrive
che Gesù morì! Nessuno. Gesù è morto, è chiaro, ma gli evangelisti non fanno
una cronaca, vogliono trasmetterci delle verità e nessun evangelista scrive che
Gesù morì, Gesù sulla croce consegna il suo Spirito, lo Spirito che ha ricevuto
dal Padre nel battesimo (Spirito significa la stessa capacità d’amore) e che ha
arricchito con la sua esperienza di vita. Gli evangelisti non ci consegnano una
scena di morte, ma una scena di vita piena. Gesù dice: per loro io consacro me
stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Di nuovo ritorna con
insistenza, in questo vangelo, essere consacrati nella verità. Abbiamo detto
che consacrati significa separati, essere nella verità significa aver messo al
primo posto, come unico valore assoluto della propria esistenza, il bene degli
uomini. Quando c’è questa capacità di mettere il bene dell’altro al primo
posto, le parole di Gesù acquistano il loro vero significato, il messaggio di
Gesù acquista tutta la sua potenza e soprattutto si realizza la vita
dell’individuo.
20 Non prego solo per
questi, (i suoi discepoli), ma anche per quello che la mia parola crederanno in
loro, sembra quasi che ci sia un errore di trascrizione
perché ci saremmo aspettati prego solo per questi, ma anche per quello che la
mia parola crederanno in loro, oppure Gesù poteva dire quelli che per la tua
parola crederanno in me. Gesù ha parlato prima del Padre, poi ha parlato della
propria parola, ecco il cambio straordinario importantissimo ne va della nostra
stessa realizzazione della nostra esistenza, non prego solo per questi, ma
anche per quelli che per la loro parola crederanno in me. Quello che Gesù sta
dichiarando è esplosivo è rivoluzionario, perché quello che prima ha presentato
come la parola di Dio, del Padre, poi la sua parola, la parola del Figlio di
Dio, adesso dice che è la parola dei discepoli: diventa il messaggio dei
discepoli. Gesù sta dicendo che non si tratta, per i discepoli, di andare a
ripetere una dottrina che hanno appreso, ma a comunicare un’esperienza propria.
Loro parola significa che il messaggio non è una dottrina che una volta detta è
immutabile, definita, che viene custodita e trasmessa di generazione in generazione
nel tempo. Essendo la parola accolta dall’individuo, elevata alla sua vita,
l’unica parola produce in ogni individuo effetti diversi: è la moltiplicazione
della parola di Dio.
21 Tutto questo perché
tutti siano uno, non come certe traduzioni aggiungono una
sola cosa. Non è legittimo aggiungere quello che l’evangelista non scrive.
L’evangelista dice: perché tutti siano uno, non una sola cosa, indubbiamente
c’è il discorso di essere uniti, ma qui Gesù vola più in alto, non parla
soltanto dell’unità della comunità, dice perché tutti siano uno. La cifra uno
indica, nella bibbia, Dio stesso. Dio è uno, è un unico Signore. Gesù sta
dicendo perché tutti siano uno [= Dio], il progetto di Dio sull’umanità è che
l’uomo diventi Dio. Dio è talmente innamorato degli uomini che vuol trasmettere
agli uomini la sua capacità d’amore; chi l’accoglie diventa figlio di Dio, ha
in sé la vita divina. Il Dio di Gesù ci porta a livelli... e forse da una parte
è bene che non li comprendiamo. Perché tutti siano uno come tu, Padre, in me.
Aiutiamoci un poco perché il brano è talmente complesso e ricco e vediamo di
comprenderlo bene. Tutti siano uno, il programma della comunità è che ognuno
diventi dimora di Dio e Dio lui stesso.
22 E io la gloria che tu
hai dato a me, la gloria che il Padre ha donato a Gesù è
il suo Spirito, la sua stessa forza, capacità, energia d’amore che si rendono
visibili in Gesù, la cui missione sarà poi battezzare, immergere i suoi nello
Spirito. È tutta la capacità d’amore che mi hai dato e ci saremmo aspettati la
darò a loro, l’annuncio della effusione dello Spirito che poi darà al momento
della croce. Invece dice io l’ho data a loro, dobbiamo andare a ritroso e
vedere quand’è che Gesù, la gloria che ha ricevuto, la capacità d’amore che ha
ricevuto dal Padre, l’ho data a loro perché siano uno come noi uno. Dobbiamo
andare a ritroso al capitolo 13 che inizia con solennità, Prima della festa di
Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre, cosciente ormai della sua fine, avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li amo sino alla fine. Gesù cosciente che gli rimane poco, avendo già
dimostrato il suo amore ai suoi discepoli, arriva alla comunicazione massima
del suo amore. E là dove ci aspetteremmo chissà quale insegnamento o segno
straordinario, Gesù si alza, si mette un grembiule e comincia a lavare i piedi
ai discepoli. Il gesto di Gesù è importante. Lavando i piedi, e li laverà anche
al traditore, mostra che Dio è amore che si fa servizio, ma soprattutto -
questa è di grande importanza per la comprensione del dinamismo della vita
spirituale con Gesù - perché non lava i piedi prima della cena. Gesù voleva
fare questo gesto, voleva dimostrare che Dio non va servito, ma che si mette al
servizio degli uomini. Se Gesù voleva dare una dimostrazione perché non l’ha
fatto come normalmente si faceva, prima della cena? Prima di andare a cenare le
persone si lavavano, si purificavano in modo da non portare nella camera da
pranzo niente di sporco, niente di impuro.
