XXIII DOMENICA/B
(Is
35,4-7a; Sal 145; Gc 2,1-5;Mc 7,31-37)
1. Il tema generale della liturgia della Parola di
questa domenica è chiarissimo: l’amore preferenziale di Dio per i poveri. Ne
parlano tutte le letture, compreso il salmo. Non si può quindi fuggire da
nessuna parte, bisogna parlare proprio di ciò.
In
un contesto di benessere diffuso come il nostro, fa un po’ senso parlare di
poveri e povertà. Anzi, forse ci si arrabbia un po’ con Dio e ci si chiede con
fastidio perché Lui vuole sempre parlare di “queste cose”. Il fastidio nasce
anche dal fatto che poi si sa che queste parole nessuno le vive e allora le si
ascolta, nonostante tutto, ma poi ognuno fa ciò che vuole, come in molti casi.
Credo,
invece, che la Parola di Dio sia
una vera benedizione, perché ci
costringe, ci forza ad ascoltare ciò che non vorremmo ascoltare e cioè che
nonostante il nostro perbenismo di facciata, la strada della conversione è
ancora molto lunga, anche perché questa strada non può che passare per il volto
dei poveri, quel volto che troppo spesso noi non vogliamo guardare neanche da
lontano. E invece i poveri sono sempre li, e ne arrivano sempre di più a
turbare i nostri piani, le nostre belle ed educate giornate. Ne arrivano tutti
i giorni a palate sulle nostre coste per
ricordarci che, nella realtà, quella realtà che neghiamo con il nostro
menefreghismo, i tre quarti della popolazione del mondo è indigente, vive di
stenti, in condizioni igieniche precarie.
“Ma che colpa abbiamo noi se ci sono tanti
poveri? Noi tutti i giorni lavoriamo, educhiamo i nostri figli: che cosa
dobbiamo fare di più?”.
2. La Parola di Dio
che abbiamo ascoltato, non ci pone dinanzi delle analisi sociologiche e nemmeno
storiche. Non cerca, infatti, d’indagare i motivi della povertà del mondo, ma
ci dice semplicemente da che parte Dio sta.
“Dio non ha forse scelto
i poveri nel mondo?” (Gc 2, 5).
Questa
è la scelta di Dio e, se qualcuno si sente così saggio da metterla in
discussione, si faccia avanti. Per coloro, invece, che dinanzi alla Parola di
Dio, si pongono in religioso ascolto (come ci insegna il concilio Vaticano II
nel documento Dei Verbum), non resta che interiorizzare questa Parola,
per tradurla in scelte di vita.
E’
questo il cammino che dobbiamo compiere tutti assieme, perché tutti abbiamo
bisogno della Parola per vedere il cammino da percorrere.
Dio è la sorgente della verità e della pace,
ci dice la preghiera sulle offerte di oggi, ciò significa che la pace è il dono
che il Signore fa a coloro che, con assiduità, si sforzano di vivere la Verità
che Lui ci dona. Verità che spesso è
contraddetta dallo stile di vita del mondo e che, quindi, fatichiamo a
riconoscere e vivere. Per questo il Signore oggi nel Vangelo si presenta come
un taumaturgo che apre le nostre orecchie, divenute sorde dai rumori del mondo,
e cura i nostri occhi accecati dalle illusioni che si presentano ai nostri
sensi.
3. “Coraggio
non temete; ecco il vostro Dio… Egli
viene a salvarvi. Allora si
apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi” (Is
35, 4).
Dio
interviene nella storia per “Salvare”: è su questo che mi sembra importante
riflettere. Se Dio infatti, interviene nella storia per salvare l’umanità, è
perché la vede malata, povera, bisognosa
di un intervento salvifico. In questa prospettiva il significato della povertà
si allarga a dismisura e va ben oltre del semplice anche se autentico,
significato materiale. Se Dio interviene nella storia per soccorrere un’umanità
povera, cieca, sorda, storpia, ecc., allora tutti noi, tutta l’umanità è
racchiusa in queste categorie. A questo punto allora il problema è il seguente: ma come ci vede Dio? Perché Lui, che è l’Onnipotente, mi vede
in questa maniera, che è il contrario della visione che io ho di me stesso?
