SALMO 22
Riflessioni di Paolo
Cugini
E’ UN SALMO DI SUPPLICA E DI
RINGRAZIAMENTO.
Sono parole di una persona che ha sperimentato
la sofferenza e nella sofferenza si dirige al Signore con il grido della
supplica ricevendo risposta positiva. Per questo trasforma il suo lamento in un
rendimento di grazie.
Caratteristica: si tratta di una sofferenza che ha
condotto il salmista sino alle soglie della morte (v. 16). La liberazione dalla
sofferenza ha assunto i toni di una risurrezione. Misericordia di Dio che dà
vita, che rimette in piedi.
Il salmo è diviso in due parti:
Prima: appello a Dio
Seconda: ringraziamento.
In mezzo: immaginiamo la salvezza,
l’intervento del Signore
PRIMA PARTE
2. Si deve immaginare questa
richiesta al termine di una lunga preghiera. Per giorni il salmista ha invocato
il Signore e adesso sembra al limite della sopportazione. C’è una formula
paradossale: Dio mio, esprime legame. “Perché mi hai abbandonato”: è un’accusa.
Tu sei lontano dalla mia salvezza: in
alcuni salmi Dio viene definito come mia salvezza. In questo caso Dio sembra
lontano dalla sua stessa identità. Questa è l’esperienza più difficile della
fede (cfr. Giobbe): trovarsi di fronte ad un Dio che non immaginiamo. Vediamo
l’esperienza grande della fede quando Dio sembra dimenticare o trascurare
l’uomo. Pensiamo alla fede come una scelta fatta da noi. Nella concezione
biblica è Dio che ha costruito il legame con me. Mi posso ribellare, ma non
posso cancellare il legame con Lui. Dio sta prima di me: da Lui non mi posso
allontanare. Nel nostro salmo spariscono le concezioni tipiche che abbiamo di
Dio, di colui che risponde alle invocazioni (Sal 118,5: nell’angoscia ho
invocato il Signore; mi ha risposto il Signore e mi ha tratto in salvo).
4-6: ricorso all’esperienza dei padri, il
ricordo va alla storia d’Israele: Dio ha liberato e salvato i nostri padri,
hanno potuto sperimentare la potente misericordia del Signore.
7-9: dice tutta la distanza tra la
salvezza del passato e l’angoscia presente. C’è tutta l’esperienza
dell’esclusione: il salmista si sente escluso e rifiutato dal suo popolo.
10-11: ricordo della propria esperienza
personale: sei tu che mi hai tratto dal grembo. Se andiamo indietro
nell’esperienza della nostra vita non riusciamo a trovare un momento senza la
vicinanza, la premura e la tenerezza di Dio. Nei momenti di sconforto occorre
avere la lucidità di non permettere che il male presente offuschi la luce del
bene vissuto nel passato. Dovrebbe invece avvenire il contrario. Il ricordo
positivo della misericordia di Dio nella nostra vita, deve darci la forza di
sopportare la sofferenza presente. Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio.
12: il salmista vive una situazione
per cui non può cercare aiuto nella società, negli altri, nella famiglia. Il
salmista si trova come circondato da persone e situazioni che vogliono il suo
male: 13-14. E’ difficile comprendere che a che cosa il salmista si riferisce;
senza dubbio sono parole che esprimono una grande paura.
15: il salmista esprime la sua
condizione attuale con delle immagini.
La prima immagine è dell’organismo
umano che si disfa. Le ossa non riescono più a tenere in piedi il corpo e gli
organi perdono la loro identità.
Immagine dell’acqua: aridità della
vita senza acqua.
Su polvere di morte mi hai deposto:
in realtà come abbiamo letto, sono gli uomini che lo stanno minacciando. Ma il
salmista legge questi eventi come voluti da Dio. E allora se da Dio dipende la
condizione di morte da Dio dipenderà anche la possibilità di salvezza.
17-21: il clima diventa ancora più
negativo.
20-22: supplica. Prima il salmista aveva chiesto di
essere salvato dalla morte, adesso chiede di essere liberato dai nemici. Il
Signore, se vuole, può ricondurci alla salvezza, alla pienezza di vita.
SECONDA PARRTE
23-25:
ALL’IMPROVVISO IL SALMO CAMBIA DI TONO. C’è stato senza dubbio un intervento di
Dio, che è lasciato all’immaginazione. Il salmo era iniziato con espressioni di
angoscio e dolore, adesso il Signore si è fatto conoscere, vedere, sentire
toccare dal salmista.
Annunzierò il tuo nome ai fratelli: è
la prova che è avvenuto qualcosa, che c’è stato un incontro, che il salmista ha
percepito il passaggio di Dio nella sua vita. Si è sentito ascoltato, guardato.
La prova di questo incontro è la disponibilità e il desiderio di comunicarla
(cfr. Isaia, Pietro, ecc.).
Nome del Signore: esprime l’identità del Signore
conosciuto dentro un’esperienza. Il nome del Signore è quello che il Signore ha
fatto. Se diciamo “Il nome del Signore è il salvatore”, come affermiamo nel
Magnificat, non stiamo esprimendo un concetto, una riflessione, ma il contenuto
di un’esperienza. Se Dio è salvatore è perché mi ha salvato. Ebbene quando
sperimentiamo Dio in questo modo non riusciamo a trattenerlo per noi, ma
desideriamo comunicarlo immediatamente. Il nome di Dio è quello che di Dio
abbiamo sperimentato, per questo quando pronunciamo il suo nome ci viene in
mente qualcosa, un ricordo, una storia, un legame speciale.
“Annunzierò il tuo nome”, quello che ho conosciuto di te, in
mezzo all’assemblea. Prima, all’epoca della sofferenza causata dagli
insulti, era fuggito dall’assemblea, dal contesto sociale: ora vi ritorna e
coinvolge tutto il suo popolo. Ciò significa che l’esperienza di salvezza del
salmista non è appena individuale, non rimane e non può rimanere dentro di lui,
ma deve uscire, coinvolgere tutto il popolo nel rendimento di grazie e nella
lode.
26-27: il ringraziamento si allarga in
particolare ai poveri
28: Il cerchio si allarga all’umanità
intera. Perché il regno di Dio è universale e riguarda l’umanità intera.
Il regno di Dio: salvezza di Dio, la sua
provvidenza, l’amore e la giustizia di Dio, che riguardano tutti gli uomini. La
prospettiva universale è così grande che il salmista giunge ad esprimere
qualcosa che prima non si era mai sentito:
30: nella concezione della religiosità
di Israele e nei salmi i morti non lodano il Signore. Sono i viventi che
sperimentano il dono della benedizione di Dio. Nel nostro salmo sono coinvolti
anche loro e quindi il rendimento di grazie del nostro salmo supera anche la
soglia che sino ad allora era impensabile, vale a dire la morte, il regno dei
morti.
31-32: E io vivrò per lui. Conclusione
stupenda del salmista.