domenica 24 luglio 2022

QUELLO CHE HAI ACCUMULATO DI CHI SARA'?

 




XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Lc 12,13-21

Paolo Cugini

 

La dimensione spirituale della vita se no ha una ripercussione, una ricaduta sulla vita materiale, è destinata ad inaridire. Nell’insegnamento di Gesù il legame tra fede e vita, tra spirituale e materiale è visibile. La relazione d’amore con il Padre, diviene visibile nelle relazioni gratuite e disinteressate che Gesù instaura con le persone che incontra. L’ascolto della Parola, che orienta la vita dei fedeli ad essere portatori dell’immagine di Dio, divine visibile nell’attenzione ai poveri. Infine, la liturgia celebrata nel tempio, si trasforma nella vita fraterna che conduce a vedere negli altri dei fratelli e delle sorelle. Nel Vangelo di oggi Gesù ci mostra le conseguenze negative di una vita spirituale che non ha alcuna ricaduta sulla vita reale e rimane richiusa tra le pareti del sacro, producendo il contrario di quello che aspira, morte invece di vita.

«Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

Il valore della vita di una persona non dipende da quello che ha, ma da quello che dà. Questo è in sintesi il messaggio riassuntivo del vangelo di oggi, che è un invito a non lasciarsi abbagliare dalle illusioni della ricchezza. Quello, infatti, che si trattiene e si accumula non si possiede, ma ci possiede. Gesù nel Vangelo di oggi viene intrattenuto sul tema dell’eredità. La risposta di Gesù è categorica. L’eredità è un frutto avvelenato, perché chi lascia un’eredità significa che nella sua vita ha accumulato e l’accumulo è la conseguenza di una scelta egoistica. Si pensa che, lasciando in eredità qualcosa per i posteri si fa del bene, in realtà si consegna qualcosa di negativo che produce divisioni. L’eredità è dunque, il simbolo della cupidigia, di una vita concentrata si se stessi, senza la minima attenzione nei confronti degli altri, soprattutto i più poveri.  Ciò che si ha è per condividere. Sotteso al discorso c’è l’idea che l’accumulo, frutto della cupidigia, sia una forma di idolatria, che sostituisce Dio.

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante… Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?

Il ricco è un malato terminale di egoismo e per lui non c’è salvezza. Può sembrare un’affermazione dura, ma il contenuto è ripreso in altri testi del Vangelo. Ad esempio, la narrazione dell’incontro di Gesù con il giovane ricco. Il finale di questa storia Gesù afferma perentoriamente che difficilmente un ricco entrerà nel regno di Dio. Nella parabola di oggi Gesù cerca di spiegare la struttura di pensiero di un ricco, la logica esistenziale sottesa all’accumulo. Come pensa la persona ricca? Pensa esclusivamente per sé e non ha un minimo di attenzione per gli altri e, tra questi, men che meno i poveri. Ai ricchi tutto gli è dovuto. Gesù descrive l’ingordigia, la cupidigia. Nella mente del ricco, nel suo raziocinio, se così lo si può chiamare, non c’è un minimo un accenno alla solidarietà, perché il ricco pensa solo a sé stesso: è il prototipo dell’egoismo. Il personaggio della parabola è già ricco e avendo un raccolto abbondante, non pensa di condividere con i più poveri, visto che lui stesso non avrebbe bisogno, ma, chiuso nel suo egoismo, pensa a come aumentare i suoi magazzini. È importante sottolineare che al tempo di Gesù il ricco era considerato una persona benedetta da Dio, mentre il povero era una persona punita. Gesù smaschera questo pensiero ipocrita, tipico della religione formale, che mantiene separati la fede dalla vita, il tempio dalla piazza, il sacro dal profano. Questa divisione non può che produrre un’esistenza schizofrenica, per cui nel tempio adori il Dio creatore della vita e poi nella vita quotidiana, il ricco toglie la possibilità di vita ai poveri, accumulando beni per sé stesso.

Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”.

Che cosa pensa Gesù dei ricci, che passano tutta la vita accumulando beni e denaro? Che sono stolti. L’espressione che Gesù utilizza è un po' attenuata dalla traduzione che sarebbe: scemo! Chi accumula pensando solo a sé stesso è uno scemo, perché non riesce a pensare e a cogliere la propria stessa vita in un orizzonte che vada al di là del proprio ombelico, della propria storia temporale. Il ricco è, nella prospettiva del Vangelo, una persona che non sa ragionare, è incapace di pensare: è stolto, scemo. Nella parabola narrata da Gesù, il ricco è scemo perché non riesce a godere di quello che ha accumulato, perché la ricchezza ha annebbiato la sua mente.

Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

La domanda sottesa a questa affermazione perentoria e significativa di Gesù, è la seguente: come ci si arricchisce presso Dio? Dando agli altri. Negli Atti degli Apostoli, sempre scritti da Luca, si afferma che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Il segreto evangelico della felicità è che non la si misura in quello che si ha e si accumula, ma in quello che si dona e si condivide generosamente con chi ne ha bisogno. Questo è il Vangelo! È questo messaggio che dobbiamo annunciare al mondo non solo con le parole, ma attraverso delle scelte concrete di condivisione e di solidarietà con i più poveri. 

Nessun commento:

Posta un commento