venerdì 19 luglio 2019

LE PARABOLE DELLA MISERICORDIA





LUCA 15,1-32

Paolo Cugini

Ci sono tre percorsi che il brano di oggi propone, percorsi che s’intrecciano e che rimandano allo stesso significato: l’essenza del Vangelo.
Il primo riguarda gli ascoltatori. Mentre gli scribi e i farisei mormorano nei confronti di Gesù, perché non accettano il suo messaggio, i pubblicani e i peccatori lo ascoltano, aprono spazio al messaggio autentico del Maestro. È già questa una bellissima indicazione per tutti coloro che sono alla ricerca di un senso autentico della vita. Chi è legato dalla religione delle regole e dei precetti, prova fastidio nei confronti di colui che è venuto verso di noi con la Parola della libertà e dell’amore e chiude il proprio cuore al suo messaggio.

 La seconda indicazione del brano viene da due brevi parabole che presentano lo stesso tipo di proporzione paradossale e, per certi aspetti, assurda. È il rapporto di uno a cento, di uno a dieci. È il rapporto che spezza i criteri dell’efficienza, della logica che plasma l’esistenza umana. È una proporzione che dice al mondo la novità del Vangelo, che fa esplodere qualsiasi calcolo, perché non segue la logica dell’efficienza e del merito, ma quella dell’amore e della misericordia. È questo principio che Gesù ha impresso nella storia e dice della novità del Vangelo nei confronti del quale possiamo solo aprire il cuore.

Infine, la parabola del figliol prodigo. Diceva il grande poeta francese Charles Péguy che, quando una persona sente la frase che apre la parabola: “Un uomo aveva due figli”, non può che essere colta da un fremito, dai brividi, per la forza che giunge all’anima di chi l’ascolta. Nella narrazione della parabola colpisce la libertà del padre, la sua capacità di non farsi imprigionare dalle logiche del merito, ma di rimanere sempre all’interno di qualsiasi relazione con il cuore misericordioso. Lo è con il figlio minore sia al momento della partenza che dell’arrivo. Il padre non chiede nulla: è libero in quanto ama e in questa libertà avvolge il figlio. Non chiede nulla al figlio al suo ritorno, ma lo avvolge con un abbraccio paterno che sa di amore vero e, allo stesso tempo, di libertà autentica. Dice infatti, di una relazione filiale costruita, non sulla logica dell’aspettativa, che riduce il figlio ad un esecutore passivo di un progetto prestabilito, ma della misericordia, generatrice continua di libertà. Relazione tra padre e figlio che pone al centro la dignità della persona, più che la forza del denaro, l’originalità di ogni singolo uomo, di ogni donna, più che il calcolo meritorio. Nella scena del ritorno del figliol prodigo colpisce la verità dei sentimenti del padre che non vuole sapere nulla, perché la sua gioia è grande nella possibilità di riabbracciare suo figlio. L’amore del padre nei confronti del figlio è così grande che ha accettato il rischio di perderlo, purché il figlio potesse esprimere la sua libertà, il suo specifico progetto di vita.

Lo stesso discorso vale nella relazione del padre con il figlio maggiore. Ancora una volta è l’incontro della logica del tornaconto, con la libertà che sgorga dall’amore. È l’amore del padre che è in un continuo movimento d’uscita per abbracciare, accogliere, per aiutare il figlio maggiore a compiere il cammino che conduce allo sguardo diverso, quello sguardo che sa cogliere l’essenza delle cose, il valore di ogni persona, indipendentemente dai criteri materiali che possono offuscare la qualità delle relazioni. All’indignazione del figlio rafforzata dall’argomentazione meritoria, il padre risponde esprimendo quello che in una relazione filiale rimane sotteso, vale a dire il suo amore incondizionato che passa anche attraverso la condivisione dei beni.

Questo è il Vangelo, la novità, il vino nuovo capace di rinnovare il mondo e le persone che l’accolgono.


venerdì 5 luglio 2019

ELIA





Meditazioni bibliche dal diario del 2003
Paolo Cugini
1° Re 17,1-6: Dio non lascia senza rifugio il suo Profeta. L’esperienza di Elia è l’esperienza del chiamato da Dio ad annunciare una Parola di crisi, di rottura di un contesto di sordità. Elia agisce in conformità alla Parola del Signore (V. 5): Per questo trova rifugio nel Signore. Elia si alimenta e si disseta con ciò che Dio gli dà: questa è fede, fiducia.

Andare al torrente Cherit: che cosa significa? È chiaro che prima occorre saper dire parole profetiche in questo contesto, saper illuminare questa realtà con la luce della Parola, occorre aiutare a vedere con gli occhi del Signore. E poi andare al torrente Cherit. Rifugiarsi in Te. C’è il tempo della profezia e c’è il tempo del rifugio silenzioso.

1° Re 19,9-51: Esperienza di Dio. Come Mosè (Es. 33.22) anche Elia vive una profonda e sensibile esperienza di Dio. È un uomo, Elia pieno di amore, zelo, per Dio. Come Mosè vuole conoscere Dio, la sua gloria, il suo volto. Non si accontenta più di un sentito dire: desidera un incontro personale. Da una storia di fatica, sofferenza e paura, nasce un cammino (spirituale) che conduce Elia ad un incontro più personale e profondo con Dio. Lui stesso in questa storia di ricerca, scopre il proprio immenso amore per Dio.

“Mi consumo di ardente zelo per il Dio degli eserciti”. Elia scopre dentro di sé che non c’è in Lui nessun pensiero, nessun desiderio che non sia Dio. È un pensiero, un amore, che lo consuma, lo brucia. Questa esperienza personale avviene dopo una situazione di forte tensione, che condusse Elia sulla soglia della disperazione, al punto di chiedere a Dio di togliergli la vita. Da questa situazione di grande sofferenza e solitudine, spinto dalla Parola di Dio, Elia comincia quel cammino spirituale che lo porta al centro di se stesso. E lì scopre che in realtà, tutto ciò che lo anima è un amore profondo per Dio. In questo cammino di ritorno a se stesso, riesce a cogliere in tutti avvenimenti che lo hanno accompagnato, una presenza costante: Dio.  

Tu, Dio ti manifesti. A coloro che scegli, che ami, che accompagni, non lasci di manifestarti. Come per Mosè, per Geremia, così per Elia gli fai fare quel cammino di spogliazione totale che lo rendono disponibile ad un incontro più profondo e autentico di Te. Tutto ciò che Elia ha passato, nel servizio della Tua Parola e in ciò che in questo servizio gli ha provocato di tensioni e paure era finalizzato ad un incontro più personale con Te. Alla fine Elia non è più chiamato a difenderti da re e falsi profeti: è chiamato a conoscerti.

“Che cosa fai qui Elia?” È una domanda di prova, una riflessione. Elia si guarda dentro e ci trova Dio. È curioso che prima Dio stesso lo incammini per l’Horeb e poi gli chieda che cosa fa lì. In realtà, in questa stranezza, c’è tutto il senso di un mistero: l’incontro dell’uomo con Dio. Un incontro che non può avvenire a caso, che non può essere improvvisato. Di fatto Elia percorre il deserto per quaranta giorni e quaranta notti, alimentato solo del cibo di Dio, prima di incontrarsi con Lui.