Dio
ci vede malati, zoppi, ciechi e sordi, in una parola: poveri. E ci vede così
perché è Lui che ci ha creati e quindi
conosce bene il progetto originario dell’umanità. E’ chiaro che il
possesso di soldi o cose non dice assolutamente nulla della nostra situazione
esistenziale o spirituale davanti a Dio; al massimo la peggiora. Dio ci vede
poveri, malati, tremendamente ciechi e sordi perché pieni di noi, egoisti,
concentrati solo su noi stessi, le nostre cose. Con l’andar del tempo questa
situazione egoista, questa condizione umana permeata dall’egoismo ha prodotto i
suoi frutti marci: la disuguaglianza, le divisioni, i soprusi.
E così accanto al benestante incontriamo “il povero dal vestito logoro” (Gc 2,2), accanto ai ricchi, senza problemi, nelle loro
case super attrezzate e rinforzate per proteggersi dagli stranieri che sono
tutti dei ladri e scansafatiche, incontriamo gli oppressi, affamati, prigionieri, stranieri (Salmo 145). E’ inutile dire che queste
cose così storte, così fatte male, Dio non le ha pensate, non le poteva
pensare, nemmeno sognare. Perché Dio è buono, è misericordioso, è l’amore e chi
ama non può fare queste cose così sbagliate, così storte e insensate. Ed è per questo che Dio, il Padre
sta dalla parte dei poveri. Non è una scelta discriminatoria, ma di amore e di
misericordia. Infatti, il povero, la situazione di indigenza è un segno
dell’ingiustizia dell’uomo. Se Dio ha creato il mondo affinché tutti
potessero usufruirne, se qualcuno ha di
più e altri non hanno nulla è perché è avvenuto qualcosa che distorce il
progetto originario. La ricchezza è il segno di una ingiustizia: questo è un
dato biblico incontestabile. La vita del cristiano, sia a livello personale,
che familiare e sociale, è chiamata continuamente a pensare forme di condivisione,
di solidarietà. Se abbiamo è per dare e,
soprattutto non possiamo permetterci il lusso di accumulare. A partire
da questi principi economici ispirati dal Vangelo, si muove tutta l’esperienza
sociale cristiana. Il problema, a questo livello, non è sul fare o non fare
quella cosa o quel mestiere: l’accento del Vangelo è costantemente posto sulla persona e sulla
misericordia del Signore.
A questo punto posso fare ciò che voglio (è la
libertà del cristiano che san Paolo nelle sue lettere stimola continuamente:
cfr. 1
Cor 6,1ss.), posso guadagnare un sacco di soldi (chiaramente se si
tratta di lavoro onesto), l’importante è che non pensi solamente a me, ma che
il pensiero degli altri, del prossimo, muova i miei pensieri economici e
sociali.
4.
“E
subito si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua” (Mc 7, 35)
E’ quello che vogliamo che Tu, Signore, faccia con
noi, affinché possiamo uscire dalle nostre ipocrisie fatte di parole vuote, di
idee geniale e profonde, ma non accompagnate da scelte altrettanto coraggiose.
Ti chiediamo, allora, Signore, nell’Eucaristia di questa domenica, di aprire le
nostre orecchie ottuse e chiuse dall’egoismo che sa solo giudicare gli altri,
che sa solo guardare i difetti degli altri, che riesce solo a fare i conti
nelle tasche degli altri e si dimentica di verificare i propri. O Signore, aiutaci ad avere tra di noi parole di
giustizia e di misericordia, affinché sappiamo condividerle per elaborare stili
di vita capaci di modificare i sistemi di egoismo che il mondo costruisce e che
pesano come macigni sulle nostre coscienze. Aiutaci, Signore, ad uscire con
semplicità dagli schemi perversi del consumismo, per promuovere in ogni
momento, a partire dalle nostre famiglie, dalla nostra famiglia, Chiesa
domestica, un frammento di umanità nuovo, simile a quello che tu hai voluto
costruire, in cui apprendiamo a rispettare i poveri del mondo vivendo con
sobrietà, smettendo di pensare solo a noi stessi, giustificandoci per il nostro
stile di vita spaventosamente consumistico, dicendo che tutti fanno così.
Illumina i nostri occhi, Signore, per
mostrarci il cammino per il quale ci sentiamo attratti , ma che spesso facciamo
fatica a riconoscere.
Infine, ti chiediamo, Signore, una Chiesa che sappia
stare sempre dalla parte giusta, che è la parte che Tu hai scelto, la parte dei
poveri, degli oppressi del mondo, per poter indicare al mondo la sua malattia
e, così sentire il bisogno di una redenzione. Amen.
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