Paolo
Cugini
Per
chi ha seguito il percorso proposto durante l’avvento dalle letture del giorno,
Il Natale non può un che essere un messaggio di gioia. La speranza annunciata
continuamente dalla Parola di un evento capace di riempire di pienezza l’umanità
si è realizzato: c’è gioia grande sulla terra! Facciamo nostre, allora, le
parole del profeta Isaia che dice: “Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie
che annuncia la salvezza” (Is 52, 7). Colui che ha vissuto
nell’attesa di una parola capace di dare una risposta alle proprie inquietudini,
un senso al proprio cammino, una pienezza al vuoto interiore, non può che
gridare di gioia percependo la realtà dell’evento: c’è un salvatore!
Dio, che molte volte e in
diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha
stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo (Eb
1,1-2).
La lettera agli ebrei ci
ricorda un dato sul quale abbiamo lavorato nel tempo di avvento, vale a dire, che
la salvezza viene da lontano, non è un dato improvvisato, ma è frutto di un progetto,
di un pensiero, di una volontà che esprime libertà e amore. Tradotto in un
linguaggio comprensibile, questo discorso significa che la venuta del Salvatore
non ha nulla d’improvvisato, non è un evento accaduto per caso, ma è stato
voluto, pensato, ina altre parole, è frutto dell’amore del Padre. Un primo
significato del Natale in questa prospettiva vuole dire che ogni intervento di liberazione,
ogni azione che intende produrre salvezza per gli altri, esige tutti questi
ingredienti che il Padre ha messa nell’evento del Figlio: amore, pazienza,
intelligenza, libertà.
In principio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è
stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è
stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,1-2).
Tutto
questo diventa vero nella descrizione che il Vangelo di Giovanni fa del mistero
di Gesù. Se chi ascolta questi versetti ha un po' di sensibilità biblica si rende
subito conto che Giovanni sembra volere correggere Genesi. Anche perché il
redattore del libro della Genesi non aveva la più pallida idea di chi fosse, in
realtà, il messia. Nessuno dei profeti dell’Antico Testamento, infatti, aveva
mai identificato il futuro messia con il Figlio di Dio, cioè con Dio stesso. Ci
era andato vicino Daniele, quando annunciava la venuta del Figlio dell’uomo e
cioè di qualcuno che andava al di là dell’umano. Ecco perché Giovanni, nel
prologo del suo Vangelo, avendo conosciuto da vicino il Signore in vita e poi
morto e risorto, modifica leggermente le prime parole della pagina che narra la
creazione dicendo che, in realtà, Dio non ha creato la terra, il cielo e il
mare così, in modo immediato, ma attraverso il logos (verbo). Infatti, tutto è
stato fatto per mezzo di Lui. Del resto lo aveva già intuito anche Paolo quando
nella lettera ai Colossesi afferma: Egli è prima di ogni cosa
e tutte le cose sussistono in lui (Col 1,17). Questo discorso
è molto importante perché ci fa capire in che senso il Natale ci riguarda.
Colui, infatti, che è venuto al mondo, Gesù Cristo, rivela all’umanità, ad ogni
uomo e ad ogni donna il significato profondo della sua identità. Se tutto è
stato fatto per mezzo di lui e tutto sussiste in Lui, dentro questo tutto c’è
anche la mia umanità, la mia persona. In altre parole, è guardando a Lui che
possiamo capire il senso della nostra vita, possiamo comprendere il perché siamo venuti al mondo e la direzione del cammino che dovremmo prendere.
Ormai la società ha
riempito di tanti significati il Natale non sempre è facile recuperare quello
autentico. Per questo la parola di Dio viene in nostro aiuto per togliere ogni
dubbio. È Cristo la luce del mondo ed è solo in Lui che c’è la vita. Se volgiamo
vivere una vita piena, il cammino che siamo invitati a percorrere è verso di
Lui. Buon Natale
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