sabato 7 febbraio 2015

VIGILARE





Prima domenica di Avvento/C
(Ger 33,14-16;Sal 25; 1 Tess 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36)

Don Paolo Cugini

1. Entrare nel tempo liturgico di avvento, significa predisporsi per compiere un nuovo cammino di conversine. Il bello del cammino di fede, che ci viene proposto attraverso la liturgia, é anche questo: siamo continuamente invitati a rialzarci, a non dormire sui nostri sbagli, ma a guardare sempre avanti, con gli occhi fissi su Gesú, l’autore della nostra fede (Cfr. Eb 13 1ss.). Abbiamo appena terminato un anno liturgico in cui, nelle ultime due domeniche, la Parola di Dio ci ha invitato ad una seria verifica delle nostre attitudini, dei nostri modi di agire e di pensare quotidiani. Forse ne siamo usciti un pó con le ossa rotte, con la testa pesante, consapevoli che il cammino da compiere é ancora lungo. Ebbene, oggi la Parola ci viene immediatamente incontro per prenderci per mano, per rialzarci, per accompagnarci dentro la proposta del Signore, che é la trasformazione della nostra umanitá. Ci possiamo,allora, a questo punto del discorso, chiedere: quali sono i segni della trasformazione della nostra umanitá che lo Spirito Santo desidera operare in noi durante quest’anno liturgico? Quali sono le situazioni che possono aiutarci in questo cammino?

2.Quando queste cose cominceranno ad accadere, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione é vicina” (Lc 21,28).

Nel brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato vengono presentati due  tipi di persone. Le prime sono gli uomini,coloro che hanno condotto una vita lontana da Dio; costoro, davanti alla manifestazione della gloria di Do, avranno paura. Per coloro, invece, che hanno fatto della loro vita uno sforzo per seguire il Signore, lo stesso giorno é visto come motivo di liberazione. Se stiamo vivendo il nostro rapporto con Dio nella prospettiva dei figli,  allora non abbiamo nulla da temere perché abbiamo appreso che il Padre ci ama e ci vuole liberare. É soprattutto questo dato  della liturgia di oggi che mi ha fatto riflettere, perché ci dice che il frutto del cammino di fede é una liberazione. Sappiamo molto bene che il primo significato di questa liberazione é la libertá dal pecatto, ed é quello che ci auguriamo per questo nuovo anno liturgico, affinché il peccato possa esercitare sempre meno forza nella nostra vita. C’é peró, qualcosa di piú dietro la parola liberazione. Ci rivela infatti,che la vita quotidiana é una lotta contro forze che tentano di distruggere o, meglio che tentano di distoglierci dal nostro cammino di fede. Il tempo di avvento che oggi stiamo iniziando ci vuole, allora, confortare in questo cammino, da un lato rivelandoci che la vita é proprio come la stiamo vivendo e cioé una lotta costante contro le forze del male, una lotta nella quale non possiamo mai permetterci il lusso di abbassare la guardia. Dall’altro, in questo cammino di lotta, il Signore pone dei segni di liberazione. Noi non siamo piú schiavi, ma liberi in quanto figli di Dio. Vivere da figli, pienamente soddisfatti da quello che la grazia di Dio sta realizzando in noi, significa non lasciare spazio nella nostra vita ad altri tiranni. In questa propettiva mi lascia abbastanza perplesso vedere come nel mondo di oggi aumentino le persone religiose, cioé che dichiaratamente credono in Dio, che aderiscono a movimenti di tipo fondamentalista, che tra le caratterisitche hanno la fiducia incondizionata nel lider religioso. Puó darsi che anche questo sia un segno dei tempi, per aiutarci a capire che cosa non deve essere la nostra vita di fede e verso dove deve dirigersi, per essere sempre piú autentica e strumento di liberazione dell’umanitá. Il Signore oggi ci dice che la liberazione é un processo  in atto che nessuno potrá arrestare.

3. “Badate che i vostri cuori non si appesantiscano in disipazioni, ubriachezze e affanni materiali e che quel giorno no vi piombi addosso improvviso” (Lc 21, 34).

Per un cristiano che vive il proprio rapporto co il Padre da figlio, la vita quotidiana si trasforma nell’attesa di “quel giorno”. Attendere il Signore in ogni attivitá della vita, significa smettere di contare sulle proprie forze e sui propri progetti personali. L’attesa del Signore, del suo passaggio, della sua volontá nelle situazioni concrete della vita quotidiana, é il segno di un rapporto di fiducia personale, basato su di un ascolto amoroso della Sua Parola. L’avvento ci vuole insegnare anche questo, a prendere sempre piú a serio i misteri che Dio ha rivelato in Gesú, per cercarlo continuamente, aspettarlo, cosí come ha fatto Maria. Questa attesa del Signore negli eventi della vita quotidiana, per essere autentica, si deve trasformare in scelte concrete. Dobbiamo fare di tutto affinché niente appesantisca il nostro cuore che, come tutti, sappiamo, é la sede in cui l’uomo prende le proprie decisioni. Si tratta, allora, di mantenere sempre la nostra coscienza in sintonia con la volontá di Dio, per non permettere a nulla e a nessuno  di distruggere il legame sottile che da figli stiamo instaurando con il Padre. Per quello che ho visto nei tre bellissimi mesi trascorsi in Italia, piú che di dissipzioni e ubriachezze, ci si deve guardare dal peso degli affanni materiali. Per i motivi che sappiamo tutti, é difficile oggi vivere spensierati. Questo lo sa anche il nostro Creatore. La vita spirituale che coltiviamo, dovrebbe metterci nelle condizioni di non rimanere mai sepolti sotto le macerie delle preoccupazioni quotidiane, anche perché sarebbe un sintomo di poca fede, cioé di poca fiducia nella forza e potenza del Signore. Quando ci facciamo prendere troppo la mano dai problemi quotidiani significa, in un modo o nell’altro, che é da un pó di tempo che non ci fidiamo piú di Dio, lo sentiamo troppo lontano, troppo debole, troppo distante dalla nostra vita. Quando questo avviene, non é colpa di Dio, che ci lascia liberi di gestire la nostra vita come vogliamo, ma é nostra. Sentire la tenerezza del Padre, la sua presenza amorosa e paterna, é il frutto della vita spirituale che realizziamo nella Chiesa e che il tempo di avvento, che stiamo iniziando, ci vuole aiutare ad incentivare. Uscire da un cristianesio infantile, che vede in Dio il padre –padrone, che deve soddisfare i nostri desideri e che é sempre pronto a punirci quando non facciamo la sua volontá, potrebbe essere uno dei frutti piú importanti del cammino che la Chiesa ci sta proponendo all’inizio di questo tempo di avvento. Sentire il Padre come presenza liberante e non come peso soffocante, preseneza che c’invita ad assumere le nostre responsabilitá di uomini e di donne, responsabilitá che non puó fermarsi solamente nel perimetro dell’orticello di casa, ma che deve spingersi piú in lá, nella vita politica e sociale, nell’impegno per una societá piú giusta e solidale.
Che nel Tempo di Avvento che stiamo iniziando, lo Spirito Santo soffi nelle nostre comunitá per rimetterle in piedi ed essere, cosí, segno nel mondo della liberazione che il Signore sta attaundo da ormai duemila anni.






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