martedì 7 ottobre 2025

RALLEGRATI

 




Paolo Cugini

Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 27).

È sorprendente notare come la prima parola che l’angelo rivolge a Maria sia proprio un invito alla gioia. Questo dettaglio, spesso trascurato, apre uno squarcio luminoso sul mistero dell’Incarnazione: la gioia, infatti, ne è la nota dominante e il filo conduttore. Tutto il mistero della redenzione si avvolge di questo annuncio gioioso, come se, con Gesù, la gioia stessa facesse irruzione nel mondo per abbracciarlo e trasformarlo. Con la venuta di Cristo, la gioia non è più un sentimento da rincorrere o una mera speranza, ma diventa una realtà concreta. In Lui si compie la pienezza della vita, una completezza che rende superfluo ogni altro grande desiderio. Si potrebbe dire che, come all’alba della creazione una parola di gioia ha dato origine a tutto – “Dio vide che era cosa buona” – così l’inizio della redenzione fa risuonare un nuovo eco di letizia, capace di illuminare le tenebre dell’umano vivere.

La gioia si manifesta ogni volta che si passa dal buio alla luce, quando il cuore si apre a ciò che è vivo: acqua, aria, alberi, animali, ogni elemento della natura canta questa esultanza originaria. Tutto è gioia per chi sa riconoscere nei doni della vita la presenza benevola del Creatore. In questa visione, la tristezza non è altro che la perdita di quella luce iniziale, la distanza dall’annuncio gioioso che accompagna i primi istanti dell’esistenza. Seguendo la narrazione evangelica dell’annunciazione, si comprende che la tristezza si insinua nel cuore quando viene meno il ricordo del saluto iniziale, quando le preoccupazioni quotidiane ci avvolgono e oscurano la coscienza. È come se, dimenticando la prospettiva di gioia donata dal Vangelo, ci lasciassimo imprigionare dalle ombre delle nostre ansie, perdendo di vista il significato autentico della buona notizia.

Non a caso, “Vangelo” significa proprio “buona notizia”: è buona perché spalanca cammini di vita vera, donando senso anche alle fatiche di ogni giorno. È buona perché chi la accoglie con cuore sincero sperimenta una felicità nuova, profonda, che si riflette nelle scelte e nelle relazioni quotidiane. Questa parola, così semplice eppure carica di significato, diventa un seme di eternità: cresce silenziosamente in chi la custodisce, portando frutti di gioia che nulla può togliere. Accogliere il Vangelo significa, dunque, lasciarsi contagiare da questa letizia originaria. È uno stile di vita che trasforma le giornate, dona colore anche ai momenti grigi e restituisce senso alle fatiche. Così, la gioia del Vangelo diventa esperienza viva e concreta, una luce che nessuna tenebra può spegnere, una promessa che accompagna ogni passo dell’uomo nel viaggio della vita.

Chi vive la gioia del Vangelo, la condivide naturalmente con chi incontra, come un dono che si moltiplica nel donarsi. E forse proprio in questa semplicità risiede la forza silenziosa dell’annuncio cristiano: una gioia che nasce da una parola – la Parola – e che continua a germogliare laddove trova cuori pronti ad accoglierla.

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