mercoledì 31 marzo 2021

E VIDE E CREDETTE: LA PASQUA DEL SIGNORE!

 



DOMENICA DI PASQUA/B

(At 10, 34a. 37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9)

Paolo Cugini

 

La settimana santa, con le sue liturgie cariche di ricordi significativi degli ultimi momenti cruciali della vita di Gesù, ci devono aver aperto il cuore e la mente alla novità che il Signore porta con la sua resurrezione. Passiamo, infatti, dal piano della storia al piano della fede. Non a caso nella prima lettura Pietro ci avverte che Gesù è apparso dopo la sua resurrezione solamente “a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti” (At 10, 41). E’, dunque, ai discepoli e alle discepole, che Gesù appare dopo la sua resurrezione e non a tutto il popolo, come faceva quando era in vita. È un’indicazione, a mio avviso, importante, perché rivela che per entrare nel mistero della resurrezione di Gesù occorre venire da un cammino, mosso dal desiderio di conoscere il Signore, che ci aiuta a compiere delle scelte, che ci orientano decisamente verso di Lui. È come se Gesù, in un certo senso, ci volesse separare, isolarci, per incontrarci. Questa nuova presenza di Gesù nella storia esige un tipo di conoscenza nuova, che ci permette di percepire la sua presenza cogliendo degli indizi, interpretando delle assenze, che dicono di un passaggio, una presenza, uno stile, un modo di essere.

In questo cammino di percezione del risorto ci offre alcuni spunti significativi il Vangelo di oggi. Qual è il significato di quel correre da parte di Maria di Magdala, di Pietro e del discepolo che Gesù amava? La prima scena della resurrezione narrata da Giovanni è caratterizzata da una ricerca in un luogo in cui Gesù non può essere e che, in seguito, genera una serie di movimenti veloci, di corsa. C’è una ricerca e un movimento rapido, che rivela un profondo sentimento di amore dei discepoli e delle discepole nei confronti di Gesù, rivela la profondità dei legami che in poco tempo Gesù era risuscito ad instaurare con coloro che lo seguivano. Quella di Gesù era una presenza che riempiva, che dava senso alle cose, ai gesti, alle scelte. L’esperienza del gruppo di discepoli e discepole è caratterizzata da un contatto quotidiano con Gesù, da gesti quotidiani, dal condividere tutto con Lui ogni giorno. Questo dice molto sul significato della comunità cristiana, che non può essere relegato a qualche rito settimanale o a qualche evento durante l’anno. C’è un’umanità che dev’essere coinvolta, ci sono contatti umani quotidiani, che dicono della verità di un cammino di fede. La mancanza di Gesù genera in coloro che avevano vissuto con lui, un senso profondo di smarrimento, disperazione e quindi lo cercano e la percezione che il suo corpo non è lì dove uno sguardo umano si immaginava che fosse, genera il panico, un annuncio: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro” (Gv 20, 2), che tradotto significa: “non si può cercare tra i morti colui che è vivo” (cfr. Lc 24,5). D’ora innanzi la ricerca di Gesù, lo stare con Lui, dovrà essere impostata in modo diverso e dovrà basarsi su di una modalità nuova di relazione.

Nella seconda parte del Vangelo di oggi colpisce il fatto che Pietro e Giovanni vedono le stesse cose, ma solo di Giovanni si dice che: “vide e credette” (Gv 20,8). C’è un vedere, dunque, che non provoca la fede nel risorto e un vedere che, invece, apre gli occhi sulla presenza nuova di Gesù. Dalle narrazioni dei vangeli si percepiscono dei tratti delle personalità e delle intenzioni dei discepoli. Così, se Pietro probabilmente seguiva Gesù per quello che poteva rappresentare nel processo di liberazione del popolo d’Israele dalla presenza dei romani, Giovanni, da parte sua, era affascinato dalla personalità di Gesù e sentiva verso di lui un affetto fraterno, al punto da essere attento ai minimi dettagli. Per questo, entrando nel sepolcro vuoto e vedendo “i teli posati là e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte” (Gv 20, 6-7), Pietro non “vede” nulla di particolare, mentre Giovanni capisce che quel modo di mettere i teli e il sudario era tipico di Gesù e, quindi, riconosce i segni della sua presenza, del suo passaggio.

La Pasqua di Gesù ci dice che la conoscenza di Lui passa attraverso dei dettagli, degli indizi che possono essere riconosciuti solamente da coloro che dedicano tempo a Lui, che stanno volentieri con il Signore, che amano ascoltare la sua Parola perché è proprio lì il primo indizio della sua presenza misteriosa: “non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti” (Gv 20,9). Volgiamo incontrare il risorto? Iniziamo a leggere la Scrittura!

3 commenti:

  1. Sono perfettamente d'accordo. Le tre "P" - PAROLA PREGHIERA PERDONO - devono guidare la nostra vita ed il nostro essere cristiani. Ma se non si parte dalla Parola si fa molta fatica ad arrivare alla Preghiera e a capire il senso della vita, cioè che Dio è Misericordia infinita ed eterna.

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  2. Siamo già Cristificati, ma abbiamo tanta paura della morte. Spesso siamo addolorati guardando la Croce, ma non è solo la croce che dovremmo guardare, bensì l'Amore:nell'amore non c'è paura. Perché allora non riusciamo a vedere la risurrezione? Come lo schiavo che guarda in giù e non si accorge che guardandosi allo specchio non vede il suo volto perché è già trasfigurarto nell'Essere umano nuovo. Come il cervo anela all'acqua così l'anima mia anela a te. Ma se scoprissimo davvero chi è questa anima che ci abita. Non è una abbandonata, impaurita, eterea creatura, no! È la divinità che ci abita. Lasciamola vivere, diciamo sì alla sua (e nostra) unione col Risorto. Non si può fare questo con la mente. La mente è troppo piccola per vedere l'anima. Gesù ci ha mostrato la grandezza, forza, e immortalità dell'anima e del corpo. Giovanni ha visto con la coscienza, Pietro con la mente.

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  3. Le Scritture sono l'allenamento per occhi,mente e cuore

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