Paolo Cugini
“Rallegrati, piena di
grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 27).
È
sorprendente notare come la prima parola che l’angelo rivolge a Maria sia
proprio un invito alla gioia. Questo dettaglio, spesso trascurato, apre uno
squarcio luminoso sul mistero dell’Incarnazione: la gioia, infatti, ne è la
nota dominante e il filo conduttore. Tutto il mistero della redenzione si
avvolge di questo annuncio gioioso, come se, con Gesù, la gioia stessa facesse
irruzione nel mondo per abbracciarlo e trasformarlo. Con la venuta di Cristo,
la gioia non è più un sentimento da rincorrere o una mera speranza, ma diventa
una realtà concreta. In Lui si compie la pienezza della vita, una completezza
che rende superfluo ogni altro grande desiderio. Si potrebbe dire che, come
all’alba della creazione una parola di gioia ha dato origine a tutto – “Dio
vide che era cosa buona” – così l’inizio della redenzione fa risuonare un nuovo
eco di letizia, capace di illuminare le tenebre dell’umano vivere.
La
gioia si manifesta ogni volta che si passa dal buio alla luce, quando il cuore
si apre a ciò che è vivo: acqua, aria, alberi, animali, ogni elemento della
natura canta questa esultanza originaria. Tutto è gioia per chi sa riconoscere
nei doni della vita la presenza benevola del Creatore. In questa visione, la
tristezza non è altro che la perdita di quella luce iniziale, la distanza
dall’annuncio gioioso che accompagna i primi istanti dell’esistenza. Seguendo
la narrazione evangelica dell’annunciazione, si comprende che la tristezza si
insinua nel cuore quando viene meno il ricordo del saluto iniziale, quando le
preoccupazioni quotidiane ci avvolgono e oscurano la coscienza. È come se,
dimenticando la prospettiva di gioia donata dal Vangelo, ci lasciassimo
imprigionare dalle ombre delle nostre ansie, perdendo di vista il significato
autentico della buona notizia.
Non
a caso, “Vangelo” significa proprio “buona notizia”: è buona perché spalanca
cammini di vita vera, donando senso anche alle fatiche di ogni giorno. È buona
perché chi la accoglie con cuore sincero sperimenta una felicità nuova,
profonda, che si riflette nelle scelte e nelle relazioni quotidiane. Questa
parola, così semplice eppure carica di significato, diventa un seme di
eternità: cresce silenziosamente in chi la custodisce, portando frutti di gioia
che nulla può togliere. Accogliere il Vangelo significa, dunque, lasciarsi
contagiare da questa letizia originaria. È uno stile di vita che trasforma le
giornate, dona colore anche ai momenti grigi e restituisce senso alle fatiche.
Così, la gioia del Vangelo diventa esperienza viva e concreta, una luce che
nessuna tenebra può spegnere, una promessa che accompagna ogni passo dell’uomo
nel viaggio della vita.
Chi
vive la gioia del Vangelo, la condivide naturalmente con chi incontra, come un
dono che si moltiplica nel donarsi. E forse proprio in questa semplicità
risiede la forza silenziosa dell’annuncio cristiano: una gioia che nasce da una
parola – la Parola – e che continua a germogliare laddove trova cuori pronti ad
accoglierla.

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