giovedì 15 marzo 2018

IL TERZO CANTO DEL SERVO DI JHWH (Is 50,4-11)

DIOCESI DI REGGIO EMILIA E GUASTALLA - ZONALE OVEST






LECTIO DIVINA NEL TEMPO DI QUARESIMA

RONCINA – GIOVEDI 8 MARZO 2018


Con DON CARLO PAGLIARI


Sintesi: Paolo Cugini

Il terzo canto del Servo di JHWH descrive il servo quasi come un sapiente.
Il Signore mi dà una lingua da discepolo: il sapiente è colui che ascolta dalla sapienza che viene dall’alto e la vive nel concreto. Ricorda le indicazione che Mosè diede a Giosuè prima di entrare nella terra promessa. Stessa indicazione che JHWH dà al re Salomone. Il servo di JHWH di questo terzo canto segue quindi, il modello sapienziale.
Altra caratteristica: qui abbiamo la testimonianza in prima persona. Qui abbiamo la sua voce. Questo dà forza al testo. In questo canto veniamo a sapere il segreto della forza del servo. Veniamo a sapere che cosa pensa e vive nel momento della prova.

8-9: il servo manifesta una coscienza di sé molto forte. Vivere la mitezza, lo stile non-violento non vuol dire essere bonaccioni o dei deboli. Anche il servo è forte ma la sua non è una forza muscolare, ma interiore.

v. 4: Il Servo medita la Parola giorno e notte. La Parola corrobora la vita del Servo. Cfr. Maria che dà carne alla Parola, la somatizza. Maria è l’immagine del Sapiente che lascia che la Parola generi dentro di lei. Il discepolo ha una lingua nuova. Il servo di JHWH è discepolo in questa prospettiva, che viene dalla relazione con la Parola. Il segreto è ricordarsi di essere discepoli. Così come Gesù diceva: non do la vita da me stesso, ma il Padre. Essere talmente discepoli da riconoscere che tutto viene da Dio. Il dono ricevuto della Sapienza è data perché sia condivisa con gli sfiduciati.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio: la preghiera migliore nella Bibbia è sempre quella del mattino. Alla sera è difficile pregare, è difficile ascoltare. Alla sera la preghiera rischia di diventare un monologo. La preghiera del mattino nasce quando tutto deve ancora cominciare stimola il silenzio, l’ascolto. Il discepolo conosce da dove viene la vita, per questo sta in silenzio e ascolta. I bambini cominciano a parlare ascoltando. Cfr. Salmo 27: se tu non mi parli io sono come colui che scende nella fossa. Se non ascolto qualche parola significativa, non ho parole significative. Se non ascolto non so dire nulla. Essere discepolo è la condizione normale dell’uomo e della donna. Ecco perché la preghiera è innanzi tutto silenzio e ascolto. Saper ascoltare è anche un saper vedere.

“Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e non ho posto resistenza”: c’è una sfumatura importante. È qualcosa presente anche nella letteratura profetica. Non è facile avere un rapporto con Dio. La prima resistenza l’abbiamo dentro di noi. Questo servo è servo fino al midollo. Si può resistere all’azione di Dio. La nascita è un’esperienza traumatica. L’esperienza della novità è dura da accettare, è dolorosa. Farsi aprire le orecchie è un’esperienza dura. Chi ha imparato a lottare con il Signore e a prenderlo sul serio, la stessa forza che ha maturato con il Signore la vivrà nella realtà.

Ho presentato il dorso ai flagellatori: qui c’è un’opposizione. Ci sono persone violente che vogliono umiliare e fare del male. La flagellazione è una punizione. Questi non si limitano a ferire il corpo, ma anche l’anima. Qui i nemici vogliono colpire la dignità. Qui c’è la forza del Servo che rimane in piedi in una situazione di grande umiliazione. Come rimanere in piedi in un simile contesto?

Il Signore Dio mi assiste: qui è il punto centrale. La vera forza la si trova in una disciplina interiore. Resistere alle umiliazioni è molto difficile. Si rimane in piedi se si ha la forza che vien da Dio. Il Servo non reagisce. Il Servo non vacilla perché la sua forza interiore gli rivela la sua identità. Il Servo sa che la violenza è il segno di una debolezza. Aggredire l’altro non è segno di forza. La vera forza è indurire il volto e rimanere fermi nella sua dignità. Il Servo sa che cosa è il male e il bene. Chi usa la violenza non ha capito che cos’è il bene. Questo Servo non cade nell’inganno perché è forte dentro di sé. E’ la forza che viene da Dio, dalla consapevolezza della vera sapienza.

Gesù non è uno sprovveduto quando abbraccia la croce. Gesù la sa più lunga di tutti noi. Questo lo ha capito chi lo ha visto morire. Gesù è libero nell’abbracciare la croce. La sua forza è che nonostante le violenze e le umiliazioni subite, i tradimenti dei suoi amici, Gesù non ha risposto con la stessa moneta, perché ha continuato ad agire come agisce Dio. Non ha permesso che il suo cuore si macchiasse di rancore, di gelosia, di rabbia. Il segreto del Servo è che ogni giorno, ogni mattina ha lasciato che la Parola forgiasse la sua umanità.

Sapendo di non restare confusi: Chi cresce nella confusione si logora presto. Siamo di fronte ad una umanità logorata. L’appello che fa il Servo è di ascoltare per prendere forza dal Signore.
10-11: Chi semina nel fuoco brucerà nel fuoco che semina. Morirete nelle frecce che avete acceso. Queste parole sono il frutto dell’esperienza del Servo. Chi usa la spada morirà di spada. Nella passione Gesù rimane progressivamente in silenzio perché sarà l vita stessa a parlare, sarà il suo stile a parlare. La vera battaglia non è mostrare muscolarmente chi è più forte, ma si tratta di far vedere chi non cede al male. Gesù in questo suo silenzio è spettacolare.


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