Secondo
Dt 18, 15.18-19 Dio avrebbe promesso al suo popolo un profeta simile a Mosè.
Questa promessa si è realizzata in Gesù di Nazareth. Questa convinzione
percorre tutto il Vangelo di Giovanni e ne regge i temi principali.
Gesù
nutre il popolo di Dio come aveva fatto Mosè nel deserto. Gv mette sulle labbra
di Gesù delle parole che nell’AT riguardano Mosè (12,48-50; 8,28-29; Siccome
nella prospettiva della nuova Alleanza Gesù prende il posto di Mosè, i giudei
dovranno scegliere tra l’antico e il nuovo Mosè. Come Mosè che riferiva al
Popolo ciò che Dio gli diceva, così è Gesù: non fa che trasmettere al popolo le
parole che Dio gli ha affidato per loro (3,34; 17,8).
Il
messaggio centrale di Gesù è questo: che ci amiamo gli uni gli altri come Gesù
stesso ci ha amati (13,34-35). È il comandamento che riassume le dieci parole
di Mosè perché Dio è amore (1 Gv 4,7-16). Il cristianesimo è essenzialmente una
religione d’amore.
Come
Dio aveva dato l’ordine al popolo a riguardo di Mosè: ascoltatelo (Dt 18,15),
così è anche per Gesù, perché chi ascolta la Parola di Gesù ha la vita eterna (5,24).
Al
tema Gesù nuovo Mosè è strettamente legato quello di Gesù re messianico.
Per
esprimere le sue idee cristologiche, l’evangelista spesso usa la simbologia dei
numeri. 7: simbolo di totalità, ma anche davidico, mentre 6 richiama l’idea
dell’imperfezione. Esempio: il figlio del funzionario regio di Cafarnao viene
guarito all’ora settima (4,52-53). Invece, la debolezza del Cristo-uomo si
manifesta all’ora sesta (19,14).
Il
quarto Vangelo afferma a più riprese la divinità di Cristo, ma gli dà raramente
il titolo di Dio (1,1; 20,28).
La
teologia dei segni qualifica l’intero libro.
Chi
è l’autore? Per tradizione la chiesa dice che è Giovanni. È lui l’iniziatore
del processo redazionale. Giovanni era pescatore in Galilea (21,2.7).
Quando
fu composto? La più antica testimonianza risale al 125 d.C. Probabilmente è
stato scritto a Efeso o ad Antiochia, al più tardi negli ultimi anni del I sec
d.C.
All’evangelista
interessa mettere in luce il senso di una storia che è ad un tempo divina e
umana.
I
miracoli raccontati sono segni che rivelano la gloria di Cristo e simboleggiano
i doni che egli porta al mondo (purificazione nuova, pane, vino, luce, vita).
Indipendentemente dai miracoli, l’autore ha il dono di cogliere il significato
spirituale dei fatti e di scoprirvi misteri divini (cfr. 2, 19-21; 9,7; 11,51;
13,30, ecc.). Egli vede i fatti materiali e storici nella loro dimensione
spirituale: Gesù è la luce che viene al mondo; il suo combattimento è quello
della luce contro le tenebre; la sua morte è il giudizio del mondo; tutta la
sua vita è il compimento delle grandi figure messianiche dell’AT; egli è
l’agnello di Dio (1,29, il tempio nuovo (2,21), il serpente salvatore innalzato
nel deserto (3,14), il pane di vita che sostituisce la manna (6,35), il buon
pastore (10,11) la vite vera (15,1) ecc.
In
Giovanni non bisogna opporre simbolismo e storia. Il simbolismo è quello dei
fatti stessi , scaturisce dalla storia, vi si radica, ne esprime il senso e ha
valore, per il testimone privilegiato del verbo fatto carne.
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