sabato 20 settembre 2025

IL SEME GETTATO

 




 

Paolo Cugini

 

Nella parabola del seminatore (Lc 8,5s), Gesù racconta di un uomo che esce a seminare: alcuni semi cadono lungo la strada, altri su terreno roccioso, altri ancora tra le spine, e infine alcuni in buona terra, dove portano frutto. Questa immagine, così semplice e immediata, racchiude una potenza espressiva che attraversa i secoli, rinnovando ogni volta il suo significato. Il seme non è solo una piccola realtà biologica: è una promessa, un simbolo di potenzialità, di attesa e di trasformazione. La parabola ci invita a guardare oltre l’apparenza, a leggere nella vita stessa la possibilità di germogliare e di crescere, anche quando le condizioni sembrano avverse.

Nel seme, la pedagogia trova una metafora potente. Esso rappresenta la fase iniziale di ogni percorso: l’infanzia di un progetto, il pensiero che si affaccia nella mente, il desiderio che prende forma. Pedagogicamente, il seme è la fiducia nel futuro, l’investimento nell’educazione, la cura di ciò che ancora non si vede ma che può diventare grande. Esteticamente, il seme è bellezza nascosta, promessa silenziosa, attesa che si compie nel tempo. L’immagine del seme ci ricorda che ogni crescita parte da ciò che è piccolo e invisibile, e che la vera ricchezza si trova nella capacità di riconoscere il valore di ciò che non è ancora compiuto. Ogni seme contiene in sé la potenzialità di diventare qualcosa di unico. Tuttavia, il suo sviluppo dipende da molteplici fattori: il terreno, il clima, la cura ricevuta. Il processo di crescita non è mai lineare; conosce momenti di attesa, di difficoltà, di lotta contro le avversità. Solo quando trova le condizioni favorevoli, il seme può germogliare e crescere, dando origine a una pianta che, a sua volta, produrrà frutto. Questa dinamica riflette la nostra stessa crescita personale: portiamo dentro di noi semi di talento, sogni, desideri, ma è solo attraverso il tempo, la pazienza e il coraggio di affrontare le sfide che possiamo arrivare alla maturazione. Il percorso di maturazione richiede di accogliere la vulnerabilità, di non temere gli ostacoli, di restare fedeli al cammino iniziato.

La parabola sottolinea il ruolo del terreno: non tutti i semi portano frutto, perché non tutti i terreni sono adatti. Il terreno simboleggia il contesto, la disponibilità a ricevere, la capacità di accogliere la novità. La cura diventa dunque centrale: il seminatore è chiamato ad amare il proprio lavoro, a non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi, a preparare con pazienza il terreno affinché il seme possa svilupparsi. Questa immagine si riflette nella nostra vita: ogni relazione, ogni progetto, ogni sentimento ha bisogno di tempo, di attenzione, di rispetto dei ritmi naturali. “Non si può raccogliere dove non si è seminato”, recita un vecchio proverbio italiano: il frutto della crescita dipende dalla dedizione e dalla premura che si è disposti a offrire.

Essere custodi dei semi significa assumersi la responsabilità della crescita, della maturazione, della fedeltà alle promesse racchiuse in essi. Ogni seme che germoglia è risposta a una chiamata, è testimonianza di una cura ricevuta. Il cammino verso la fruttificazione è segnato da scelte consapevoli, dalla capacità di sostenere il fragile, di proteggere ciò che è debole e di accompagnarlo fino a quando diventa forte. Solo così si può vedere il miracolo della trasformazione: ciò che era invisibile si mostra, ciò che era potenziale si realizza. La maturità non è solo il raggiungimento di un obiettivo, ma il processo stesso di essere fedeli al proprio sviluppo, di restare aperti al cambiamento, di coltivare la speranza anche nei momenti di difficoltà.

La parabola del seminatore e la metafora del seme ci invitano a guardarci dentro con occhi nuovi: quali semi stiamo coltivando nella nostra vita? Quali terreni stiamo preparando? Siamo capaci di riconoscere la bellezza della crescita, anche quando è lenta e silenziosa? Prendersi cura di un seme significa credere in qualcosa che ancora non si vede, imparare che la pazienza è la misura della responsabilità e che la maturazione è il frutto di una fedeltà quotidiana. In ognuno di noi vive la forza di un seme: la possibilità di trasformare il piccolo in grande, il silenzio in parola, la speranza in realtà. L’invito è a diventare seminatori consapevoli, custodi attenti e artisti della crescita, per dare alla nostra vita e a quella degli altri la possibilità di fiorire.

Nessun commento:

Posta un commento