23 Io in loro,
siamo alla terza volta e nel mondo ebraico il numero tre significa quello che è
completo, quello che è definitivo, e tu in me, perché siano perfetti nell’uno,
(uno è Dio), e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai
amato me. Nel versetto 21 Gesù aveva detto: tu Padre in me e io e te e abbiamo
visto che Dio in Gesù manifesta la sua condizione umana, e Gesù nel Padre
manifesta la sua condizione divina, adesso: Io in loro e tu in me, accogliendo
Gesù si accoglie Gesù in cui è contenuta la presenza del Padre. Di nuovo
ritorna che l’individuo e la comunità sono l’unico vero santuario in cui si
manifesta l’amore di Dio. San Paolo elaborerà queste immagini parlando del
credente come tempio del Signore, unico santuario quello vivente, non esistono
altri santuari, l’unico santuario è quello della comunità che accoglie l’amore
di Dio. L’accoglienza di Gesù è l’accoglienza del Padre, Dio non assorbe le
energie delle persone, ma gliele comunica. Gesù sta portando a compimento
quello che aveva annunciato nel versetto di prima: se uno mi ama osserverà la
mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora
presso di lui. Noi siamo l’unica eterna dimora di Dio. Stando un po’ su questa
frase, abbiamo riso su quelle espressioni dei manifesti funebri, specialmente
per le persone religiose: è tornato alla casa del Padre!
24 Padre quel che mi hai
dato,
ci saremmo aspettati ti chiedo o ti prego, invece voglio - è l’unica volta che
Gesù dice voglio, nell’ultima domanda non dice più io ti chiedo, ma voglio
perché si tratta del destino dei suoi seguaci, dei suoi discepoli. Quando si
tratta del destino dei suoi Gesù non chiede, non prega, ma lo esige come un
diritto e vuole che siano con me dove sono io, perché vedano la gloria, quella
mia che mi hai dato: poiché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo.
La condizione divina non è un privilegio esclusivo di Gesù, ma il destino di
ogni credente. Ogni uomo è chiamato ad essere figlio di Dio e Dio stesso.
All’inizio di questo vangelo, nel prologo, Giovanni ha scritto a quanti lo
hanno accolto Gesù ha dato la capacità di diventare figli di Dio, pertanto la
distanza tra Dio e gli uomini viene eliminata. Dove c’è Dio c’è pure l’uomo,
dove c’è l’uomo c’è pure Dio, per questo lo hanno ammazzato.
25 Padre giusto, cioè
fedele; quando troviamo nella bibbia l’espressione giustizia di Dio non
equivochiamo con la nostra giustizia retributiva. La giustizia di Dio significa
fedeltà, Dio è fedele, se il mondo non ti ha conosciuto e di nuovo Gesù dà una
stilettata verso le istituzioni, il mondo che non lo ha conosciuto sono i capi.
Gesù l’ha detto già altre volte: non hanno conosciuto né il Padre né me, voi
non conoscete né me né il Padre. Come fanno i capi religiosi ad annunciare la
volontà di Dio quando non conoscono questo Dio? Quella che contrabbandano come
volontà di Dio, non ha nulla a che vedere con Dio, ma è soltanto la
formulazione dei loro interessi, delle loro convenienze, è il loro desiderio,
di dominio di prestigio sulle persone per tenerle sottomesse. I capi religiosi
secondo la denuncia di questo vangelo, mai hanno conosciuto Dio, perché per
conoscere Dio bisogna mettere al primo posto il bene dell’uomo. Quando ci sono
altri valori al posto del bene dell’uomo, non si conosce Dio che potrà essere
annunciato, insegnato, ma non sarà mai il Padre di Gesù.
26 E io ho fatto
conoscere loro il tuo nome, cioè la realtà dell’individuo, e Gesù ha fatto
conoscere il nome del Padre mettendosi a lavare i piedi ai discepoli.
Ricordiamo in breve l’episodio che Gesù sta citando. La società dell’epoca,
anche oggi, era piramidale. In cima alla piramide c’era Dio, poi il sommo
sacerdote, il re ecc. fino agli ultimi poi le donne i servi e gli schiavi. Gesù
lavando i piedi, ha fatto un lavoro da servo e questo significa che Dio non sta
in cima alla piramide, ma in fondo. Se questo è vero, il più lontano da Dio è
il sommo sacerdote e come può conoscere Dio lui che è il più lontano? Chi lo
conoscerà? Quelli che liberamente e volontariamente per amore metteranno la
propria vita al servizio degli altri. Questi lo conosceranno, e dice Gesù: e ho
fatto conoscere loro il tuo nome, il nome di Dio, amore che si fa servizio.
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