DOMENICA XIII/A
Paolo Cugini
Chi ama il padre o la
madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non
è degno di me (Mt 10,37-42).
Arrivare a messa e ascoltare della roba così. Dei versetti
non solo così duri, ma fuori da una prospettiva umana ed esistenziale. Non è
facile. Bisogna proprio chiedersi: ma che cosa ha voluto dire Gesù con una
simile espressione? In realtà, ascoltando attentamente il versetto ci si
accorge che non è così strano, non è fuori dal modo di pensare di Gesù e,
soprattutto, non è qualcosa di nuovo. Nel Vangelo di Giovanni, infatti,
troviamo qualcosa di simile. Quando nel dialogo con Nicodemo (Gv 3,1s) Gesù
dice che: “bisogna rinascere di nuovo”,
vuole dire esattamente quello che ha affermato nel versetto di oggi. Il
discepolo, la discepola è colui che rinasce dall’alto, che fonda tutta la
propria esistenza e, quindi, anche le relazioni parentali, nella relazione
fondante con Gesù. È questa relazione d’amore con il Figlio di Dio che diventa
il criterio di tutti gli altri amori, di tutte le scelte future. Nel rapporto
privilegiato con il Signore matura la vocazione, che diventa il criterio
assoluto della vita.
chi non prende la sua
croce e non mi segue, non è degno di me.
Solo in una prospettiva di rinascita dall’alto, di relazione
d’amore con il Signore è possibile comprendere che l’amore autentico, come
quello che si è manifestato in Gesù Cristo, esige la responsabilità di portare
sino alle estreme conseguenze la propria risposta. La croce è stata per Gesù il
coronamento di una vita d’amore al Padre totalmente donata agli altri. La croce
è stato l’atto finale di Gesù di una vita segnata dall’amore al Padre. Croce
per noi è il senso della nostra vocazione, che esige che andiamo avanti senza
fermarci, vincendo le tentazioni della fuga. Per questo, una volta entrati nel
cammino tracciato dal Signore, che è segnata dalla nostra risposta a Lui, ci
alimentiamo continuamente alla fonte, per non perderci o, se ci perdiamo, per
riprenderci. Croce dice che l’amore non è appena un sentimento personale, ma
rimanda ad una responsabilità con le persone che amo che vengono coinvolte
dalla mia storia.
Chi avrà trovato la sua
vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Perdere
la vita per il Signore: è il senso autentico di ogni vocazione cristiana. Lo
scopriamo quando amiamo, quando siamo innamorati, perché l’amore è una forza
che ci porta naturalmente fuori di noi stessi e ci conduce a vivere non più per
noi stessi, ma per gli altri, in modo particolare per le persone che amiamo. Questo
è anche il cammino della vita spirituale cristiana: uscire dal nostro egoismo
per smettere di mettere al centro noi stessi, di vivere cecando di soddisfare i
nostri desideri e imparare a vivere per il Signore, che ci conduce verso i
fratelli e le sorelle che lui ci pone accanto. Ecco perché il senso della vita
cristiana è la comunità, la vita fraterna.