Prima domenica di Avvento/C
(Ger 33,14-16;Sal 25; 1 Tess 3,12-4,2;
Lc 21,25-28.34-36)
Don Paolo Cugini
1. Entrare nel tempo liturgico di
avvento, significa predisporsi per compiere un nuovo cammino di conversine. Il
bello del cammino di fede, che ci viene proposto attraverso la liturgia, é
anche questo: siamo continuamente invitati a rialzarci, a non dormire sui
nostri sbagli, ma a guardare sempre avanti, con gli occhi fissi su Gesú, l’autore
della nostra fede (Cfr. Eb 13 1ss.). Abbiamo appena terminato un anno liturgico
in cui, nelle ultime due domeniche, la Parola di Dio ci ha invitato ad una seria
verifica delle nostre attitudini, dei nostri modi di agire e di pensare
quotidiani. Forse ne siamo usciti un pó con le ossa rotte, con la testa
pesante, consapevoli che il cammino da compiere é ancora lungo. Ebbene, oggi la Parola ci viene
immediatamente incontro per prenderci per mano, per rialzarci, per
accompagnarci dentro la proposta del Signore, che é la trasformazione della
nostra umanitá. Ci possiamo,allora, a questo punto del discorso, chiedere:
quali sono i segni della trasformazione della nostra umanitá che lo Spirito
Santo desidera operare in noi durante quest’anno liturgico? Quali sono le
situazioni che possono aiutarci in questo cammino?
2. “Quando queste cose cominceranno ad accadere, alzatevi e levate il capo
perché la vostra liberazione é vicina” (Lc
21,28).
Nel
brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato vengono presentati due tipi di persone. Le prime sono gli
uomini,coloro che hanno condotto una vita lontana da Dio; costoro, davanti alla
manifestazione della gloria di Do, avranno paura. Per coloro, invece, che hanno
fatto della loro vita uno sforzo per seguire il Signore, lo stesso giorno é
visto come motivo di liberazione. Se stiamo vivendo il nostro rapporto con Dio
nella prospettiva dei figli, allora non
abbiamo nulla da temere perché abbiamo appreso che il Padre ci ama e ci vuole
liberare. É soprattutto questo dato della
liturgia di oggi che mi ha fatto riflettere, perché ci dice che il frutto del
cammino di fede é una liberazione. Sappiamo molto bene che il primo significato
di questa liberazione é la libertá dal pecatto, ed é quello che ci auguriamo
per questo nuovo anno liturgico, affinché il peccato possa esercitare sempre
meno forza nella nostra vita. C’é peró, qualcosa di piú dietro la parola
liberazione. Ci rivela infatti,che la vita quotidiana é una lotta contro forze
che tentano di distruggere o, meglio che tentano di distoglierci dal nostro
cammino di fede. Il tempo di avvento che oggi stiamo iniziando ci vuole,
allora, confortare in questo cammino, da un lato rivelandoci che la vita é
proprio come la stiamo vivendo e cioé una lotta costante contro le forze del
male, una lotta nella quale non possiamo mai permetterci il lusso di abbassare
la guardia. Dall’altro, in questo cammino di lotta, il Signore pone dei segni
di liberazione. Noi non siamo piú schiavi, ma liberi in quanto figli di Dio.
Vivere da figli, pienamente soddisfatti da quello che la grazia di Dio sta
realizzando in noi, significa non lasciare spazio nella nostra vita ad altri
tiranni. In questa propettiva mi lascia abbastanza perplesso vedere come nel
mondo di oggi aumentino le persone religiose, cioé che dichiaratamente credono
in Dio, che aderiscono a movimenti di tipo fondamentalista, che tra le
caratterisitche hanno la fiducia incondizionata nel lider religioso. Puó darsi
che anche questo sia un segno dei tempi, per aiutarci a capire che cosa non
deve essere la nostra vita di fede e verso dove deve dirigersi, per essere
sempre piú autentica e strumento di liberazione dell’umanitá. Il Signore oggi
ci dice che la liberazione é un processo
in atto che nessuno potrá arrestare.
3. “Badate che i vostri cuori non si appesantiscano in disipazioni,
ubriachezze e affanni materiali e che quel giorno no vi piombi addosso
improvviso” (Lc 21, 34).
Per
un cristiano che vive il proprio rapporto co il Padre da figlio, la vita
quotidiana si trasforma nell’attesa di “quel giorno”. Attendere il Signore in
ogni attivitá della vita, significa smettere di contare sulle proprie forze e
sui propri progetti personali. L’attesa del Signore, del suo passaggio, della
sua volontá nelle situazioni concrete della vita quotidiana, é il segno di un
rapporto di fiducia personale, basato su di un ascolto amoroso della Sua
Parola. L’avvento ci vuole insegnare anche questo, a prendere sempre piú a
serio i misteri che Dio ha rivelato in Gesú, per cercarlo continuamente,
aspettarlo, cosí come ha fatto Maria. Questa attesa del Signore negli eventi
della vita quotidiana, per essere autentica, si deve trasformare in scelte
concrete. Dobbiamo fare di tutto affinché niente appesantisca il nostro cuore
che, come tutti, sappiamo, é la sede in cui l’uomo prende le proprie decisioni.
Si tratta, allora, di mantenere sempre la nostra coscienza in sintonia con la
volontá di Dio, per non permettere a nulla e a nessuno di distruggere il legame sottile che da figli
stiamo instaurando con il Padre. Per quello che ho visto nei tre bellissimi
mesi trascorsi in Italia, piú che di dissipzioni e ubriachezze, ci si deve
guardare dal peso degli affanni materiali. Per i motivi che sappiamo tutti, é
difficile oggi vivere spensierati. Questo lo sa anche il nostro Creatore. La
vita spirituale che coltiviamo, dovrebbe metterci nelle condizioni di non
rimanere mai sepolti sotto le macerie delle preoccupazioni quotidiane, anche
perché sarebbe un sintomo di poca fede, cioé di poca fiducia nella forza e
potenza del Signore. Quando ci facciamo prendere troppo la mano dai problemi
quotidiani significa, in un modo o nell’altro, che é da un pó di tempo che non
ci fidiamo piú di Dio, lo sentiamo troppo lontano, troppo debole, troppo
distante dalla nostra vita. Quando questo avviene, non é colpa di Dio, che ci
lascia liberi di gestire la nostra vita come vogliamo, ma é nostra. Sentire la
tenerezza del Padre, la sua presenza amorosa e paterna, é il frutto della vita
spirituale che realizziamo nella Chiesa e che il tempo di avvento, che stiamo
iniziando, ci vuole aiutare ad incentivare. Uscire da un cristianesio infantile,
che vede in Dio il padre –padrone, che deve soddisfare i nostri desideri e che
é sempre pronto a punirci quando non facciamo la sua volontá, potrebbe essere
uno dei frutti piú importanti del cammino che la Chiesa ci sta proponendo
all’inizio di questo tempo di avvento. Sentire il Padre come presenza liberante
e non come peso soffocante, preseneza che c’invita ad assumere le nostre
responsabilitá di uomini e di donne, responsabilitá che non puó fermarsi
solamente nel perimetro dell’orticello di casa, ma che deve spingersi piú in
lá, nella vita politica e sociale, nell’impegno per una societá piú giusta e
solidale.
Che
nel Tempo di Avvento che stiamo iniziando, lo Spirito Santo soffi nelle nostre
comunitá per rimetterle in piedi ed essere, cosí, segno nel mondo della
liberazione che il Signore sta attaundo da ormai duemila anni.
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